Un resoconto da Perugia del 63° CONGRESSO NAZIONALE DEGLI INGEGNERI ITALIANI
Dal 12 al 16 settembre si è svolto presso l’Hotel Ergife Palace Hotel di Roma il 63° Congresso nazionale degli Ingegneri italiani, il cui leitmotiv principale è stata la consapevolezza di costruire ed essere la classe dirigente del Paese.
L’Italia ha la necessità di dotarsi di classi dirigenti in grado di fornire soluzioni e, in generale, di avere un’idea e soprattutto un progetto per il Paese ed il suo futuro.
Zambrano: “Insieme possiamo costruire la classe dirigente”
“Per il nostro sistema, che rappresenta più di 240.000 ingegneri, si tratta di un appuntamento di particolare importanza – ha commentato Armando Zambrano, Presidente del Consiglio Nazionale Ingegneri -. Intendiamo confrontarci con esperti del mercato del lavoro e dell’economia sui temi più attuali che riguardano i diversi ambiti in cui operiamo. Ma anche con i numerosi rappresentanti del Governo e delle istituzioni democratiche. Il quadro economico dell’Italia, sebbene ancora caratterizzato da elementi di incertezza, è in una fase di ripresa, timida, ma evidente. Lo scenario può cambiare, portando con sé una nuova crescita, ma occorre sapere leggere gli eventi ed essere propositivi sulle azioni da intraprendere a favore del Paese e della nostra categoria”.
Gli ingegneri, si distinguono per competenze, rigore e capacità, elementi essenziali per una nuova classe dirigente e sono anche una forza economica significativa del Paese: secondo i dati elaborati dal Centro Studi del CNI, infatti, il settore dell’ingegneria contribuisce attualmente alla formazione dell’1,5% del Pil nazionale e costituisce una punta avanzata del sistema produttivo.
Il valore complessivo del comparto nel 2017 è stato di 25,9 miliardi di euro e nel 2018 si stima possa arrivare a toccare quota 26,7 miliardi, in crescita per due anni di seguito dal 2016.
Zambrano: “Chiediamo al Governo un piano di messa in sicurezza delle infrastrutture. Servono più ingegneri in questo Paese per avviare il processo che garantisca la sicurezza”
“Come ingegneri – ha proseguito Zambrano - non possiamo essere spettatori del cambiamento, ma dobbiamo e possiamo essere protagonisti di un nuovo ciclo di crescita del Paese. Dobbiamo essere coscienti che la nostra professione è sottoposta a stimoli e cambiamenti molteplici: normativi, tecnologici e di mercato. Il sistema ordinistico deve pertanto essere in grado di accompagnare il mutamento, offrendo agli iscritti servizi a maggiore valore aggiunto, diventando un attore della crescita nelle singole realtà produttive che compongono il Paese, accompagnando le giovani generazioni ad essere competitive nel mercato del lavoro. Vogliamo che il Congresso Nazionale 2018 sia, ancora una volta, luogo di confronto di idee e di proposte concrete per rendere l’Ingegneria, ma in generale le professioni liberali, protagonisti della modernizzazione del Paese”.
Parallelamente ai lavori del congresso si sono svolti numerosi workshop tenuti da formatori della Luiss Business School e cui hanno partecipato i delegati dei vari Ordini provinciali, affrontando varie tematiche, quali comunicazione istituzionale, public speaking, leadership, team building e social media.
La relazione del Presidente Zambrano è stata preceduta dalla lectio magistralis di Maurizio Ferraris (Università di Torino) e dagli interventi dei Ministri delle Infrastrutture Danilo Toninelli e del Sud Barbara Lezzi hanno avviato la serie di saluti istituzionali del Congresso degli Ingegneri.
Inevitabili i riferimenti al recente crollo del ponte di Genova; il presidente Zambrano ha chiesto un intervento serio del Governo per la messa in sicurezza delle infrastrutture e il ministro Toninelli, ammettendo la colpa di chi doveva controllare e non lo ha fatto, con la complicità di uno Stato latitante, ha lanciato due importanti traguardi: la rinascita di Genova, tramite un nuovo ponte che sarà un’immagine per la città e la svolta del settore pubblico, e la costituzione di un’agenzia pubblica indipendente per gestire la sorveglianza delle infrastrutture.
Anche il Vice Presidente del CNI, Gianni Massa, si è soffermato su Genova.
Massa: “Essere classe dirigente significa non scambiare per emergenze ciò che dovrebbe essere normalità”
“Il crollo del ponte Morandi – ha detto Massa - ha messo in evidenza un cortocircuito, quello della comunicazione. I nostri rappresentanti politici, presenti e passati, hanno dichiarato la necessità urgente di fare la ricostruzione bene e in fretta, quindi di derogare al codice. E’ un cortocircuito il fatto che la stessa parte politica dedicata a esprimere le norme dica che quelle norme stesse non possano essere utilizzate per farle bene e in fretta. Per essere al centro e costruire una classe dirigente è necessario non scambiare per emergenza ciò che dovrebbe essere la normalità. Abbiamo parlato di codice appalti, di necessità di semplificare. Che cosa può fare un ordine professionale? Può essere quel luogo dove gli ingegneri che lavorano all’interno dell’amministrazione, insieme a quelli sussidiari, incrociano le proprie idee, si confrontano. L’ordine può coinvolgere altri linguaggi, come stiamo facendo da alcuni anni”.
Margiotta: “La rivoluzione digitale sta producendo per i lavoratori intellettuali lo stesso effetto che la rivoluzione industriale ha avuto sulla manodopera operaia. Così come le macchine industriali modificarono e sostituirono il lavoro umano nelle attività produttive materiali, gli algoritmi e l’intelligenza artificiale stanno creando macchine capaci di sostituire i professionisti umani nel lavoro intellettuale, ma vi è una profonda differenza tra gli umani e le macchine, almeno fino ad oggi. La differenza sta nella libertà di coscienza e nell’etica, che è una peculiarità prettamente umana”.
Proprio alla contaminazione dei linguaggi e delle esperienze è stato dedicato il modulo “Storie, visioni, ingegno” che ha beneficiato dei contributi di Giorgia Zunino (ASL Roma), Adriana Rossi (Cern), Gianluca Semprini (Giornalista RAI) e Gabrielle Greison (Fisica e scrittrice).
Oltre ai Ministri Toninelli e Lezzi, di rilievo è stato l’intervento di Salvatore Farina (Capo di Stato Maggiore dell’Esercito): “Riuscire ad esercitare questa professione è una grande scuola di vita. Tutti gli ufficiali dell'accademia hanno frequentato il biennio o il triennio di ingegneria. Le forze armate sono intrise di innovazione e trasformazione. Tutti gli ingegneri e noi tutti insieme possiamo e dovremo realizzare quello che gli italiani si auspicano”.
Farina: Tutti gli ingegneri e noi tutti insieme possiamo e dovremo realizzare quello che gli italiani si auspicano.
Secondo Angelo Borrelli, Capo Dipartimento della Protezione Civile: “Il miglioramento della gestione della fase d'emergenza va fatta in modo strutturale, fino ad oggi era su base volontaria e non si possono più gestire le crisi del paese con continue deroghe riguardo gli appalti”.
Di formazione e innovazione ha parlato Mattia Fantinati, Sottosegretario Ministero per la Pubblica Istruzione: “Abbiamo una sfida coraggiosa e lungimirante, ma credo che a chi ha studiato ingegneria le sfide piacciono parecchio”, mentre per Andrea Cioffi, Sottosegretario Ministero dello Sviluppo Economico: “Gli ingegneri devono avere un ruolo critico, anche verso la politica. Dobbiamo renderci conto dei nostri errori, quando non siamo stati sufficientemente critici perché vivevamo di professione, noi, come ingegneri, avremmo dovuto essere quella parte che criticava la politica. Noi dobbiamo essere quel fronte lì e dare un forte contributo alla politica”.
Rusco: Quando tutti vedono una sola strada in realtà ne esiste almeno un’altra altrettanto valida e spesso migliore.
Al dibattito hanno partecipato anche Giuseppe Amaro (Gae Engineering srl) che ha sottolineato la necessità di avere nuove figure professionali giovani che sappiano utilizzare strumenti innovativi; Rita Cucchiara (Direttore Laboratorio Nazionale Intelligenza Artificiale) si è soffermata sull’intelligenza artificiale, fattore strategico in Italia e nel mondo intero, settore nel quale l’Italia dovrebbe cominciare ad investire, anche nella produzione; Stefano Cuzzilla (Presidente Federmanager) ha affermato che gli ingegneri sono una parte importante della sua organizzazione e, sulla base di questo osservatorio, ha constatato come dal mondo del lavoro arrivi la richiesta di esperienze trasversali e soft skills; Claudio Freddi (Business&Process advisor), infine, ha sottolineato la necessità di avere passione ed un continuo aggiornamento in modo da cogliere le numerose opportunità per gli ingegneri.
Nel corso della tavola rotonda “Ingegneria: le nuove frontiere dei big data e della cybersecurity”, Agostino Bruzzone (Università Genova) ha sostenuto che in un’Italia in crisi economica permanente servono ragazzi che sappiano mettere mano sulle nuove tecnologie e che poi diventino classe dirigente mentre Domenico Favuzzi (Exprivia Italtel) ha testimoniato come la sua azienda selezioni ingegneri di quasi tutte le branche ma con prevalenza nel mondo dell’informatica. Per Michele Pierri (Cyberaffairs), negli ultimi anni è cambiata radicalmente la percezione dell’ingegnere, diventato quasi una pop star del nuovo millennio, soprattutto coloro i quali agiscono nel settore informatico. In questo quadro le competenze dell’ingegnere devono essere trasversali.
Gli ingegneri italiani chiedono al Governo misure di semplificazione fiscale ed amministrativa a favore dei professionisti.
L’ha affermato Armando Zambrano, Presidente del CNI, nel corso della sua relazione.
L’attenzione di Zambrano si è concentrata soprattutto su tre questioni. La prima è la necessità di individuare parametri oggettivi per l’assoggettabilità dei professionisti all’IRAP. L’Imposta Regionale sulle Attività Produttive e la sua applicazione ai lavoratori autonomi resta ancora un tema controverso. Com’è noto, il presupposto dell’imposta è l’autonoma organizzazione. Purtroppo la norma e la giurisprudenza non indicano parametri oggettivi per individuare, per ciascun tipo di attività, l’esistenza o meno di una autonoma organizzazione. Di conseguenza è il giudice di merito ad accertare di caso in caso l’esistenza di tale requisito. I professionisti chiedono di chiarire la definizione di autonoma organizzazione, anche mediante la definizione di criteri oggettivi, ai fini della non assoggettabilità dei professionisti, degli artisti e dei piccoli imprenditori all’imposta regionale sulle attività produttive.
Una seconda questione è quella relativa alla deducibilità dei costi dell’autovettura. La normativa fiscale individua per i professionisti limiti di deducibilità per alcune categorie di spesa attraverso la presunzione legale dell’uso promiscuo. Tra le tipologie di costi sostenuti dai professionisti, che rientrano nella presunzione legale, sono da annoverarsi i costi relativi all’acquisto e all’utilizzo delle autovetture. Attualmente la norma prevede la possibilità di dedurre una percentuale pari al 20% delle spese sostenute. E’ bene ricordare che la percentuale di deducibilità di tale spesa è stata ridotta nell’anno 2012 passando, con più provvedimenti normativi, dal 40% al 20%: una riduzione motivata dalla necessità di recuperare maggior gettito fiscale e non da una reale analisi dell’utilizzo delle autovetture da parte delle aziende e dei professionisti. Se si tiene conto delle novità introdotte in tema di tracciabilità dei pagamenti per le spese di carburante, e la futura introduzione della fatturazione elettronica tra privati, gli ingegneri auspicano l’innalzamento della quota di deducibilità per tale spesa fino al 50%, limitatamente agli esercenti di arti e professioni in forma individuale ed ad un unico veicolo.
Un’ultima importante richiesta degli ingegneri è la modifica del regime forfettario. Attualmente quest’ultimo assoggetta il reddito prodotto ad una imposta sostitutiva, in misura fissa del 15% (ridotta per i primi 3 anni). L’imposta sostituisce l’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), le addizionali regionali, comunali e l’IRAP. Naturalmente la norma limita l’accesso e la permanenza nel regime forfettario al rispetto di determinati parametri tra cui quelli di natura reddituale. Per ciascun settore economico è individuato un limite reddituale ed un coefficiente di redditività. Ad esempio per gli ingegneri il limite è di € 30.000. La proposta che giunge dal Congresso degli Ingegneri è di estendere questo limite a € 50.000 per una vasta gamma di professionisti. Inoltre, al fine di limitare la riduzione del gettito erariale, e per motivi di equità fiscale, si ritiene utile definire, all’interno dello stesso provvedimento, una seconda aliquota pari al 25% per i compensi che superano l’attuale somma di Euro 30.000 fino al raggiungimento della soglia di Euro 50.000 ed un limite reddituale per l’accesso e la permanenza nel regime pari a Euro 50.000.
L’equo compenso è un diritto
In seguito Zambrano è tornato sull’importante questione dell’equo compenso. Ha ricordato, innanzitutto, che la mozione approvata al termine del 62° Congresso nel giugno 2017 stabiliva la assoluta necessità di procedere alla determinazione dell’equo compenso per i lavoratori autonomi ed i professionisti. Un obiettivo raggiunto pochi mesi più tardi con l’equo compenso diventato legge, attraverso l’azione congiunta della Rete delle Professioni Tecniche e del Comitato Unitario delle Professioni e culminata nella manifestazione al Teatro Brancaccio del 30 novembre 2017 dal titolo “L’equo compenso è un diritto”.
Zambrano ha quindi sottolineato come l’equo compenso rappresenti per tutti i professionisti solo un punto di partenza. L’impegno adesso sarà quello di applicarlo e farlo applicare, in particolare dalle pubbliche amministrazioni. Il Centro Studi CNI ha elaborato un documento che ne precisa l’ambito di operatività, soffermandosi proprio sull’estensione della sua applicazione ai contratti stipulati con la pubblica amministrazione. Occorre, secondo Zambrano, rendere effettiva l’applicazione di una disposizione che costituisce un “cambio di paradigma” rispetto ad una logica ed a una teoria economica che ha dimostrato e continua a dimostrare tutti i suoi limiti. I prossimi mesi saranno importanti per completare la normativa sull’equo compenso, rendendola più cogente e soprattutto estesa a tutta la committenza. In questo senso, il Presidente del CNI ha sottolineato l’importanza dell’azione delle professioni.
Di particolare interesse, la tavola rotonda, condotta dal giornalista Andrea Pancani, intitolata “Professionisti nel lavoro che cambia”.
All’incontro, che è stata l’occasione per condividere esperienze da vari settori industriali leader del nostro Paese con un’attenzione particolare alla necessità delle grandi Aziende in contesti lavorativi in continua evoluzione, hanno partecipato Maurizio Del Conte, Mirella Battista (HR Professional Ferrovie dello Stato), Gaetano Manfredi (Presidente CRUI) e Luciano Vasques (AD Eni Progetti).
Franco Bassanini (Presidente Fondazione Astrid) è intervenuto alla giornata conclusiva del 63° Congresso degli Ingegneri Italiani: “Un tempo le comunità, i corpi intermedi, tra i quali ci sono gli Ordini, erano poco considerati. Molte cose sono cambiate negli ultimi decenni: è entrato il principio di sussidiarietà, sia in verticale che per orizzontale; la riforma della camera di commercio; l’autonomia universitaria; la privatizzazione degli enti pubblici e delle casse di previdenza. Gli ordini professionali sono l’espressione di queste autonomie riconosciute. Tuttavia, oggi c’è ancora difficoltà a riconoscere che il ruolo degli ordini professionali non può limitarsi al sindacato ed agli interessi della categoria, ma che debbano dare un contributo alla costruzione di una classe dirigente nuova ed alla decisione delle riforme politiche”.
I lavori sono poi proseguiti con la sintesi dei temi significativi emersi e il dibattito sulla mozione congressuale che è stata approvata.
Come si costruisce una nuova classe dirigente?
Secondo l’indagine realizzata dalla Fondazione del Consiglio Nazionale Ingegneri e da Anpal Servizi, che tratteggia le prospettive occupazionali dei corsi di laurea in ambito ingegneristico, la parola chiave è formazione.
Oggi un immatricolato su cinque sceglie un corso di laurea del gruppo ingegneria che si conferma così il primo gruppo disciplinare per numero di immatricolati.
Il tasso di occupazione degli ingegneri è tra i più elevati: a quattro anni dalla laurea è pari al 93,8%, contro una media generale pari all’83,1%. Inoltre, i laureati in ingegneria trovano presto lavoro: 6 mesi contro i 10 degli altri laureati.
Interessanti anche i dati relativi alla tipologia di contratto. L’82,6% trova occupazione in forma subordinata, l’11,4% in ambito autonomo, solo il 3,4% sono lavoratori part time.
Naturalmente non manca qualche criticità. Uno dei problemi è la distribuzione territoriale delle occasioni lavorative. Il 56,7% dei laureati in ingegneria di Sicilia e Sardegna e il 46% dei laureati meridionali, ad esempio, hanno trovato lavoro nelle regioni del centro-nord. Nel frattempo il 10,8% dei laureati di Lombardia, Piemonte e Liguria ha preferito trasferirsi all’estero. Nel 2017 si sono registrate circa 50mila assunzioni per mansioni professionali ad alta vocazione ingegneristica, con un’età media degli assunti pari a 35,6 anni. Un terzo del monte assunzioni si è concentrato in Lombardia. A seguire il 12% nel Lazio e il 10% in Emilia Romagna.
Nel 2017 la domanda di qualifiche ingegneristiche risulta in crescita: +7% rispetto al 2016. Tra i profili più ricercati ci sono quelli ICT: quasi 24mila analisti e i progettisti di software, circa 5mila Progettisti e amministratori di sistemi. Sono 4.500 invece le assunzioni di Ingegneri energetici e meccanici. Un ultimo dato è quello relativo all’assorbimento di ingegneri nel settore pubblico. Nel 2017 solo una assunzione su dieci è stata effettuata da un ente pubblico.