Uso di aria condizionata: da qui al 2050 ci sarà un'impennata che potrebbe causare disuguaglianze e aumento delle emissioni
L'aumento dell'uso dell'aria condizionata, spinto dal riscaldamento globale, potrebbe raddoppiare i consumi energetici e le emissioni di CO2, accentuando le disuguaglianze globali nell'accesso a queste tecnologie. Politiche mirate sono necessarie per garantire un raffreddamento sostenibile ed equo.
Con l'aumento delle temperature globali, l'uso dell'aria condizionata (AC) è destinato a crescere significativamente nei prossimi decenni. Secondo uno studio condotto da ricercatori del CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici), la percentuale di famiglie con aria condizionata potrebbe salire dall'attuale 27% fino al 41% entro il 2050, a seconda degli scenari climatici e socioeconomici. Tuttavia, questa crescita non sarà uniforme e porterà con sé nuove sfide legate ai consumi energetici, alle emissioni di anidride carbonica e alle disuguaglianze globali.
L'aria condizionata: un'arma a doppio taglio
L'adozione sempre più diffusa di sistemi di raffreddamento residenziale è una risposta comprensibile al riscaldamento globale. Tuttavia, questo incremento potrebbe avere conseguenze significative. Si stima infatti che il consumo di elettricità legato all'uso di AC potrebbe raddoppiare, con un aumento delle emissioni di CO2 equivalente da 590 a 1.365 milioni di tonnellate entro il 2050. Questo scenario evidenzia come una soluzione al caldo eccessivo possa, paradossalmente, contribuire ulteriormente al cambiamento climatico.
Nonostante l'espansione dell'aria condizionata sembri inevitabile, non tutti avranno uguale accesso a questa tecnologia. Le disuguaglianze nell'adozione dell'AC sono al centro dello studio condotto dal CMCC, che ha analizzato l'impatto futuro dell'uso dell'aria condizionata su scala globale, fino al 2050, e le implicazioni per le fasce più vulnerabili della popolazione.
La questione delle disuguaglianze nell'accesso al raffreddamento
Le proiezioni dello studio indicano che, sebbene la quota globale di famiglie che possiedono un sistema di raffreddamento residenziale aumenterà, ci saranno differenze significative tra regioni e gruppi di reddito.
Giacomo Falchetta, primo autore dello studio, sottolinea come queste disuguaglianze abbiano importanti implicazioni per la pianificazione energetica e per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni. Le famiglie più ricche, soprattutto nelle regioni più esposte come l'Asia meridionale e l'Africa subsahariana, avranno maggiore accesso all'AC, mentre le famiglie più povere resteranno prive di questa soluzione, esponendosi a rischi legati alla salute e alla sicurezza.
“Valutare le proiezioni sull'adozione e l'utilizzo del raffreddamento e le loro disuguaglianze ha importanti implicazioni politiche”, afferma Falchetta. “Mostriamo che in regioni fortemente colpite dal riscaldamento, come l'Asia meridionale e l'Africa subsahariana, solo i gruppi di reddito più elevato avranno accesso a queste tecnologie, lasciando le fasce più deboli in condizioni di forte vulnerabilità.”
Il tema del raffreddamento è al centro delle agende politiche globali, come dimostra il Global Cooling Pledge, un accordo firmato da 64 paesi durante la COP28. Questo impegno mira a ridurre del 68% le emissioni legate al raffreddamento entro il 2050 e a promuovere soluzioni più sostenibili e accessibili, come il raffreddamento passivo e l'efficienza energetica. L’obiettivo è aumentare l’efficienza dei nuovi condizionatori d’aria del 50%, mitigando così l’impatto delle emissioni.
Tuttavia, la sola efficienza energetica non sarà sufficiente. Lo studio del CMCC evidenzia come misure complementari, quali sussidi pubblici, donazioni internazionali e una pianificazione urbana ed edilizia più attenta, siano fondamentali per garantire un accesso equo all'aria condizionata, riducendo al contempo le disuguaglianze.
Lo studio si basa su un ampio database che copre oltre 500 unità amministrative subnazionali in 25 paesi, rappresentando il 62% della popolazione mondiale e il 73% del consumo globale di elettricità. Questa vastità di dati consente di avere una visione dettagliata delle disuguaglianze attuali e future nell'uso dell'aria condizionata. Le informazioni raccolte possono essere utili per i decisori politici, aiutandoli a sviluppare strategie mirate per affrontare la povertà energetica e le disuguaglianze legate al raffreddamento.
Enrica De Cian, coautrice dello studio e professoressa all’Università Ca’ Foscari di Venezia, sottolinea l'importanza di una pianificazione che tenga conto delle disuguaglianze sistemiche. “Ci sono sempre più prove che l'accesso al raffreddamento è una questione multidimensionale, collegata ai dibattiti sulla giustizia climatica”, afferma De Cian. Affrontare queste sfide richiederà uno sforzo concertato a livello internazionale, con interventi specifici per le regioni e le comunità più vulnerabili.
L'esperto Giacomo Falchetta: "Il PIL Pro Capite è il principale fattore della crescente adozione di Aria Condizionata"
Sull'argomento si è espresso anche l'esperto Giacomo Falchetta, ricercatore del CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici) che ha risposto, in esclusiva per INGENIO, ad alcune domande.
Quali sono le principali variabili socio-demografiche che influenzano l’adozione dei sistemi di condizionamento dell’aria a livello globale?
Giacomo Falchetta:
La crescita del reddito rappresenta il fattore cruciale che determinerà la crescita dell’adozione dei sistemi di condizionamento dell’aria a livello globale. Secondo le nostre analisi, il reddito disponibile è una variabile notevolmente più importante degli effetti dei cambiamenti climatici sulla crescita delle temperature nel determinare l’adozione di sistemi di condizionamento a livello residenziale. In parallelo, troviamo che anche fattori come il livello di istruzione e l’età giocano un importante ruolo in tali decisioni.
Quali sono le implicazioni ambientali dell’aumento dell’uso dei sistemi di condizionamento dell’aria, in termini di emissioni di CO2?
Giacomo Falchetta:
La futura crescita nell'uso dell'elettricità per aria condizionata avrà un considerevole impatto sulle dinamiche del riscaldamento globale attraverso le emissioni di gas serra. L’entità di tali emissioni dipenderà non solo dai consumi energetici, ma anche e soprattutto dal grado di decarbonizzazione dei sistemi elettrici dei paesi del mondo. Per l’anno 2020, stimiamo un totale di 797 milioni di tonnellate (Mt) di emissioni di CO2equivalente per il settore del raffrescamento residenziale.
Secondo le nostre proiezioni, questo valore potrà raggiungere tra 590 e 1365 Mt nel 2050. A titolo di riferimento, le emissioni degli Stati Uniti del 2021 dal settore dell'energia elettrica sono state di 1551 Mt. Le nostre stime suggeriscono quindi che la futura elettricità AC globale potrebbe emettere tra oltre un terzo e quasi l'equivalente delle attuali emissioni totali di elettricità degli Stati Uniti. È interessante notare che osserviamo che nelle regioni in cui si prevede che il settore energetico decarbonizzerà rapidamente, l’aumento dell’utilizzo dell’aria condizionata può disaccoppiarsi dalle emissioni in uno scenario di profonda decarbonizzazione.
Quali sono le differenze nell’adozione dei sistemi di condizionamento dell’aria tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo?
Giacomo Falchetta:
Le disuguaglianze economiche influenzano l’accesso e l’utilizzo dei sistemi di raffreddamento residenziale non solo tra diversi paesi e regioni – ma anche all’interno di ciascuna di esse. Questo significa che – in particolar modo nelle regioni mediamente meno benestanti – osserviamo e osserveremo crescenti disuguaglianze nella possibilità di accedere e utilizzare l’aria condizionata. Famiglie con diversi livelli di reddito ma simili esposizione al calore avranno quindi fortemente diversi (si veda la Figura 3 dell’articolo) tassi di accesso e possibilità di spesa per utilizzare l’aria condizionata. Stimiamo che sino a quattro miliardi di persone potrebbero restare senza accesso all’aria condizionata entro il 2050, pur vivendo in zone in cui ne gioverebbero.
Quali strategie possono essere implementate per ridurre l’impatto energetico e ambientale dei sistemi di condizionamento dell’aria?
Giacomo Falchetta:
I nostri risultati hanno importanti implicazioni politiche per la pianificazione energetica globale, regionale e nazionale, nonché per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni. Non a caso, durante la 28a Conferenza delle Parti (COP28) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), sessantaquattro paesi hanno firmato il Global Cooling Pledge, con l'ambizione di ridurre le emissioni legate al raffreddamento del 68% entro il 2050, aumentare l'accesso al raffreddamento sostenibile entro il 2030 e aumentare della metà l'efficienza media globale dei nuovi condizionatori d'aria.
Altri fattori chiave riguardano la pianificazione edilizia e urbana e soluzioni di raffreddamento passivo. Inoltre, è cruciale maturare una crescente comprensione della povertà legata all’accesso al condizionamento come una problematica multidimensionale e sistemica, riguardando ad esempio la giustizia ambientale e la disponibilità di meccanismi globale e fondi legati all’adattamento, questioni al centro delle recenti conferenze globali sul clima.
Come possono i dati migliorare la pianificazione delle politiche energetiche e climatiche?
Giacomo Falchetta:
L'elevata risoluzione spaziale e la copertura globale delle nostre proiezioni sono di fondamentale importanza per rivelare i futuri hotspot geografici delle disuguaglianze di adattamento climatico in diverse regioni del mondo e sottogruppi di popolazione. Il prodotto interno lordo (PIL) pro capite è identificato come il principale fattore della crescente adozione e utilizzo di AC, evidenziando la grande rilevanza del reddito come fattore abilitante dell'adattamento autonomo, nonché la necessità di una regolamentazione locale delle soluzioni di raffreddamento.
Ciò è fondamentale anche in relazione alla povertà energetica, che si collega alla capacità di adattamento al cambiamento climatico, poiché l'adattamento a temperature più elevate aumenterebbe l'onere energetico degli individui meno abbienti, che stanno già spendendo elevate quote del loro reddito per i servizi energetici.
Nel complesso, il nostro set di dati contribuisce a fornire un importante input alla comunità di modelling che consente di valutare meglio vulnerabilità e adattamento, specie se combinato con informazioni sulla distribuzione spaziale di individui vulnerabili (ad esempio gli anziani). I dati possono poi aiutare le valutazioni globali di mortalità climatica e caratterizzare il ruolo delle opzioni di adattamento nella mitigazione dei rischi per la salute. Inoltre, i nostri dati di output possono essere utilizzati per valutare l'impatto dell'uso dell'aria condizionata residenziale sulla pianificazione e sugli investimenti di energia e rete in un contesto di relazione con la mitigazione dei cambiamenti climatici.
Quali sono le sfide principali nella modellazione dell’uso dell’energia per il raffreddamento a livello globale?
Giacomo Falchetta:
L'approccio empirico adottato nel nostro studio, pur avendo il vantaggio di offrire la possibilità di generare una comprensione globale (anche in zone sprovviste di dati) della situazione e dei trend dell’aria condizionata residenziale, non è in grado di caratterizzare in modo esplicito il cambiamento tecnologico come i futuri miglioramenti nell'efficienza energetica dei condizionatori, l'isolamento dello stock edilizio o altre soluzioni di raffreddamento a basso consumo energetico, nonché il costo eterogeneo dell'acquisto di unità AC nelle regioni del mondo.
Queste trasformazioni sono parzialmente spiegate dalle non linearità del modello, che determinano risposte altamente eterogenee del consumo di elettricità alla proprietà e all'utilizzo dell'AC, con tali risposte mediate da reddito, istruzione e geografia. Queste variabili e le loro trasformazioni previste in diverse aree del mondo incapsulano implicitamente queste trasformazioni tecnologiche e di efficienza.
Studi futuri potrebbero esaminare esplicitamente queste trasformazioni tecnologiche e infrastrutturali per valutarne il potenziale di riduzione della futura domanda di energia di raffreddamento a livello locale e globale. Si veda anche il rapporto IEA The Future of Cooling 2016 in questo senso.
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