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Violazione delle distanze edilizie: rimozione e risarcimento

Il rispetto delle distanze edilizie è un aspetto cruciale nella progettazione e realizzazione degli edifici, ed è disciplinato dal codice civile e dal D.M. 1444/68. La violazione di tali distanze può portare a richieste di rimozione dell'opera e risarcimento danni, come chiarito dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 24936 del 17/09/2024.

Rispetto delle distanze edilizie: le normative

Non sempre la progettazione degli edifici è svincolata dal contesto, anzi molti spesso le nuove realizzazioni avvengono in contesti già densamente urbanizzati.

Nella maggior parte dei casi, infatti, quando si inizia un lavoro edilizio ci si deve interfacciare in strutture già esistenti, ecco perché diventa fondamentale rispettare determinate distanze.
In particolare, la distanza tra edifici è disciplinata dal codice civile e dal D.M. 1444/68, se queste norme non vengono rispettate o ci sono degli errori nei calcoli relativi alle distanze, la parte lesa può richiedere la rimozione dell’opera, ottenendo anche il risarcimento dell’eventuale danno arrecato dalla controparte.
Ma perché rispettare tali distanze?

Il rispetto delle distanze minime tra edifici è fondamentale per garantire la salute e l’ampiezza degli spazi tra un edificio e l’altro evitando la formazione di ambienti malsani.
Secondo l’art. 873 del Codice Civile “Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore”, quindi la distanza tra costruzioni in fondi confinanti (alias i fondi finitimi del c.c.) non deve essere inferiore a 3 m, salvo diverse disposizioni presenti nelle norme tecniche attuative dei piani urbanistici comunali.

Si precisi che per costruzioni su “fondi finitimi” s’intendono non solo gli edifici da realizzare su terreni confinanti, ma anche per estensione quelli eretti su aree vicine, anche se non contigue, inoltre affinché si debba rispettare tale prescrizione sulle distanze tra fabbricati le costruzioni non devono essere unite o aderenti. Per unite si intendono due costruzioni aventi in comune una parete (anche dotata di caratteristiche o di elementi interni portanti), mentre per costruzioni aderenti si considerano quelle con pareti a contatto, fatta salva la presenza di giunti tecnici e giunti sismici.

Come detto, la distanza dei 3 metri può subire delle modifiche in relazione alle direttive dei piani urbanistici locali, mentre la distanza tra le pareti finestrate degli edifici esistenti o nuovi è fissata a 10 metri, come previsto dall’art. 9 del D.M. 1444/1968, ciò è applicato sia ai nuovi edifici e sia a quelli esistenti, includendo anche interventi come lavori di demolizione e ricostruzione, ampliamenti, sopraelevazioni e addizioni volumetriche.

 

Il D.M. 1444/1968

Il DM 1444/1968 è una norma che detta i limiti e le regole in materia urbanistica in particolare:

  • le zone territoriali omogenee;
  • gli standard urbanistici, ossia le dotazioni minime in termini di aree (misurata in m2) ad abitante tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico, a parcheggi o all’istruzione di interesse comunale (scuole dell’infanzia, scuole primarie e secondarie di primo grado);
  • la quantità minime di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi
    da osservare in rapporto agli insediamenti produttivi;
  • la mancanza di aree disponibili nelle zone territoriali omogenee (ZTO) già edificate (completamente o in parte);
  • i limiti di densità edilizia;
  • i limiti di altezza degli edifici;
  • le limiti di distanza tra i fabbricati.

Se si violano le direttive del codice civile e i regolamenti comunali il confinante può richiedere la rimozione, la demolizione o l'arretramento dell'opera costruita in modo illegittimo. A chiarire tale procedura errata è la sentenza della corte di cassazione n. 24936 del 17/09/2024.

 

Distanze legali tra edifici e normative urbanistiche

La corte di cassazione il 17/09/2024 ha emesso la sentenza n. 24936 riguardante la distanza tra edifici toccando questioni che riguardavano sia le norme urbanistiche e sia i diritti di proprietà.
Il ricorrente denuncia la controparte sostenendo violazioni normative in seguito ai lavori di ristrutturazione in contrasto con le distanze legali previste dall’articolo 46 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale (NTA del P.R.G.) del comune di L’Aquila, la quale a sua volta richiede in via riconvenzionale l’illegittima sopraelevazione di metri 2.00 del fabbricato del ricorrente, per avere lo stesso realizzato una mansarda in spregio alla disciplina delle distanze previste per le nuove costruzioni, per cui ne chiedeva l’arretramento e la condanna al risarcimento.

La corte d’appello accoglie le richieste del ricorrente ordinando l’arretramento di ulteriori 3 metri della parte sopraelevata del suo fabbricato a seguito della ristrutturazione e stabilendo un risarcimento danni per la violazione delle distanze legali, ordinando di contro anche al ricorrente di abbassare la sopraelevazione/sottotetto del suo fabbricato di 1,30m.

Il ricorso in Cassazione si fonda sull’impugnazione della sentenza sulla base di tre motivazioni:

  • il primo motivo ha sollevato questioni relative al travisamento delle prove ma la corte rigetta tale motivo, precisando che la valutazione delle prove è una questione di merito e non di legittimità;
  • il secondo motivo ha contestato la violazione delle NTA del P.R.G. e una errata condanna a un arretramento eccessivo, rispetto alla normativa locale, che richiede distanze minime di 3 metri dal confine. La corte di cassazione, accoglie parzialmente questo motivo, e riconosce che le norme edilizie locali devono prevalere e che l’accertamento della frontistanza non era pertinente per il rispetto delle distanze legali;
  • il terzo motivo di ricorso è stato ritenuto inammissibile, in tal caso la corte stabilisce che le dichiarazioni sulle distanze legali erano da considerarsi non contestate agli atti e spiegando, anche, la loro rilevanza limitata in merito caso in esame.

La Corte di Cassazione accoglie soltanto il secondo motivo dei ricorso, cassando la sentenza di appello in relazione a tale motivo e condannando il ricorrente a ridurre l’altezza della sopraelevazione a 1,30 metri, in modo da rispettare la distanza legale di 6 metri dal fabbricato contiguo e 3 metri dal confine.

Questa ordinanza rappresenta un importante chiarimento sulle normative relative alle distanze legali tra edifici e sottolinea l'importanza del rispetto delle normative urbanistiche comunali per la salvaguardia dei diritti di proprietà.

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