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Varianti in edilizia: attenzione a quelle essenziali! Le discriminanti e i titoli edilizi necessari

Tar Campania: le varianti essenziali sono soggette al rilascio di permesso a costruire del tutto nuovo ed autonomo, rispetto a quello originario

Varianti essenziali e in corso d'opera: attenzione alle differenze

Quali sono le differenze tra varianti edilizie in senso proprio e varianti edilizie essenziali? Notevoli e soprattutto determinanti per il diverso titolo edilizio corrispondente: ecco perché la sentenza n.204/2019 del Tar Campania (Salerno) fornisce spunti molto interessanti e chiarimenti fondamentali per evitare di incappare in un abuso edilizio.

L'oggetto del contendere è dato dal ricorso di alcuni comproprietari di un’unità abitativa, secondo i quali il comune aveva illegittimamente assentito, in zona “B” del vigente P. R. G., un intervento di nuova costruzione, con completamento del primo piano (secondo livello) e realizzazione di un terzo livello, con copertura a falda inclinata, in asserita palese violazione delle prescrizioni di zona.

Nello specifico il progetto in esame era stato assentito con permesso di costruire gratuito (senza oneri di urbanizzazione), quale mero “completamento fabbricato per civile abitazione”; in realtà, sia dalla relazione tecnica d’accompagnamento al progetto, sia dagli elaborati grafici, si desumeva che l’intervento consisteva, tra l’altro, nella sopraelevazione del fabbricato, comportante modifica delle altezze e aumento di cubatura; in particolare, s’era al cospetto di un’edificazione, ex novo, del terzo livello, comportante incremento d’altezza e di volumetria, nonché modifica dei prospetti, posto che il fabbricato in questione si sviluppava su due livelli, con copertura piana a lastrico, di cui il primo, a piano terra, di proprietà aliena, e il secondo, al primo piano, di proprietà del controinteressato.

Il permesso di costruire impugnato assentiva la realizzazione di un terzo livello, con copertura a falda inclinata, avente caratteristiche abitative e, comunque, comportante realizzazione di ulteriore volumetria, viste le concrete caratteristiche di tale sopraelevazione. C'era, quindi, una palese variante edilizia. Di che tipo?

Varianti in edilizia: conta la correlazione col progetto originario

I giudici campani specificano che, "mentre le "varianti in senso proprio", ovvero le modificazioni qualitative o quantitative di non rilevante consistenza rispetto al progetto approvato, tali da non comportare un sostanziale e radicale mutamento del nuovo elaborato rispetto a quello oggetto di approvazione, sono soggette al rilascio di permesso in variante, complementare ed accessorio, anche sotto il profilo temporale della normativa operante, rispetto all’originario permesso a costruire, le "varianti essenziali", ovvero quelle caratterizzate da incompatibilità quali–quantitativa con il progetto edificatorio originario rispetto ai parametri indicati dall’art. 32 TUE, sono soggette al rilascio di permesso a costruire del tutto nuovo ed autonomo rispetto a quello originario e per il quale valgono le disposizioni vigenti al momento di realizzazione della variante" (Cassazione penale, Sez. III, 13/06/2018, n. 34148).

L'art.32 del dpr 380/2001, citato nella massima, considera varianti essenziali, al comma 1 lett. b), quelle che comportano un “aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato, come peraltro si è verificato nel caso di specie, essendosi prevista, a tacere d’altro, la sopraelevazione di un piano, mansardato, in più, la quale rileva, quindi, nel senso di determinare l’illegittimità del vecchio permesso di costruire, indipendentemente dalla sua – del resto, verosimile – destinazione abitativa.

Stabilito, pertanto, che le varianti essenziali “sono soggette al rilascio di permesso a costruire del tutto nuovo ed autonomo, rispetto a quello originario e per il quale valgono le disposizioni vigenti al momento di realizzazione della variante”, viene meno la suggestiva tesi difensiva del comune, fondata, viceversa, sulla stretta correlazione, a suo dire esistente tra i titoli abilitativi de quibus, in virtù della quale il secondo si sarebbe limitato a sovrapporsi alla c. e. originaria, non richiedendo più, quindi, la verifica (nell’attualità) circa il rispetto dei limiti di cubatura, previsti dalle N. T. A. del P. R. G.

Le potenzialità edificatorie

Il Tar, a rinforzo, evidenzia che “con l’intervento edilizio concesso nell’anno 1987 veniva esaurita la potenzialità edificatoria delle particelle [omissis]”: è allora pienamente giustificato – come sostenuto dai ricorrenti – che, nella specie, la verifica dei limiti di cubatura andasse, nel 2008, operata ex novo, senza potersi, il controinteressato, avvalere delle potenzialità edificatorie, espresse dalle particelle, già asservite alla precedente edificazione (di cui alla c. e., rilasciata nel 1987). Cfr., per l’applicazione di principi analoghi, la massima che segue: “Per determinare l’effettiva potenzialità edificatoria di un lotto urbanistico, occorre avere riguardo alla sua connotazione geneticamente unitaria e al suo asservimento a precedenti costruzioni, cosicché la verifica di fabbricabilità della porzione di fondo rimasta inedificata e la quantificazione della cubatura su di essa utilizzabile deve incentrarsi sulla potenzialità edificatoria diminuita della volumetria dei fabbricati già realizzati sull’unica, complessiva area. Allorquando un’area edificabile risulti frazionata in più parti, la cubatura utilizzabile ai sensi della normativa urbanistica nell’intera area rimane, dunque, invariata, con la conseguenza che, nell’ipotesi in cui sia stata già realizzata una costruzione sul fondo considerato nel suo complesso, i proprietari dei terreni in cui quest’ultimo figuri catastalmente frazionato hanno a disposizione solo la volumetria che residua tenuto conto dell’originaria costruzione” (T. A. R. Campania – Napoli, Sez. VIII, 10/01/2013, n. 239).

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