Viaggio nel mondo dei calcestruzzi innovativi: da quello galleggiante al Self-Shaping
Rassegna dei principali calcestruzzi innovativi degli ultimi anni: da quello galleggiante al quello fotoluminescente, dal Calcestruzzo Self-Healing a quello Self-Sensing e tanti altri.
Innovazione: la parola d'ordine è "smart"
Il calcestruzzo è il materiale composito più utilizzato nel settore delle costruzioni, è durevole, resistente a molti ambienti aggressivi ed economicamente conveniente, per questo motivo il 70% delle infrastrutture europee sono realizzate in calcestruzzo. Negli ultimi anni, grazie alla crescente conoscenza delle proprietà fisico-chimiche di questo materiale, sono stati sviluppati moltissimi calcestruzzi innovativi atti a rispondere alle più svariate domande proposte dal mercato. Il calcestruzzo “smart” è solitamente progettato per soddisfare esigenze specifiche adattando le proprietà per migliorare la sicurezza, la longevità e la funzionalità delle strutture, riducendone i costi, il consumo di risorse e l’inquinamento ambientale.
Il calcestruzzo convenzionale funge da materiale strutturale e non possiede capacità “intelligenti e multifunzionali”, ma al contrario, il calcestruzzo smart, oltre a possedere le funzioni strutturali, possiede anche capacità intelligenti, come ad esempio la capacità di autoripararsi, di rilevare cambiamenti nello stato tenso-deformativo, autopulente e “mangia-smog” [1].
Calcestruzzo galleggiante
I calcestruzzi alleggeriti sono conglomerati cementizi in cui tutto o una parte dell’aggregato naturale è sostituito da aggregati aventi un peso specifico minore, oppure in cui è inserita aria libera nell’impasto, al fine di occupare volume senza peso. Si possono utilizzare diversi aggregati leggeri, generalmente a base di minerali espansi, come argilla, pomice, perlite, vermiculite, ecc.
Esistono due tipologie differenti di calcestruzzo alleggerito: strutturale e non strutturale. Il primo possiede una densità che varia tra i 1400 kg/m3 e i 2000 kg/m3 e può essere utilizzato per la costruzione di strutture portanti come pilastri, muri portanti, ponti, viadotti, ecc. Il secondo invece ha una densità che varia tra i 600 kg/m3 e i 1400 kg/m3 e viene impiegato nella realizzazione di isolamenti acustici e termici di tetti e solai.
Negli ultimi anni i calcestruzzi alleggeriti sono diventati sempre più popolari. In particolare, il calcestruzzo galleggiante ha recepito un importante feedback positivo dal mondo delle piattaforme eoliche. Affinché l’energia eolica offshore rimanga economicamente sostenibile, è necessario che i costi siano ridotti al minino e che la produzione di energia sia efficace e con il maggior rendimento possibile; quindi è necessario incrementare le dimensioni delle turbine e posizionarle verso il mare aperto. Un fattore chiave per poter spostare la produzione di eolico in acque più profonde è l’utilizzo di fondazioni galleggianti. Queste sono gusci in calcestruzzo che vengono trasportate da rimorchiatori verso il parco eolico e poi vengono affondate attraverso il riempimento delle cavità con materiale pesante. Grazie a questa tecnologia, l’energia eolica offshore può essere ottenuta con un impatto ambientale minimo, non vi è alcuna necessità di realizzare palificazioni nei fondali marini ed è possibile il ri-galleggiamento delle fondazioni per il loro trasferimento in un altro parco eolico. Il vantaggio fornito da questa tecnologia non è solo dovuto ad un minor impatto ambientale, ma anche da un ridotto tempo di realizzazione. In Francia, dove è presente il più alto parco eolico europeo, è prevista la produzione di turbine con questa tecnologia con produzioni pari a 6 GW, che equivale alla produzione di tre centrali nucleari [2].
(Photo via Ideol - BYTP - ECN)
Calcestruzzo fotoluminescente
Il calcestruzzo è per definizione un materiale opaco che viene spesso illuminato artificialmente per questioni estetiche o di sicurezza, quindi, una delle più grandi sfide è stata produrre un calcestruzzo fotoluminescente, un materiale in grado di assorbire e rilasciare luce. La fotoluminescenza nei calcestruzzi è ottenuta attraverso un particolare processo termico che consente a degli alluminati, come quello di stronzio, di aderire al vetro di riciclo. È possibile anche decidere l’intensità della fotoluminescenza dosando la quantità di materiale fotoluminescente che sarà visibile sulla superficie della struttura da realizzare. Inoltre, si possono ottenere anche colorazioni differenti in funzione delle esigenze architettoniche. Il rilascio della luminescenza può durare dalle 6 alle 12 ore e dipende dall’illuminazione giornaliera [1]. Un esempio dell’utilizzo di questa tecnologia si può osservare a Brabant, paese natale di Van Gogh, in cui è stata realizzata una pista ciclabile lunga un chilometro, realizzata con 50000 ciottoli fotoluminescenti [3].
Questa rivoluzione permette di ridurre il consumo energetico per l’illuminazione, e si può affermare che il calcestruzzo diventa una fonte di energia pulita, rinnovabile e innocua per gli essere umani e per l’ambiente.
Calcestruzzo trasparente
La luminosità degli ambienti interni è attualmente garantita dall’utilizzo di illuminazione artificiale, che consuma grandi quantità di risorse. Basti pensare che il 40% dell’energia consumata in Europa è destinata al fabbisogno degli edifici, e una buona aliquota è legata all’illuminazione delle strutture. Per questo motivo il calcestruzzo trasparente ha attirato l’attenzione di moltissimi ricercatori: è in grado di utilizzare la luce solare come fonte luminosa e quindi di ridurre i consumi energetici fornendo al contempo interessanti finiture estetiche. Inoltre, il calcestruzzo traslucido, poiché possiede anche buone proprietà isolanti, può essere utilizzato nelle regioni fredde per trasportare calore nelle abitazioni attraverso la luce solare. La trasmissione della luce è garantita dalla presenza di fibre ottiche inglobate in direzione perpendicolare alle facce illuminanti. Le fibre ottiche, in vetro o in plastica, sono flessibili, sottili e lunghe, e hanno il compito di trasmettere la luce tra le due estremità. Solitamente hanno un diametro che può variare da qualche micron a qualche millimetro e vengono dosate al 4-5% in volume. Le fibre ottiche garantiscono una trasmissione della luce fino a 20 metri, in questo modo è possibile realizzare strutture anche con spessori elevati. Vengono utilizzate le fibre ottiche poiché riescono a trasmettere luce anche quando l’angolo di incidenza è maggiore di 60°. Inoltre, permettono una trasmissione della luce ottimale senza alcuna perdita durante il percorso e l’effetto finale dipende fortemente dal pattern scelto durante la fase di realizzazione del conglomerato. I calcestruzzi trasparenti vengono realizzati esclusivamente con aggregato fine e riescono a raggiungere elevate resistenze meccaniche, fino a 70 MPa. Attualmente tale tecnologia viene impiegata per illuminare strutture sotterranee, come le stazioni metropolitane. In futuro però potrebbe essere utilizzato anche per la sicurezza delle persone, ad esempio per illuminare le vie di fuga in caso di emergenza [1,4].
Tale tecnologia venne utilizzata per realizzare il padiglione italiano nell’expo di Shangai, vennero realizzati 1887 metri quadrati di calcestruzzo trasparente, creando una sequenza di luci e ombre in continua evoluzione nel corso della giornata [5].
Calcestruzzo drenante
La gestione delle acque nel sottosuolo e la salvaguardia delle falde acquifere è una delle sfide più difficili delle città del futuro, l’utilizzo di pavimentazioni e manti impermeabili richiede complesse opere legate alla gestione delle acque meteoriche come ad esempio la realizzazione di vasche di prima pioggia. I calcestruzzi drenanti, o denominati anche “calcestruzzi senza parti fini” sono caratterizzati da un’elevata macroporosità e sono specialmente indicati per la realizzazione di strutture orizzontali ove si richiede un eccellente drenaggio delle acque piovane al fine di evitare fenomeni di accumulo e di ruscellamento superficiale.
Il materiale è caratterizzato da volumi di aria generalmente compresi tra il 20 e il 25%, riuscendo in questo modo a garantire lo smaltimento di volumi di acqua fino a 700 l/(min·m2). Questa capacità drenante si ottiene garantendo una porosità interconnessa mediante l’utilizzo di ridottissime quantità di sabbia fine e di un quantitativo di pasta di cemento strettamente necessaria per rivestire i granuli di ghiaia. Il pervious concrete, drenando l’acqua superficiale, elimina l’esigenza di vasche di accumulo, pozzetti e di altri dispositivi per la presa e lo smaltimento dell’acqua piovana e in questo senso, quindi può comportare anche una riduzione dei costi generali di progetto derivanti dall’abbattimento in tutto o in parte dei dispositivi tradizionalmente impiegati per l’allontanamento delle acque dalle superfici pavimentate. Inoltre, incrementa la sicurezza stradale in caso di pioggia, poiché si evitano ristagni di acqua che comportano rischio di acquaplaning o, in presenza di basse temperature, la formazione di ghiaccio. Questa tecnologia esercita anche un’azione filtrante sull’acqua, riducendo il percolamento di sostanze inquinanti (olii, particelle solide, liquidi non idrosolubili ma trasportabili, ecc) e rilasciando nel terreno acque più limpide. Inoltre, grazie al colore chiaro e alla presenza di vuoti, le pavimentazioni realizzate con calcestruzzo drenante riducono l’assorbimento termico (fino a 30°C) rispetto alle pavimentazioni in conglomerato bituminoso e di conseguenza riescono anche a dissipare rapidamente il calore [6].
Le miscele di calcestruzzo drenante possono sviluppare resistenze a compressione nell’intervallo di 3.5 MPa e 28 MPa che le rendono adatte a una vasta gamma di applicazioni. La capacità drenante aumenta all’aumentare dei vuoti d’aria e, di conseguenza, al diminuire della resistenza a compressione. Pertanto la vera sfida nella progettazione della composizione (mix design) del calcestruzzo drenante è quella di raggiungere un giusto equilibrio tra capacità drenante e portanza.
Calcestruzzo Self-Healing
Il calcestruzzo è stato ritenuto un materiale eterno, non soggetto a fenomeni di degrado e alterazioni per moltissimo tempo, in realtà però ha mostrato diverse vulnerabilità che hanno richiesto la realizzazione di interventi di manutenzione. Per questo motivo l’idea di dotare il calcestruzzo di un’intima capacità di autoriparazione di cavillature, fessure e difetti generati durante l’esercizio è stata un’idea costante e accattivante. Osservando una capacità autogena del calcestruzzo di auto-ripararsi, grazie ai suoi componenti mineralogici ed a una cinetica di idratazione molto prolungata nel tempo, si sono sviluppate negli anni molte metodologie e tecnologie che aiutano e integrano tale capacità del materiale.
In particolare si sono studiate alcune possibili misure che possano favorire i meccanismi di cicatrizzazione delle fessure nelle strutture in calcestruzzo facendo ricorso all’utilizzo di polimeri da aggiungere ai tradizionali ingredienti, all’impiego di batteri o ricorrendo a capsule o fibre contenenti un materiale compatibile con la matrice di cemento, ma in grado di sigillare le fessure formatesi durante la fase di maturazione o durante l’esercizio per effetto di carichi applicati e/o delle tensioni indotte dal ritiro idraulico impedito dal calcestruzzo. Tra queste soluzioni sono da annoverare l’utilizzo di fibre cave: il metodo consiste nell’inserimento nell’impasto di fibre cave aventi all’interno agenti riparanti di varia natura; a seguito di una possibile fessurazione, le fibre a cavallo della linea di frattura, rompendosi rilasciano l’agente riparante che provvede alla sigillatura della lesione. Il principio è lo stesso del capillare arterioso che venendo lesionato rilascia l’agente curativo (piastrine) che provvede alla guarigione della ferita. La soluzione più realistica, però, prevede l’impiego di additivi da aggiungere agli ingredienti del calcestruzzo in fase di getto, senza modificarne le proprietà reologiche e meccaniche, che favoriscono la cristallizzazione dei sali all’interno delle lesioni e quindi il ripristino della monoliticità del materiale. Il principio di funzionamento degli additivi “impermeabilizzanti” è basato sulla reazione tra componenti attivi dell’additivo con l’umidità e i prodotti anidri o idrati del cemento, che porta alla formazione di cristalli insolubili capaci di sigillare sia le porosità che le microfessure [7].
Calcestruzzo Self-Sensing
I temi e le problematiche relative alla durabilità e al monitoraggio delle costruzioni rivestono un ruolo di primaria importanza nel campo dell’ingegneria civile contemporanea. È di assoluto interesse valutare la possibilità di poter fare affidamento su strutture che posseggano delle intrinseche capacità di valutazione delle proprie deficienze funzionali ed estetiche, oppure in grado di rilevare alterazioni negative del loro stato tenso-deformativo. I nanotubi in carbonio (CNTs) sono considerati come uno dei più promettenti materiali da rinforzo per i composti cementizi. In particolare, essendo i CNTs dei filler con altissima conducibilità elettrica, si ritiene che, aggiunti alla matrice cementizia, possano conferire ai composti proprietà piezoresistive, in grado di monitorare lo stato di sforzo, valutando le variazioni di resistività elettrica del materiale. In questo modo, è possibile realizzare strutture in calcestruzzo armato “intelligenti” in grado di rilevare e segnalare in tempo reale eventuali variazioni di sforzo nelle sezioni degli elementi strutturali grazie all’aggiunta, al momento del confezionamento dell’impasto, dei nanotubi. Queste nanoparticelle possiedono un’elevata conducibilità elettrica (10-2-10-4 S/cm); pertanto, se un elemento in calcestruzzo viene assoggettato a uno sforzo di compressione, l’aumento dei punti di contatto tra gli stessi tubi determina una diminuzione della resistività elettrica del materiale. Questa tecnologia può essere sfruttata non solo per il monitoraggio in continuo, ma anche per registrare la risposta delle strutture sottoposte a sollecitazioni eccezionali quali sisma, urti, scoppi etc. rilevando le deformazioni plastiche permanenti negli elementi strutturali. Inoltre può essere sfruttata anche per il monitoraggio dei volumi di traffico, per la valutazione del peso dei veicoli, per il controllo degli ingressi in edifici sensibili, oltre che nel settore della domotica per attivare/disattivare impianti elettrici e di riscaldamento.
L’impiego di queste nanoparticelle può essere esteso anche allo sviluppo di impasti compositi in calcestruzzo fibrorinforzati resistenti alle alte temperature e di malte termiche sacrificali al fine di incrementare la resistenza e la sicurezza in caso di incendio in strutture esistenti e di nuova fabbricazione. Infatti grazie alle nanoparticelle è possibile monitorare la variazione delle proprietà meccaniche (resistenza, deformazione, scorrimento, ecc.) al variare della temperatura [8,9].
[...] l'articolo continua nel PDF con la trattazione dei
- Calcestruzzo Fotocatalitico
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- Stampa 3D – Calcestruzzo Self-Shaping