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Vulnerabilità climatica e divario digitale: numeri e considerazioni sul tema

La connessione tra la vulnerabilità climatica e il divario digitale è un tema affrontato nell'articolo "How climate vulnerability and the digital divide are linked" del MIT Technology Review. L'autrice, Monica Sanders, sta conducendo una ricerca per l'Undivide Project, un'organizzazione no-profit che analizza il divario digitale e le sue cause connesse alla disparità socioeconomiche e razziali.

Uno dei temi spesso sollevati nell’ambito del cambiamento climatico e delle azioni che dovrebbero essere avviate vi è quello della digitalizzazione, ovvero di come attraverso un’evoluzione digitale sia possibile sostenere un cammino all’interno di percorso sostenibile per il nostro Pianeta.

E sicuramente il problema dell’accesso alla digitalizzazione è tra quelli ancora oggi non risolti e su cui si stanno avviando diversi progetti come Starlink di Elon Musk.

Starlink, che cosa è

Starlink è un progetto di internet via satellite fondato da Elon Musk che mira a fornire connessione internet ovunque tramite una costellazione di satelliti. Attualmente, ci sono circa 3.500 satelliti in orbita, ma l'obiettivo finale è superarne i 12.000. L'accesso al servizio avviene tramite un'antenna posizionata a terra che comunica con i satelliti. Starlink offre prestazioni solide, con velocità di trasmissione comprese tra 50 e 150 Mbps e una latenza tra 20 e 40 ms. I satelliti vengono lanciati nello spazio utilizzando i razzi Falcon 9 di SpaceX, un'altra azienda di Elon Musk.

Digital divide e sostenibilità

Alcune interessanti riflessioni su questo argomento le ho ritrovate nell'articolo del MIT Technology Review intitolato "How climate vulnerability and the digital divide are linked", che mette in luce la connessione tra la vulnerabilità climatica e il divario digitale.

L’articolo descrive come l'accesso limitato a internet in alcune comunità sia collegato a disparità socioeconomiche, razziali e ambientali.

L'autrice dell'articolo, Monica Sanders, sta conducendo una ricerca per l'Undivide Project, un'organizzazione no-profit che si occupa di documentare ed evidenziare il divario digitale e le sue cause e conseguenze connesse. Sanders ha rilevato che in molti quartieri a basso reddito, in particolare quelli a maggioranza minoritaria, l'assenza di accesso a internet riflette altre ingiustizie sociali. Queste comunità, spesso colpite dal razzismo e da una mancanza di investimenti nelle infrastrutture, sono esposte a rischi sproporzionati legati ai cambiamenti climatici, come l'aumento delle inondazioni e la difficoltà di ricevere avvisi di emergenza.

La ricerca dimostra che l'accesso a internet è fondamentale per la resilienza delle comunità in caso di disastri naturali.

Senza una connessione stabile, le persone rischiano di non ricevere avvisi di emergenza, informazioni sulle evacuazioni e supporto durante le crisi. Inoltre, l'accesso limitato a internet ostacola anche la raccolta di dati sulle problematiche ambientali e la ricerca di risorse online.

La connessione tra l'accesso a internet e la resilienza ai disastri naturali mette in evidenza come le politiche e le scelte strutturali abbiano contribuito a creare comunità più vulnerabili.

Si tratta di una riflessione importante.

Ad esempio, i precedenti pratiche discriminatorie come il redlining, che limitavano l'accesso ai prestiti e svalutavano le proprietà nelle comunità a maggioranza minoritaria, hanno creato disuguaglianze generazionali persistenti. Queste stesse comunità sono anche più esposte ai rischi ambientali come inondazioni e temperature elevate, a causa di una mancanza di investimenti in infrastrutture adeguate.

L'articolo sottolinea inoltre l'importanza di coinvolgere i giovani nelle iniziative volte a creare cambiamenti duraturi. Lavorare con studenti delle scuole superiori e universitari permette loro di acquisire una maggiore consapevolezza delle sfide ambientali e digitali e li incoraggia a diventare attivisti nella propria comunità.

In conclusione, l'articolo mette in evidenza come il divario digitale sia strettamente collegato alle disuguaglianze socio-economiche e ambientali. Affrontare questi problemi richiede un approccio olistico che coinvolga la comunità, l'istituzioni e gli attori politici, al fine di garantire un accesso equo e sostenibile a internet e di promuovere la resilienza delle comunità alle sfide climatiche.

Dati sull’uso di INTERNET nel mondo

Sul WEB ho trovato alcune informazioni quantitative sul tema della diffusione dell’uso di internet.

Secondo il rapporto "Digital 2023" di We Are Social, oltre il 64% della popolazione globale, pari a 5,16 miliardi di persone, ha accesso a Internet, un aumento del 2% rispetto all'anno precedente.

Di questi, circa il 60% è anche attivo sui social media.

Tuttavia, si osserva un rallentamento della crescita degli utenti Internet a livello globale, poiché la maggior parte dei paesi ha già raggiunto una significativa adozione di Internet. Si prevede che entro la fine dell'anno, almeno due terzi della popolazione mondiale sarà online.

In termini di dispositivi utilizzati per la connessione a Internet, il report evidenzia un crescente spostamento verso il mobile. Attualmente, il 68% della popolazione globale, corrispondente a 5,44 miliardi di persone, possiede un dispositivo mobile connesso a Internet, come un telefono o uno smartphone.

Sebbene i telefoni cellulari e gli smartphone siano stati l'unico mezzo di accesso a Internet in molti paesi in via di sviluppo, si osserva comunque una significativa presenza di dispositivi desktop. A livello globale, circa il 43% del tempo online degli utenti tra i 16 e i 64 anni viene trascorso su desktop. Tuttavia, la quota di tempo trascorso online è diminuita rispetto all'anno precedente, tornando ai livelli pre-pandemia.

Le principali attività online includono l'informazione, la connessione con familiari e amici, l'aggiornamento sulle notizie e la visione di video. La ricerca di nuovi prodotti e marchi è citata come motivazione principale per accedere a Internet, e gli acquisti online hanno guadagnato importanza, influenzati dalle esperienze durante i lockdown e le quarantene.

Complessivamente, i dati mostrano che l'accesso a Internet e l'uso dei dispositivi mobili sono in aumento, anche se si osserva un rallentamento nella crescita degli utenti. Le persone trascorrono meno tempo online rispetto al periodo di picco durante la pandemia, ma le attività principali rimangono le stesse, con un focus sull'informazione, la connessione sociale e l'intrattenimento.

Intelligenza artificiale, cultura e sostenibilità

La cultura è un supporto per la sostenibilità. Non sempre è vero (ci sono anche le culture distorte) ma è indubbio che una società in cui la conoscenza culturale dei temi che riguardano la sostenibilità e il cambiamento climatico in genere è più preparata per affrontare la sfida della salvaguardia dell’ambiente e e del pianeta.

In tale senso sono numerosi oggi le pubblicazioni che osservano che la diffusione degli strumenti di intelligenza artificiale potrà consentire un’accelerazione dei processi a ogni livello, e questo aiuterà a spingere per un’evoluzione più rapida dal punto di vista della sostenibilità.

Strumenti che potranno - se utilizzate con la giusta consapevolezza - di cambiare e fare evolvere anche i processi di formazione, spingendo l’attenzione sul ragionamento e la riflessione, abbandonando una logica di una scuola basata più sulla memoria che sulla capacità di analisi e approfondimento.

Di recente ho pubblicato un articolo su ChatGPT in cui evidenziavo come negli USA si sia velocemente passati da un modello che vietava l’uso di chtgpt nelle scuole a uno che punta a utilizzarlo per cambiare il modo di insegnare.

In ogni  caso appare chiaro che gli strumenti digitali possano essere già da ora un supporto per generare interesse, e quindi alla crescita culturale del territorio

In tal senso andrebbe quindi avviato un piano che possa consentire una diffusione degli strumenti digitali nei diversi comuni sul territorio nazionale, attraverso campagne multimediali, e a livello internazionale perchè si riduca il gap tra paesi occidentali e orientali, e resto del mondo.

Insomma, in Africa non mandiamo computer obsoleti da essere gestiti in discarica, ma strumenti utili per fare crescere questo importante continente che ancor oggi è terra di conquista di perdoni troppo egoisti.

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