Valutazione del comportamento a fatica nei ponti ad arco in muratura
Il lavoro sintetizza le attività di ricerca in corso sulla valutazione del comportamento a fatica dei ponti ad arco in muratura impiegando le curve a fatica S-N (curve stress-life, ovvero tensione normale-numero di cicli a rottura). Viene mostrata anche un’applicazione su un caso studio, un ponte ad arco in muratura esistente attualmente in servizio.
La resistenza a fatica di un materiale si calcola mettendo in relazione lo stato tensionale e il numero di cicli che provoca la rottura
Come è noto negli ultimi anni la comunità scientifica e professionale ha posto particolare attenzione ai ponti esistenti in quanto è emersa con straordinaria urgenza la necessità, nata anche a seguito di recenti crolli, di manutenerli e conservali nel tempo.
I ponti ad arco in muratura sono senza dubbio tra quelli più ricorrenti e in servizio al giorno d’oggi lungo le reti viarie italiane e non. Questi ponti hanno molto spesso un’età compresa tra i cinquanta e i cento anni e furono, come è facile immaginare, progettati per carichi da traffico che possono essere anche significativamente diversi da quelli attuali, per intensità e frequenza di passaggi. A ciò va aggiunto che la loro capacità portante è strettamente legata allo stato di conservazione corrente, che può essere non ottimale a causa della manutenzione saltuaria unitamente al degrado provocato dagli agenti atmosferici.
La ricerca attualmente in corso presso l’Università degli Studi della Basilicata riguarda il comportamento a fatica di questa tipologia di ponti. Come è noto, la fatica è un fenomeno meccanico conosciuto già a partire dal XIX secolo durante la rivoluzione industriale, largamente studiato nel campo delle costruzioni metalliche. È risaputo, infatti, che provini metallici (o componenti) possono essere portati a rottura applicando cicli di carico e scarico ripetuti nel tempo, e per un valore del carico che può anche essere significativamente più basso della resistenza monotonica del materiale (componente).
La resistenza a fatica di un materiale (o componente) viene storicamente valutata mediante l’impiego di curve S-N (o curve di Wöhler) denominate anche curve stress-life, ovvero tensione-vita, in quanto forniscono una relazione tra una grandezza che rappresenta lo stato tensionale ciclico imposto e il numero di cicli che provoca la rottura a fatica, riportate spesso anche in un piano semi-logaritmico (S-logN).
Come grandezza rappresentativa dello stato tensionale ciclico imposto, normale o tangenziale, comunemente viene impiegata l’ampiezza del ciclo (Smax-Smin)/2, la fluttuazione tensionale DS= Smax-Smin, o la tensione massima imposta ciclicamente adimensionalizzata rispetto alla resistenza monotonica Smax/Su. Inoltre, la curva S-N tipicamente riporta anche un valore asintotico dello stato tensionale per il quale teoricamente la rottura a fatica si verifica solo per un numero di cicli infinito. Tale valore viene indicato come limite di fatica.
A seguito dell’applicazione di una storia di carico ciclica, caratterizzata da n1 cicli con fluttuazioni tensionali DS1, n2 cicli con DS2, …, np cicli con DSp, ove per ciascuna di queste è possibile stabilire sulla curva S-N il corrispondente numero di cicli a rottura N1, N2, …, Np, per determinare quanto il provino (o la componente) sia lontana dalla rottura a fatica viene comunemente applicata la legge di accumulo lineare del danneggiamento per fatica di Palmgren-Miner definita come
D=∑i=1pni/Ni, dove D è ottenuta come somma del danno cumulato per tutte le fluttuazioni applicate. Coerentemente con tale modello, la rottura a fatica si verifica quando il danno cumulato D raggiunge o supera il valore unitario.
Recentemente, in letteratura diversi gruppi di ricerca hanno effettuato prove cicliche di compressione su campioni di muratura principalmente in laterizio pieno. Le varie campagne sperimentali differiscono tra loro per la resistenza a compressione della muratura impiegata, la frequenza di carico, il valore della tensione a partire dalla quale la prova ciclica viene effettuata, l’ampiezza della fluttuazione imposta ripetutamente.
Tutte le ricerche sperimentali effettuate hanno confermato che, analogamente a quanto accade nel caso di provini metallici, anche nel caso dei provini in muratura storie tensionali cicliche possono provocare una rottura a fatica per valori significativamente più bassi della resistenza monotonica a compressione.
A valle dei risultati sperimentali ottenuti sono state proposte delle curve S-N per tensioni normali, oppure alcuni autori hanno rielaborato su base probabilistica i risultati di prove cicliche a fatica disponibili in letteratura al fine di fornire delle curve S-N associate a un prefissato frattile per la resistenza a fatica, come ad esempio il frattile 5% coerente con numerose normative di progettazione.
Nonostante il fenomeno della rottura a fatica sia stato osservato sperimentalmente, le principali normative di progettazione tuttavia non forniscono alcuna indicazione su come effettuare le verifiche nel caso di elementi in muratura sottoposti a carichi ciclici. A partire dal British Code BD 21/93 viene ad esempio indicato, al fine di prevenire la rottura a fatica, di imporre una limitazione del carico verticale pari al 50% del carico verticale di rottura.
In alcuni documenti, analoga limitazione, viene indicata anche a livello tensionale, ovvero la massima tensione normale agente viene limitata al 50% della resistenza a compressione della muratura. Invece nell’Eurocodice 1 (EC1), Eurocodice 3 (EC3) e nelle Norme Tecniche per Costruzioni (NTC-18) vengono riportate chiare indicazioni su come effettuare le verifiche a fatica solo per componenti in acciaio, riportando curve S-N per tensioni normali e tangenziali, ma nulla di esplicito viene riportato nel caso di elementi in muratura.
Alla luce di tali premesse, e riconosciuto che possa verificarsi una rottura a fatica anche nel caso di elementi in muratura, le attività di ricerca hanno avuto l’obiettivo di capire se e come è possibile effettuare una verifica a fatica di ponti ad arco in muratura, e se questa risulta più gravosa rispetto ad una classica verifica allo stato limite ultimo.
A tal fine è stato esaminato un caso studio, un ponte ad arco in muratura attualmente in uso, costruito tra la fine degli anni ’20 e l’inizio degli anni ‘30, a servizio di una strada provinciale, e situato in provincia di Matera. Il ponte copre una lunghezza complessiva di circa 130 m ed è costituito da un totale di n. 7 campate ad arco in muratura, di cui n. 3 archi aventi una luce di circa 22 metri (denominati archi principali), e n. 4 archi con luce di circa 10 metri (denominati archi secondari).
Le verifiche a fatica sono state effettuate per le due tipologie di archi, applicando la procedura indicata nell’EC1 e nelle NTC-18 per le componenti in acciaio. In tale procedura sono state considerate alcune delle curve di fatica per la muratura proposte in letteratura. Tali curve giocano un ruolo centrale della verifica, e i confronti effettuati mostrano che queste possono portare a risultati significativamente diversi tra loro. In particolare, per bassi valori del rapporto R=Smin/Smax, la resistenza a fatica fornita può essere anche minore della limitazione convenzionale del 50% della resistenza a compressione monotonica della muratura.
Coerentemente con la procedura indicata nell’EC1 e NTC-18 è stato considerato lo schema di carico convenzionale per le verifiche a fatica, costituito da n. 4 assi da 120 kN ciascuno. Per ciascuna tipologia di archi è stato implementato un modello numerico semplificato a fibre in OpenSees, ove la muratura è stata modellata come materiale elasto-plastico a compressione e con resistenza nulla a trazione, valutando le tensioni di compressione più sfavorevoli in due sezioni distinte (chiave e reni) per entrambi i due archi, indotte dal carico convenzionale per fatica viaggiante.
Note le fluttuazioni di tensione, mediante l’ausilio delle curve S-N di letteratura esaminate, è stato valutato il corrispondente numero di cicli che provoca la rottura a fatica. I risultati ottenuti sono significativamente differenti tra loro, poiché le curve S-N considerate sono significativamente diverse tra loro. Inoltre, nel caso di bassi valori del rapporto R=Smin/Smax tali curve possono fornire anche valori della resistenza a fatica più bassi del limite convenzionale posto pari al 50% della resistenza a compressione della muratura.
Infine, è stata valutata la ‘vita residua’, ovvero il numero di anni stimato sino al raggiungimento della rottura a fatica. Tale vita residua viene valutata come rapporto tra il numero di cicli a cui corrisponde la rottura per fatica (stimati con la curva S-N), e il numero convenzionale di cicli all’anno attesi dal carico da fatica su quel ponte, indicati nelle NTC-18 al variare della tipologia di traffico attesa sulla strada in esame. Anche in questo caso i risultati in termini di vita residua sono significativamente diversi, passando da qualche anno sino ad ottenere una vita residua, al contrario, paragonabile alla vita nominale di un ponte di nuova costruzione.
Si ritiene, quindi, viste le significative differenze tra i risultati ottenuti, che vi è la necessità di definire e validare delle chiare metodologie per le verifiche a fatica dei ponti ad arco in muratura.
In tali verifiche le curve S-N giocano un ruolo centrale, poiché andrebbero derivate per le principali tipologie della muratura presente nei ponti ad arco (muratura in laterizio pieno, muratura di pietra, etc). A tal fine andrebbe posta anche particolare attenzione alla muratura con bassa resistenza a compressione, portando anche in conto il degrado per rendere la valutazione del comportamento a fatica più realistica e prossima alle reali condizioni in situ. Inoltre, le curve S-N dovrebbero dipendere non solo dalle fluttuazioni tensionali, ma anche dalla frequenza di carico e dalla tensione a partire dalla quale viene imposta la storia di carico ciclica.
Infine, approfondimenti teorici e sperimentali sono anche necessari per valutare correttamente il comportamento a fatica per taglio nei ponti ad arco, aspetto questo non trascurabile nel caso, ad esempio, di archi a più strati di muratura.
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