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Verso il Nuovo Testo Unico dell’Edilizia: la Digitalizzazione e la Semi-Automazione dei Processi Autorizzativi

Alcune riflessioni sullo stato di adozione del Digital Building Permit in vista dell'importante aggiornamento che investirà il quadro normativo nazionale con l'emanazione del nuovo Testo Unico delle Costruzioni e il nuovo Codice dei Contratti Pubblici.

Digital Building Permit: stato di adozione, a che punto siamo?

Di là della controversa fase attuale del mercato della costruzione e dell’immobiliare, ciò che si profila colla massima rilevanza è una riflessione sulla mitigazione del rischio e sulla sua traslazione in opportunità, laddove grandi programmi strutturali di investimento per la trasformazione della città e del territorio si imporranno con sempre maggiore risalto.

Il loro successo dipenderà dal combinato disposto tra un approccio ai processi rigenerativi che compendi la dimensione materiale con quella immateriale, le categorie valoriali ambientali con quelli sociali, le logiche giuridiche e amministrative con quelle tecniche e organizzative: in tutto ciò la cultura del dato avrà una funzione abilitante fondamentale.

La digitalizzazione e la semi-automazione dei processi autorizzativi giocherà in essa un rilievo non neglibile.

La locuzione sintetica di Digital Building Permit, che rimanda alla digitalizzazione dei processi autorizzativi relativi all’urbanistica e all’edilizia privata, appare come un pilastro strategico nelle formulazioni della Commissione Europea promosse dall’High Level Construction Forum e si è concretata sinora nell’affidamento, da parte della stessa, di un contratto di consulenza per uno studio del tema a una compagine di consulenti, nonché nel finanziamento di tre programmi di ricerca dedicati, attribuiti a tre consorzi.

D’altronde, molti Stati Membri dell’Unione Europea, oltre al Regno Unito, stanno avviando iniziative a livello continentale in materia e alcuni di essi stanno trasponendo i primi esiti negli ordinamenti legislativi.
Analoghi e precedenti sforzi si erano registrati altrove nelle diverse regioni del globo, dall’America Settentrionale al Lontano Oriente.

In realtà, la digitalizzazione dei processi autorizzativi e dei procedimenti amministrativi, vale a dire la gestione semi-automatica dell’accertamento della conformità (di una istanza legata a un progetto relativo all’ambiente costruito) a un quadro regolamentare, che ha avuto origine negli Anni Sessanta del secolo scorso, deve essere storicamente compresa nel filone della automazione della progettazione, da cui discende, un filone che non ha mai, invero, generato grandi risultati diretti, a causa della palese complessità dei fenomeni ideativi e della eccentricità del settore dell’ambiente costruito alla cultura industriale.

D’altra parte, una ricaduta negativa di una applicazione radicale di questo approccio, pur oggi fortemente avvertito, potrebbe consistere nell’introduzione di un eccessivo riduzionismo da conformità nella progettazione, poiché sempre più sofisticati sistemi di supporto alle decisioni potrebbero indurre gli attori a privilegiare le scelte progettuali che abbiano la maggiore probabilità di superare indenni e celermente i passaggi autorizzativi.

Di queste proposte, del resto, si è già avuto un primo riscontro negli Stati Uniti, tramite alcuni dispositivi, successivamente temporaneamente accantonati.

Nella stessa strada, sul tema originario, sono ormai avviati alcuni lavori normativi nazionali, come per l’UNI in Italia, e opera proficuamente anche l’attività di una rete europea di studiosi e di operatori, lo European network for Digital Building Permit (EUnet4DBP) che ha già messo a disposizione importanti esiti scientifici e che ha favorito la conoscenza reciproca di studi e di provvedimenti già intrapresi singolarmente.

L’intento è, infatti, quello di:

  • contribuire allo sviluppo dei territori, a partire dalla Rigenerazione Urbana, supportando gli investimenti pubblici, privati e partenariali;
  • aumentare la produttività e la qualità del lavoro intellettuale dei professionisti privati e dei funzionari pubblici, distogliendoli dalle attività routinarie;
  • incrementare la soddisfazione delle esigenze dei cittadini tramite il miglioramento delle prestazioni e la riduzione dei tempi di attraversamento amministrativo dei procedimenti di carattere autorizzativo.

Effetto conseguente non trascurabile sarebbe, infine, costituito dal migliore monitoraggio dei contenuti degli investimenti partenariali e privati dal punto di vista della sostenibilità, oggi sempre più determinanti alla luce dell’Impact Economy o degli Environmental Social Governance (ESG) Criteria.

L’introduzione di criteri di efficienza e di efficacia nella transizione occorrente tra la dematerializzazione e la digitalizzazione, per quanto riguarda la gestione dell’istruttoria e il rilascio dei titoli abilitativi pertinenti alla pianificazione urbanistica attuativa e all’edilizia privata, appare un elemento non trascurabile proprio alla luce della prossima rivisitazione del Testo Unico dell’Edilizia Privata, altrimenti denominato come Codice della Costruzione.

Il tema, peraltro, si deve ricollegare alla recente vicenda relativa, in particolare, al Super Bonus 110% e, in prospettiva, alla Legge sulla Rigenerazione Urbana, oltre che al potenziale grande piano strutturale di efficientamento energetico richiesto dalla Nuova Direttiva Europea sulla Efficienza Energetica, ma si colloca pure nella più vasta dimensione di Italia Digitale e della trasformazione digitale dell’Amministrazione Pubblica.

Al di là del tema peculiare relativo ai processi autorizzativi, è, in ogni caso, chiaro che la tematica geo-spaziale non possa non avere un ruolo rilevante nei programmi di investimento sopra menzionati e che, dunque, essa presenti forti interazioni colle soluzioni contrattuali di natura partenariale contemplate dal Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, evocando una ben diversa sfera di passaggi autorizzativi e di piattaforme digitali.

Non meno rilevante appare la focalizzazione, sempre più intensa, riposta sulle dinamiche evolutive dello Sportello Unico dell’Edilizia nonché dello Sportello Unico per le Attività Produttive.

Criticità da superare per l'adozione nel contesto italiano

La riflessione deve, anzitutto, partire dai presupposti, dalla esistenza di un tessuto committente e di un ceto professionale tendenzialmente frammentato e parcellizzato, collocato in contesti localistici, per il quale risulta ancora assai difficile interiorizzare appieno la centralità del dato, riponendo il proprio bagaglio culturale e operativo sulla gestione del documento, dapprima fisico, cartaceo, in seguito dematerializzato.

Per il committente privato, ma anche per l’amministrazione condominiale, (spesso anche per il committente strumentale più attrezzato), anzitutto, nonostante una certa popolarità di cui inizia a godere la nozione di fascicolo digitale dell’edificio, espressione analoga a quella che la Commissione Europea utilizza (Digital Building Logbook), risulta arduo concepirsi quale soggetto che commissioni corredi informativi (dati strutturati) accanto alla realizzazione o alla trasformazione di cespiti fisici.

Si noti qui che in Italia vi sia una scarsa attenzione a queste politiche comunitarie, che stanno decidendo la natura, appunto, di entità quali lo Smart Readiness Indicator for Buildings (SRI) e il Digital Building Logbook (DBL).

Per il professionista stesso incaricato della progettazione, cui il soggetto committente affida anche la procura per interagire con la municipalità, al netto della sostenibilità economico-finanziaria degli investimenti nel Geographic Information System (GIS), di prevalente appannaggio degli enti locali, e nel Building Information Modeling (BIM), appare problematico affrancarsi dal documento, a favore del dato, oltreché comprendere appieno le logiche di scenari normativi di natura internazionale, sovranazionale e nazionale, quali quelli dettati dalle serie UNI EN ISO 19650 e UNI 11337, oggi sempre più connessi ad altri ambiti normativi (UNI ISO 21500, UNI ISO 27000, UNI ISO 31000, UNI ISO 55000).

Per la capillarità diffusa delle organizzazioni, spesso micro e piccole, che operano, invero, attraverso reti informali interprofessionali (e con legami variabili con la componente imprenditoriale), GIS e, soprattutto, BIM restano, in prevalenza, emblemi dei dispositivi circoscritti alla sfera strumentale che informatizza i processi analogici, a partire, per quest’ultimo, dalla tridimensionalità. D’altra parte, sono ancora non numerose, in Italia, le amministrazioni comunali che si siano dotate di un 3D City Model.

Non si avverte sovente, in effetti, un autentico cambio di paradigma, col risultato del sottodimensionamento dell’efficacia dei metodi e degli strumenti, laddove questi siano stati davvero impiegati nella quotidianità del vissuto professionale.

Sotto questo profilo, l’affermazione del Digital Building Permit potrebbe avere effetti assai più pervasivi di quanto non lo possa presentare la cogenza prevista dal Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, a patto che si instauri una complessiva strategia industriale di rivisitazione degli assetti del mercato della costruzione e dell’immobiliare.

Ciò, naturalmente, non può significare auspicare che nel Nuovo Testo Unico dell’Edilizia sia introdotta alcuna obbligatorietà che, allo stato dell’arte, rischierebbe di rivelarsi sterile e controproducente.

In altre parole, sarebbe difficile affermare la facile praticabilità della sequenza dinamica che conduca un committente di medio-piccola natura a formulare requisiti informativi strategici (Organization Information Requirements) e requisiti informativi patrimoniali (Asset Information Requirements), supportati da Asset Information Model, cioè da una adeguata anagrafe immobiliare digitalizzata, per giungere ai Project Information Requirements e agli Exchange Information Requirements, vale a dire al Capitolato Informativo: così da sollecitare i propri professionisti fiduciari a rispondere con un Piano di Gestione Informativa e a produrre i Project Information Model, per ritornare, infine, all’Asset Information Model, finalizzato alla gestione del ciclo di vita, o addirittura, eventualità improponibile per la maggior parte dei casi, al Digital Twin. Si tratta, infatti, di modelli processuali e organizzativi che richiedono orizzonti di medio termine per potere essere assimilati, sempreché non si traducano in formalismi da acronimi.

Alla complessità inerente alle transazioni che intercorrono tra il committente e i propri professionisti incaricati si deve, poi, aggiungere la necessità di analizzare e di interpretare i testi regolamentari (ad esempio, le norme tecniche attuative e i regolamenti edilizi comunali derivanti dal Regolamento Edilizio Tipo), redatti secondo il linguaggio naturale, per poi trasporli e formalizzarli in un linguaggio disambiguato e computazionale comprensibile dagli algoritmi, linguaggio che dovrebbe consentire di generare apparati di regole computazionali atte a verificare la conformità dei contenuti progettuali veicolati nei contenitori informativi prodotti tramite l’integrazione tra il GIS e il BIM: ciò che è definito come GEOBIM.

E’ molto interessante, infatti, osservare il ruolo che sta assumendo, anche nel nostro settore, la linguistica computazionale, applicata, in primo luogo, a testi regolamentari redatti prevalentemente, almeno in prima partita, da tecnici settoriali che non dispongono di una conoscenza approfondita della tecnica legislativa.

Ciò, del resto, condurrebbe a disporre, accanto agli Exchange Information Requirements, cioè alle richieste informative provenienti dal committente, contenute nel Capitolato Informativo contrattualmente rilevante, dei Regulatory Information Requirements, vale a dire dei requisiti imposti dai vincoli regolamentari derivanti da legislazioni in materia urbanistica ed edilizia assai articolate anche a livello regionale, nell’ottica di una progressiva rivisitazione dell’intero apparato ordinamentale giuridico-amministrativo in termini di Computational Law.

Configurazione e riconfigurazione dei processi gestionali: il ruolo delle piattaforme digitali

A fianco della dimensione tecnologica della digitalizzazione e della semi-automazione dell’istruttoria relativa al provvedimento espresso ovvero della pratica presentata quale istanza di parte, si palesa, ovviamente, quella inerente alle caratteristiche della piattaforma digitale di e-Permitting che dovrebbe ospitare le relazioni e le transazioni, non solo informative, tra i soggetti interessati, di cui attualmente è ora disponibile in larga scala la soluzione facente capo alle piattaforme di dematerializzazione.
Il che imporrebbe alle amministrazioni comunali, e ai corrispondenti Sportelli Unici, di avviare un accurato provvedimento di riconfigurazione dei processi gestionali, a partire dalla redazione di dettagliate Process Map BPMN 2.0, frutto del lavoro di analisi e di concertazione da parte di consulenti esterni con i funzionari e con i dirigenti comunali.

La riconfigurazione prevede, infatti, che si identifichino i sotto-processi di erogazione del servizio, di relazione con l’utente e di vigilanza specialistica, anche in considerazione dell’esigenza di identificare i processi primari, i processi di supporto operativo e i processi di governo della nuova configurazione organizzativa, nonché i processi di innovazione e di miglioramento collegati alla implementazione della piattaforma tecnologica.

Di fatto, si instaura un ripensamento della struttura del processo che vede la esternalizzazione delle attività a monte del processo l’istante, tramite il professionista che agisce per procura, in qualità di titolare dell’autodichiarazione e di attuatore delle iniziative e degli interventi e la rivisitazione delle attività a valle di interazione con l’utente da parte della amministrazione comunale, di integrazione e di disaggregazione delle attività istruttorie, dello sviluppo dell’attività di vigilanza e di controlli sistemici.

Si tratta di un tema, peraltro, ben presente, implicitamente o esplicitamente, in alcune misure del Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza (PNRR): il punto è, però, che occorra raccordare le grandi misure che le amministrazioni pubbliche stanno intraprendendo al livello superiore, con quelle di dominio: il che vale anche, per il Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, per l’atto organizzativo riferito all’Information, Risk and Project Management.

Tale azione di paziente ridisegno, e ancor prima opera di ricostruzione, dei processi in essere si iscrive, peraltro, all’interno della ridefinizione della operatività tutta della amministrazione pubblica, e richiede una comprensione approfondita della relazione che intercorre tra le procedure e le regole, ai fini della valutazione finale sull’istanza.

Naturalmente, tutto ciò avverrebbe entro un contesto di mercato in cui gli interventi prevalenti riguardano, in Italia, il costruito esistente e si materializzano tramite procedure e procedimenti, come la CILA (Comunicazione di Inizio Lavori), la CILAS (Comunicazione di Inizio Lavori Semplificata) o la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), legati al silenzio-assenso (pur con tutti i distinguo del caso in presenza di circostanze specifiche che prevedano il coinvolgimento di altri enti), anziché al Permesso di Costruire, relazionabile alla istruttoria vera e propria.

Non si tratta, peraltro, anche ai fini della digitalizzazione, di una condizione neutrale, poiché la natura giuridica delle prime pare oscillare tra la dottrina pubblicistica e quella privatistica rispetto all’essere o meno istanza di parte per l’avvio del procedimento amministrativo.

La configurazione, o meglio la riconfigurazione della piattaforma telematica digitale per gli Sportelli Unici, dal passaggio tra la dematerializzazione e la digitalizzazione, richiede, dunque, in modo preliminare, accanto al ridisegno delle funzioni, dei ruoli, delle responsabilità, delle attività e delle relazioni, sul piano del merito, l’erogazione del servizio di formalizzazione specifica dei vincoli regolamentari (Rule Formalization), in seguito alla preliminare interpretazione degli stessi (Rule Interpretation) in modalità machine readable, oltreché implicare che siano assicurate tutte le funzionalità caratteristiche: dal collegamento (tramite i Linked Data) con fonti e con basi di dati interne ed esterne, quali, a titolo esemplificativo, l’archivio comunale digitalizzato, il catasto, gli albi professionali, e così via, proprio nella intenzione di rendere interoperabili tutte le banche dati pubbliche.

La qual cosa si rende necessaria in virtù del fatto che i modelli informativi sottoponibili, in avvenire, all’amministrazione comunale da parte del professionista delegato contengano appositi metadati e dati in grado di avvalorare le condizioni iniziali di legittimità che consentano l’avvio del procedimento.
Naturalmente, in questo senso, una ulteriore criticità è offerta dal fatto che, anche nella versione geo-spaziale, non tutti i contenuti di previgenti piani urbanistici siano stati recepiti nelle strutture di dati aggiornate da parte della struttura tecnica comunale.

Sotto questo profilo, è pure necessario curare gli aspetti che riguardano tanto la fase informale di consultazione eventuale dell’ufficio comunale competente da parte del professionista quanto le funzionalità relative, ad esempio, al rilascio del parere preventivo, alla protocollazione dell’istanza, dell’assegnazione dell’istruttoria a un determinato funzionario, alla differenziazione dimensionale tra enti locali in cui siano presenti responsabili del servizio e dirigenti apicali, alle modalità di interazione col professionista nel caso di richieste di modifiche e di integrazioni.

In futuro, invero, il dialogo preliminare potrebbe avvenire anche mediante Chatbot, ma, certo, non è questa una soluzione di immediata concretezza.

Sullo sfondo, risiede, ovviamente, la possibilità che tutte queste attività risalenti al Project e al Workflow Management consentano di dare luogo alla semi-automazione dei processi decisionali, tramite strumenti di gestione dei flussi di lavoro auto eseguibili.

Non si tratterebbe, perciò, solamente di supportare le azioni di verifica di conformità (Compliance Checking) dei contenuti progettuali insiti nei contenitori informativi e nei modelli informativi geospaziali e immobiliari, bensì pure di agire al livello sovraordinato.

In entrambi i casi, tuttavia, è chiaro che sarebbe indispensabile ripensare il sistema di attribuzione delle responsabilità dei soggetti coinvolti, specie nel caso di diniego o di intervento negativo, poiché non è pensabile che l’istruttore e, sopra a tutto, il decisore, responsabile del procedimento e/o del servizio (dello Sportello Unico), si affidi totalmente a una black o a una gray box, considerando pure i significati impliciti nelle regole anche computazionali e l’evoluzione giurisprudenziale delle stesse.

Non è trascurabile nemmeno il fatto che, accanto ai dispositivi di verifica semi-automatica della conformità e di validazione dei contenuti informativi e dei modelli informativi, figuri anche una procedura di revisione basata sulla visualizzazione, che possa associare immagini satellitari, nuvole di punti, foto sferiche, 3D City Model e Building Information Model.

In questo caso, attinente, ad esempio, alle valutazioni di carattere paesaggistico, la piattaforma digitale dovrebbe prevedere una specifica funzionalità capace di generare allerte anche sul piano qualitativo, riferito, però, al cosiddetto giudizio tecnico.

Ritornando al piano elementare della verifica di conformità dei contenuti progettuali veicolati dalla gestione informativa (segnatamente, in questo caso, dal GIS e dal BIM), si pone la necessità di erogare un servizio puntuale per ogni realtà comunale per la interpretazione e per la formalizzazione dei vincoli regolamentari, oggi svolto con modalità relativamente tradizionali (come per la Requirement, Applies, Select, and Exception Methodology o per la Building Environment Rule and Analysis) e di definizione delle regole di accertamento della conformità, in alternativa alle quali la via maggiormente promettente sembra essere costituita dal ricorso al Natural Language Processing (NLP), al Machine Learning (ML) e alla realizzazione di un Semantic Framework legato alla Semantic Web Technology.

Tra i tentativi più interessanti in corso si possono citare quelli che dipartono dal Controlled Natural Language (CNL) e quelli che fanno capo al LegalRuleML.

Da questo punto di vista, una ulteriore opzione, abilitata da questi o da altri metodi, dovrebbe prevedere, al fine di gestire la scalabilità dell’analisi e dell’interpretazione, un coinvolgimento agevolato dei soggetti appartenenti alle specifiche amministrazioni locali, eventualmente co-autori delle norme tecniche di attuazione e dei regolamenti edilizi comunali, e loro principali fruitori, per la loro personalizzazione.

In ogni caso, di là poi delle esigenze di interoperabilità tra i diversi applicativi proprietari, l’alternativa appare sussistere tra una soluzione maggiormente dirigista e centralista, affidata probabilmente a Data Dictionary e ad altro (temporaneamente all’Information Delivery Manual e alla Information Delivery Specification), e una più decentralizzata, basata, appunto, maggiormente sulle ontologie e sulle semantiche di dominio.

Questa considerazione non deve, però, solo annoverarsi tra le osservazioni più tecniche, poiché, alla radice, almeno nel primo caso, sta la preoccupazione degli uffici comunali preposti nei confronti della sussistenza di condizioni di chiarezza e di esaustività dei contenuti informativi proposti dai professionisti.

Paradossalmente, la digitalizzazione agirebbe, in questa sede, principalmente nel creare le condizioni preliminari per l’efficientamento del procedimento amministrativo, anziché nel cuore interiore dello stesso.
I professionisti, comunque, sarebbero tenuti o forzati, nell’ipotesi della digitalizzazione, a configurare strutture di dati che rispondano contemporaneamente alle richieste variabili della specifica committenza e ai requisiti, localmente specifici, della amministrazione comunale competente territorialmente.

Al contempo, all’interno, invece, della dimensione procedurale, la piattaforma tecnologica dovrebbe consentire di gestire produttivamente gli endo-procedimenti: in particolare, quelli che coinvolgano, tramite o meno la Conferenza di Servizi, una molteplicità di enti competenti.

Se si guarda a questo aspetto non solo colla lente di una analisi e di una ricostruzione procedurale parzialmente passiva (la descrizione dei processi come sono e come dovrebbero essere), ma si cerca di contestualizzarla sia nella dimensione mentale e comportamentale degli istruttori e dei decisori all’interno delle amministrazioni pubbliche coinvolte, sino a giungere, come detto, alla parziale auto-eseguibilità dei processi decisionali, si comprende bene come la sfida si ampli, anche perché l’alveo dei saperi specialistici coinvolti da parte degli organi preposti (aziende socio sanitarie territoriali, corpi ministeriali preposti alla prevenzione degli incendi e alla tutela dei beni storico-culturali, ecc.) riguarda contenuti la cui verifica appare assai più impegnativa e può sfociare in tematiche quali il calcolo progettuale vero e proprio o la identificazione di soluzioni ideative a prestazione equivalente.

Bisogna, invero, riconoscere come la dotazione organica e la qualificazione operativa nelle amministrazioni comunali, specie per i nuovi reclutamenti di profili professionali di natura tecnica nella amministrazione pubblica, manifesti gravi criticità, anche nella direzione anagrafica.
Oltre a ciò, l’inclusione nella piattaforma digitale dell’intero ecosistema rimanderebbe ad affrontare dialoghi, relazioni e conflitti tra gli apparati pubblici e le loro culture.

Il che richiederebbe un processo di acculturamento e di esecutività anche da parte di tale pluralità di organizzazioni, almeno per la parte dell’Automated Code Checking.
Per questa ragione, sebbene si inizi a ragionare di AI-Aided Model-Driven Automated Approach to Regulatory Compliance, occorre molta prudenza a causa delle evidenti implicazioni, anche socio-tecniche, oltreché di reale fattibilità, che tale idea comporti.
Non dissimile sarebbe per il ruolo che le soluzioni di questo genere possano esercitare nei confronti dei professionisti nella fase preliminare di auto-valutazione del proprio operato progettuale, specie nei riguardi dell’asseverazione e dell’auto-dichiarazione.

Alcune iniziative sono già state promosse, peraltro, a livello nazionale nei confronti della prevenzione degli incendi, della accessibilità e della tutela del patrimonio culturale immobiliare.
Da ultimo, è ovvio che le caratteristiche delle piattaforme tecnologiche in grado di ospitare le transazioni informative e di attuare alcune funzionalità sui contenitori informativi debbano essere conformi alle specifiche in materia di protezione dei dati e di sicurezza cibernetica prescritte dalle diverse agenzie e autorità preposte.

Non ci si deve, peraltro, nascondere che la realizzazione di una tale piattaforma implica entrare nel vissuto dei professionisti privati e dei funzionari e dei dirigenti pubblici, nel comprendere come essi ragionino, quali siano le loro priorità, quali siano i loro pregiudizi.

La tematica si dibatte, infatti, tra due polarità: la opportunità incrementale di supportare alcune esigenze fondamentali da soddisfare e la sfida radicale di sconvolgere una serie di assetti e di ordinamenti.
In altre parole, da un canto, partendo dalla familiarità ormai acquisita da parte delle unità organizzative delle municipalità col GIS, ottenendo una ottimale integrazione col BIM, in presenza di una adeguata generazione di regole computazionali di verifica della conformità, è probabile che si verifichi una condizione generalizzata di apprezzamento da parte delle parti in causa, sul versante dell’istanza e dell’accertamento, con evidenti ritorni e benefici: sia pure in un contesto, per così dire, almeno di parziale semi-automazione.

Da un altro lato, un approccio più ambizioso suggerirebbe di procedere oltre, verso frontiere che, tuttavia, non sono scevre da incognite, come, in generale, tutta la vicenda della Artificial Intelligence indica: a iniziare dalla estrema possibilità di sostituzione del giudizio professionale del dirigente competente e del responsabile del servizio con algoritmi.

Affinché la seconda strada non sia velleitaria, entro il lungo periodo (anche se su di essa gravano forti perplessità), la prima ipotesi deve mostrarsi realistica, ma occorre, altresì, notare come forse si debba passare dalla nozione di Code Checking a quella di Compliance Checking.

Certo è che sarebbe auspicabile che, in via facoltativa, il tema fosse presente all’interno del Nuovo Testo Unico dell’Edilizia Privata, perché la Reg Tech si affaccerà prepotentemente alla ribalta anche nel settore della costruzione o dell’immobiliare.

Occorre considerare tempestivamente anche la dimensione geo-spaziale 

Non si può, in conclusione, rimarcare come la questione qui descritta e discussa veda ulteriori elementi di complessità sia nelle fasi prodromiche, riguardanti la valutazione e l’approvazione dei piani urbanistici attuativi sia nelle fasi ulteriori, relative alla vigilanza sui lavori, a eventuali varianti in corso d’opera, all’accatastamento e all’agibilità.
Non considerarle tempestivamente significa agire solo parzialmente su un sistema procedimentale che necessita di essere governato con un approccio olistico.

In buona sostanza, non vi è chi non veda una continuità tra la riforma del Codice dei Contratti Pubblici, quella del Testo Unico dell’Edilizia e quella della Rigenerazione Urbana.

I 3D City & Land Model, interoperabili e integrati con le tecnologie satellitari, con quelle legate all’immagine, con quelle legate all’Internet of Things e con la modellazione informativa restituiscono molto più che una rappresentazione statica, con il tramite della simulazione dinamica del territorio e dell’agglomerazione urbana che permetterà di gestire politiche pubbliche in collaborazione con le logiche del mercato privato.

Si pensi a come questi modelli geo-spaziali possano consentire di intersecare le strategie coordinate di pianificazione, i programmi pluriennali degli investimenti pubblici e partenariali, le tattiche messe in atto dagli operatori privati.
Per un verso, si potrebbe ritenere che la stessa nozione di Compliance debba perdere un significato di coazione a un quadro vincolistico per divenire il motore di processi evolutivi dei territori.

E’ necessario, utilizzando il fil rouge che potrebbe intercorrere tra i nuovi diversi dispositivi legislativi, ricondurre a unità, geo-spaziale, culture, azioni ed esiti di universi culturali e operativi eterogenei, i cui linguaggi non sono allineati.

Le Guidelines della European Bank Authority (EBA) sulla Loan Origination and Monitoring (LOM) e gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS) di European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG) indicano una tendenza precisa.

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