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Verso Città più Bike-friendly: Un'analisi delle Best Practices

Verso Città più Bike-friendly: In questo articolo, Andrea Dari analizza l'importanza della mobilità dolce e la necessità di città amiche delle biciclette. Viene introdotto il concetto dei "Cinque E’s", che rappresentano i pilastri per promuovere il ciclismo urbano: Engineering, Equity e Accessibility, Education, Encouragement, e Evaluation e Planning. La pianificazione urbana e l'integrazione di ciclisti nel traffico urbano sono cruciali. La mancanza di continuità nelle piste ciclabili e la carenza di parcheggi sicuri per le biciclette sono problemi evidenziati. Infine, l'esempio di Amsterdam mostra come la pianificazione può rivoluzionare i trasporti, ponendo enfasi sulla sicurezza dei ciclisti.

Il tema della mobilità dolce, e in particolare quella tramite bicicletta, ci è molto caro e su INGENIO lo abbiamo affrontato spesso.

Il recente articolo su *SMARTCITIESDIVE*, intitolato "Building a bike-friendly city", Karen Kroll ci offre uno sguardo approfondito su cosa renda una città veramente accogliente per i ciclisti e ci permettere di tornare ad affrontare l’argomento.

Ecco quindi cosa raccolta l’autrice e i nostri commenti.

Per la mobilità lenta non bastano le ciclabili, occorrono i ciclisti

L'importanza di promuovere il ciclismo urbano non è solo legata alla sostenibilità ambientale, ma anche al benessere sociale e alla qualità della vita.

Un punto chiave emerso nell'articolo è il concetto dei "Cinque E’s", introdotto da Ken McLeod, direttore delle politiche della League of American Bicyclists.

Questi pilastri sono:

1. Engineering (Ingegneria)

La progettazione di infrastrutture, come le piste ciclabili ben collegate, è essenziale per garantire spostamenti sicuri e efficienti.

2. Equity e Accessibility (Equità e Accessibilità)

Programmi come quelli di bike-sharing, che rendono la bicicletta accessibile a tutti, indipendentemente dalla proprietà.

3. Education (Educazione)

La formazione sul ciclismo sicuro e sulla sua manutenzione aiuta a prevenire incidenti e promuove una cultura della bicicletta.

4. Encouragement (Incoraggiamento)

Eventi a tema ciclistico, campagne di sensibilizzazione e altre iniziative possono incentivare sempre più persone ad adottare la bicicletta come mezzo principale.

5. Evaluation e Planning (Valutazione e Pianificazione)

Monitorare e valutare l'efficacia delle reti ciclabili attuali e pianificare miglioramenti futuri è essenziale per una crescita sostenibile.

Citando McLeod: "Idealmente, nelle grandi città amiche delle biciclette, andare in bicicletta è normale". E con questo, si intende che persone di tutte le età e demografie usano la bicicletta per andare a scuola, al lavoro o per sbrigare commissioni.

La pianificazione urbana gioca un ruolo cruciale. Minneapolis, ad esempio, che ha ottenuto il primo posto nella categoria delle grandi città, vanta 244 miglia di piste ciclabili e un programma "Safe Routes to School" molto attivo.

Tuttavia, non basta costruire piste ciclabili.

Come sottolineato da Rebecca Davies e Jennifer Donofrio, è fondamentale avere una rete ciclabile completa, altrimenti i ciclisti sono costretti a interrompere il loro percorso e mescolarsi al traffico automobilistico.

Se per strada ci sono bambini che vanno in bicicletta o che. giocano a palla, se ci sono persone che passeggiano, la velocità e i tragitti delle auto dovranno essere ripensati privilegiando l'uso degli spazi aperti da parte delle persone.

Questa mancanza di continuità può scoraggiare molti potenziali ciclisti.

Inoltre, il concetto di "strade complete" è emerso come una necessità. Le strade non dovrebbero essere progettate solo per le automobili, ma anche per biciclette, pedoni e trasporti pubblici.

E con "connessioni ciclabili a basso stress", si intende creare percorsi dove i ciclisti si sentano sicuri e rilassati, lontano dal traffico ad alta velocità.

Un ultimo punto cruciale riguarda il parcheggio delle biciclette. Come osservato da McLeod, mentre per decenni è stata data priorità ai parcheggi auto, spesso si trascura la sicurezza e l'accessibilità del parcheggio bici. Questa mancanza può essere un deterrente per chi vorrebbe spostarsi in bicicletta ma teme per la sicurezza del proprio mezzo.

In conclusione, le città che mirano a diventare più bike-friendly devono adottare un approccio olistico, che non si limita alla costruzione di infrastrutture, ma abbraccia una cultura della bicicletta in tutti i suoi aspetti. E l'articolo di Kroll offre uno spunto prezioso su come farlo al meglio.

  • Finanziamenti per i programmi: Minneapolis ha ricevuto diverse sovvenzioni per sostenere il loro programma “Safe Routes to School”. Hanno ottenuto $100,000 dalla contea nel 2020, $300,000 dal Minnesota Department of Transportation nel 2021 e $1 milione dal Metropolitan Council nel 2022.
  • Statistiche e dati: Davis, California, ha 63 miglia di sentieri, 102 miglia di corsie ciclabili e circa 4,300 rastrelliere per biciclette disseminate in tutta la città. Significativamente, il 75% delle strade ha un limite di velocità di 25 miglia all’ora.
  • Progettazione urbana: Provincetown, Massachusetts, fu sviluppata nei secoli XVIII e XIX con lotti di terreno sottili collegati da una rete di strade strette progettate per le persone, non per le automobili. Questo tipo di progettazione urbana ha naturalmente creato un nucleo centrale che incoraggia la mobilità non motorizzata.
  • Facilità e accessibilità: A Provincetown, ci sono rastrelliere pubbliche per biciclette disponibili nella maggior parte delle destinazioni. Inoltre, i visitatori hanno la possibilità di scegliere tra cinque negozi di biciclette in città che offrono noleggi, inclusi e-bikes.

Un giro in bicicletta per la città

Mi hanno raccontato che il nostro ex sindaco (di Rimini), l’onorevole Andrea Gnassi, portò un giorno la giunta in bicicletta sul percorso della metropolitana di superficie che congiunge Rimini con Riccione per osservare i punti in cui si sarebbero costruite le stazioni e capire cosa fare intorno. Non so se sia vero o una leggenda riminese, ma la cosa mi ha fortemente colpito.

Osservando come sono costruite le nostre ciclabili mi sono chiesto se chi le ha realizzate ha mai provato a percorrerle, e non solo la domenica, anche durante i giorni lavorativi, anche quando rischia di piovere o pioviggina, o quando il sole picchia forte.

Se si sono fermati agli incroci, dove manca quasi sempre la casa avanzata per le biciclette - nome tecnico per indicare un’area riservata ai velocipedi tra incrocio e auto - e si sono respirati una bella dose di gas di scarico prima di rischiare la vita nell’ attraverso in uno dei diversi sensi dell’incrocio stesso.

Se ogni tanto si sono fermati ad osservare la città, da questo mezzo che per la sua lentezza permette una visione diversa, e hanno preso appunti per capire come gestire i famosi 15’ minuti che dovrebbero unire il percorso che va dalla casa alla disponibiilità dell’ indispensabile, come richiesto dai nuovi modelli urbanistici.

E quando si sono trovati compressi tra l’auto che arriva da una strada e i pedoni che arrivano dall’ altra, come hanno gestito il problema non piccolo delle precedenze e pericoli.

E poi se hanno pensato alla superficie ciclabile. A Rimini, la ciclabile che passa di fianco al porto sotto la ferrovia è su sassi sporgenti e lisci. Al di là di perdere la metà delle cose che si hanno nel cestino, il rischio di scivolare è tremendo. Per non parlare delle curve. Nella vicina via Coletti la nuovissima ciclabile rossa quando ci sono gli spazi per gli autobus o i parcheggi ha delle curve a 90° con una larghezza di circa un metro. Una prestazione da acrobata. Per non dimenticarci della commistione: L’attraversamento dei ponti sul canale riunisco biciclette e pedoni, lascio immaginare gli accidenti che volano tra le parti coinvolte.

Potrei estendere questi ragionamenti ad altri fronti, agli imprenditori che non prevedono posti per le biciclette, magari con ricarica elettrica, o bagni dotati di docce. Per le scuole, in cui il posteggio delle biciclette quando c’è è studiato apposta per favorire i il non utilizzo. …

Il concetto è sempre lo stesso, non basta pensare alle ciclabili, ma occorre pensare anche ai ciclisti.

D’altronde per quanto ho trovato al momento l’unico documento tecnico che riguarda la realizzazione delle ciclabili è un documento del 1999 della provincia di Milano, e posso assicurarvi che c’è molto da scrivere per renderlo non dico attuale ma utile.

L’esempio di Amsterdam

Amsterdam è un esempio di come un'eccellente pianificazione urbana possa portare a una reale rivoluzione nei trasporti.

Fino ad oggi, la creazione di piste ciclabili nella città si è evoluta notevolmente. Non solo piste, ma anche rotonde e semafori dedicati esclusivamente ai ciclisti, pompe d'aria posizionate strategicamente e persino delle "superstrade delle biciclette". Anche se è in Danimarca che è nata la prima autostrada per biciclette, Amsterdam non è da meno nell'innovazione ciclabile.

Queste trasformazioni non sono state casuali.

Si basano su un avanzato sistema di infrastrutture urbane ideato nei Paesi Bassi per garantire la massima sicurezza ai ciclisti.

Il fulcro di questo sistema è il progetto Vision Zero, un'iniziativa del governo olandese volta a eliminare completamente gli incidenti stradali. La filosofia dietro Vision Zero è chiara: separare il più possibile veicoli, pedoni e ciclisti, soprattutto nelle intersezioni. In questo modo, anche se le persone potrebbero occasionalmente non rispettare le regole, il design delle strade riduce al minimo il potenziale pericolo.

Amsterdam: dalla Macchina alla Bicicletta

Negli anni '50 e '60, come molte altre città europee, Amsterdam era dominata dalle automobili, come le nostre città attuali.

La rapida motorizzazione aveva portato a un aumento degli incidenti stradali, molti dei quali coinvolgevano bambini. L'espansione economica e l'urbanizzazione stavano spingendo la bicicletta fuori dal paesaggio urbano.

Tuttavia, due eventi cruciali negli anni '70 cambiarono radicalmente questa tendenza:

La Crisi energetica: I Paesi Bassi, come molte altre nazioni, furono colpiti dalla crisi petrolifera degli anni '70. Questo causò una drastica riduzione dell'uso delle automobili e la gente iniziò a cercare alternative.

I Movimenti di protesta: L'alto numero di incidenti stradali, soprattutto quelli che coinvolgevano bambini, portò a massicce proteste pubbliche. Il movimento "Stop de Kindermoord" (Stop all'omicidio dei bambini) fu particolarmente influente. Questi attivisti richiedevano strade più sicure e spazi urbani orientati alle persone piuttosto che alle automobili.

Il primo woonerf - cosí viene chiamata quella strada a velocità len-ta, interna ai quartieri residenziali, dove pedoni e ciclisti hanno la precedenza sulle automobili - è stato creato da un gruppo di residenti della città di Delft, stanchi dei continui problemi legati alla sicurezza stradale, alla congestione e all'inquinamento delle auto.

In risposta a queste pressioni, il governo di Amsterdam iniziò a ridurre l'accesso delle automobili al centro città, promuovendo al contempo la bicicletta come mezzo di trasporto principale. Furono introdotti limiti di velocità più bassi, zone pedonali e, cosa più importante, una rete sempre crescente di piste ciclabili separate.

Negli anni '80 e '90, Amsterdam consolidò ulteriormente la sua posizione come città orientata alle biciclette. Vennero costruite infrastrutture specifiche come parcheggi per biciclette, ponti riservati ai ciclisti e sistemi di condivisione delle biciclette.

La mentalità collettiva ha iniziato a cambiare: la bicicletta non era più vista solo come uno strumento di trasporto, ma come parte integrante dell'identità di Amsterdam.

Regole e Consigli per girare in bicicletta ad Amsterdam

Ma non bastano le infrastrutture, occorre definire anche i comportamenti, e così in Olanda, non solo ad Amsterdam, vi sono alcune regole da rispettare.

Ne vorrei evidenziare tre: 
- Di notte, è essenziale avere luci anteriori e posteriori accese.

- È possibile trasportare un bambino di età inferiore agli 8 anni con un seggiolino omologato.
- In zone pedonali, bisogna camminare accanto alla bici.
E per i pedoni, una nota importante: evitare di camminare sulle piste ciclabili e fare attenzione ai ciclisti, che hanno la precedenza.

Per fare un albero di vuole un fiore

La storica che racconta come si sia arrivati a spingere l’uso della bicicletta alle percentuali di oggi mi fa tornare in mente la canzone di Sergio Endrigo.

Se per fare un albero ci vuole un fiore per restituire alle nostre città la possibilità di poterle attraversare con una bicicletta occorre non solo costruire delle ciclabili ma far nascere i ciclisti. L’educazione a cominciare dalle scuole, la definizione di regole, la predisposizione dei servizi accessori, e quindi la realizzazione di ciclabili sono i passi da compiere per questo risultato.

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