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Veranda in legno sul balcone con ampliamento di abitazione: senza permesso è ristrutturazione edilizia abusiva

Le verande realizzate sulla balconata di un appartamento, trattandosi di strutture fissate in maniera stabile al pavimento che comportano la chiusura di una parte del balcone, con conseguente aumento di volumetria e modifica del prospetto, sono senza dubbio soggette al preventivo rilascio di permesso di costruire, non costituendo una pertinenza in senso urbanistico.

L'installazione di una veranda in legno e vetri su un balcone è una ristrutturazione edilizia o un'opera assentibile in edilizia libera? Gli altri lavori edilizi paralleli, se più 'leggeri' e assentibili liberamente o con CILA, condizionano la 'situazione' oppure sono a se stanti rispetto alla veranda che resta comunque un intervento da giudicare separatamente?

Di questi interrogativi si occupa il Consiglio di Stato nella recente sentenza 6301/2023 del 28 giugno, che ha respinto il ricorso del privato secondo il quale la veranda era stata realizzata al solo fine di “alleggerire” il carico del terrazzo di pertinenza del suo appartamento, sotto la cui pavimentazione era stato realizzato un massetto di circa 45 cm di spessore, che aveva incrementato il peso portato dal solaio, con grave rischio per la stabilità dell’intero edificio.

I lavori edilizi

Si tratta dell'ampliamento di un'abitazione di 76,00 x m. 2,50 h, mediante:

  • installazione di una veranda in legno lamellare e vetri;
  • demolizione e ricostruzione della pavimentazione del terrazzo di copertura;
  • diversa distribuzione delle pareti divisorie interne e delle aperture;
  • rifacimento degli impianti tecnologici;
  • messa in opera di una vasca per l’approvvigionamento idrico

che integra un intervento di ristrutturazione edilizia assentibile con permesso di costruire senza il quale sussiste abuso con conseguente ordinanza di demolizione.

Per l'appellante è edilizia libera o al massimo difformità parziale

Ad avviso di parte appellante, l’opera realizzata non necessitava di ulteriori titoli abilitativi, in quanto non ha comportato la realizzazione di un organismo edilizio nuovo e diverso dal precedente, né modifiche della volumetria complessiva o dei prospetti; pertanto, non sarebbe qualificabile come ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 10 del dpr 380/01.

Secondo l’appellante, l’opera costituirebbe una mera pertinenza dell’edificio principale, come tale rientrante nel regime dell’edilizia libera.

Inoltre, la realizzazione della veranda costituisce al più una difformità parziale rispetto alla concessione edilizia, in quanto le modifiche apportate al progetto originario incidono su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzano in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera; l’abuso, dunque, era sanzionabile al più con la sanzione pecuniaria e non con quella ripristinatoria.

Questa veranda non è una pertinenza

Palazzo Spada respinge il ricorso partendo dal fatto che la veranda oggetto del presente giudizio è un manufatto di mq. 76,00 x m. 2,50 h, realizzato in legno lamellare e vetri, che costituisce ampliamento dell’abitazione principale e si presenta ad essa collegata ed adibita a sala hobby.

Ai fini urbanistici ed edilizi il concetto di pertinenza ha un significato del tutto diverso rispetto alla nozione civilistica e si fonda sulla assenza di:

  • a) autonoma destinazione del manufatto pertinenziale;
  • b) incidenza sul carico urbanistico;
  • c) modifica all’assetto del territorio.

La veranda sul balcone

Nel caso in esame, come correttamente evidenziato dal TAR, il manufatto in questione ha un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale ed ha una sicura incidenza sul carico urbanistico, tanto è vero che il provvedimento impugnato si esprime nel senso di “ampiamento dell’abitazione”.

Al riguardo, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che “ai sensi dell'art. 10, comma l, lettera c), del testo unico dell'edilizia (D.P.R. n. 380 del 2001), le opere di ristrutturazione edilizia necessitano di permesso di costruire se consistenti in interventi che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino, modifiche del volume, dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee, comportino mutamenti della destinazione d'uso (ristrutturazione edilizia). Ebbene, le verande realizzate sulla balconata di un appartamento, trattandosi di strutture fissate in maniera stabile al pavimento che comportano la chiusura di una parte del balcone, con conseguente aumento di volumetria e modifica del prospetto, sono senza dubbio soggette al preventivo rilascio di permesso di costruire, non costituendo una pertinenza in senso urbanistico. La veranda integra un nuovo locale autonomamente utilizzabile il quale viene ad aggregarsi ad un preesistente organismo edilizio, per ciò solo trasformandolo in termini di sagoma, volume e superficie” (Consiglio di Stato, sez. VI, 9/10/2018, n. 5801).

Siamo quindi di fronte a una nuova volumetria, tanto che ha fatto bene il TAR ha ricondurre l’intervento nell’alveo della ristrutturazione edilizia, per la quale era necessario munirsi del permesso di costruire; ne deriva che, correttamente, è stata disposta la sanzione demolitoria (cfr. Consiglio di Stato sez. VI, 31/07/2019, n. 5404: “La sanzione della demolizione è, ai sensi dell'art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, un atto dovuto in presenza di un intervento di ristrutturazione di un immobile abusivamente effettuato”).

Per le ragioni sopra esposte, non è inoltre applicabile l’art. 34 del dpr 380/01 sulla fiscalizzazione dell'abuso per le difformità parziali, in quanto la realizzazione di un locale del tutto nuovo in ampliamento del preesistente appartamento non rientra nella nozione di difformità parziale accolta dal suddetto orientamento giurisprudenziale.

Il rifacimento del pavimento e lo spostamento dei tramezzi sono interventi autonomi rispetto alla veranda

Passando alle altre opere, si evidenzia che la valutazione globale dei singoli interventi “si giustifica soltanto nel caso in cui l'amministrazione accerti l'esistenza di lavori che hanno una cosi stretta interdipendenza da risultare sostanzialmente di valenza unitaria”.

Ciò premesso, sono condivisibili le affermazioni del TAR, secondo le quali:

Allo stesso modo, l’irrogazione della sanzione ripristinatoria non si giustifica in relazione al rifacimento degli impianti tecnologici e la messa in opera della vasca per l’approvvigionamento idrico, posto che si tratta di interventi volti a mantenere in efficienza gli impianti tecnologici, che non richiedono alcun titolo edilizio (cfr. art 6 lett. a) D.P.R. 380/01).

Tali interventi hanno una loro autonomia funzionale e possono prescindere l’uno dall’altro, così come risultano potenzialmente indipendenti anche rispetto alla realizzazione della veranda di cui è stata invece giustamente ordinata la demolizione.


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Allegati

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L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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