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Un Corso di Laurea in Digitally Enabled Architectural Engineering?

Se mi si chiedesse di immaginare i contenuti di un corso di laurea (triennale eppoi magistrale oppure a ciclo unico) in Digitally Enabled Architectural Engineering, proverei a ragionare come di seguito.
Prima di tutto, agirei sull'acculturazione digitale delle matricole in termini di Data Science, per insegnare loro la natura e il valore del dato, computazionale.
Sotto questo profilo, il Modelling e le Data Analytics dovrebbero essere appresi prima, e al di fuori, di una cultura tradizionale della rappresentazione, laddove il dato si affranchi ormai dal documento.
Al contempo, tuttavia, occorre ovviare al fatto che molti dei nativi digitali che frequentano oggi le Scuole di Architettura e di Ingegneria acquisiscano sofisticate competenze digitali, avendo, invece, scarse competenze analogiche, nel senso dei saperi tecnici e tecnologici intrinseci.
La questione, paradossalmente, sta nel fatto che la Digitalizzazione muta l'essenza stessa dei componenti edilizi e impiantistici e dei prodotti immobiliari e infrastrutturali: il che comporta la necessità di disporre di saperi analitici sul funzionamento dei «prodotti» che, peraltro, una volta sensorizzati, cambiano significato, ma, soprattutto, incidono profondamente sulla essenza degli attori, degli operatori della Domanda e dell'Offerta.
Sensorizzare, ad esempio, un prodotto vuol dire essere in grado di coglierne preliminarmente il modo di essere e, appunto, di funzionare, oltre che, soprattutto, di generare, dinamicamente, in tempo reale, considerevoli flussi di dati che dovranno essere elaborati e utilizzati al fine di comprendere, in parte semi-automaticamente i fenomeni che li riguardano, dalla produzione (si veda il paradigmatico caso della Fabbrica 4.0 della Bosch a Homburg) alla messa in opera e, in particolare modo, nella vita utile di servizio (qui è iconico il motore avionico di Rolls Royce e il suo risvolto telemetrico).
Vuol dire, come anche per gli interi cespiti, servitizzare il prodotto, renderne il valore attraverso l'erogazione di servizi (e di prestazioni), intersecando tangibile e intangibile: cyber-physically, come per Industria 4.0.
Allo stesso modo, l'edificio e l'infrastruttura interconnessi (non solo con altre entità materiali e immateriali, ma anche cogli occupanti) divengono cognitivi proprio perché in grado di dialogare in tempo reale e individualmente con gli utenti.
È palese, a questo proposito, il carattere «collettivo» e «sistemico» di questi approcci progettuali che vertono essenzialmente sulla dimensione spaziale dei comportamenti dei fruitori dei cespiti costruendi e costruiti.
In questo senso, a iniziare dagli interventi di conservazione del costruito, la fruizione, elemento intangibile, si salda con il mantenimento della consistenza materica, fattore tangibile, andando anche oltre una eccessiva enfasi sulle modalità di «rilievo» del patrimonio esistente, accurate ma non oggettive per loro intrinseca natura e, comunque, prive di molti corredi alfanumerici sul non visibile.
Il prodotto immobiliare o infrastrutturale, in altre parole, nasce con le Operations al centro, sconvolgendo le concezioni radicate di una attitudine che si ferma a una concezione sequenziale e lineare della progettazione, giungendo sino alla Maintenance, nel migliore dei casi.
Secondo questa ottica, serve travalicare le tematiche del Building Information Modelling e del Computational Design per la Digitally Enabled Architectural Engineering che richiede, al di là della centralità della Modularità o delle Forme Complesse, la capacità di generare o di utilizzare i dati strutturati in informazioni a partire dal Digital Briefing Process e dal Digital Sketching.
Ciò spiega le ragioni per le quali le nozioni di Collaborazione e di Integrazione in un simile percorso formativo rivestano un ruolo essenziale, ma non dovrebbero essere ricondotte a un mero team working, a una idea ingenua e improbabile di sintesi tra mentalità, apparati, gerghi.
Un corso di laurea di questo genere dovrebbe, perciò, operare sulla contraddizione, sulla dialettica tra punti di vista interferenti che si alimentano computazionalmente, generando un grande spettro di opzioni, ove, anche secondo una prospettiva rovesciata, utenti, gestori, costruttori, progettisti, committenti, finanziatori, possano inter-agire secondo una prospettiva evolutiva.
È evidente, ad esempio, che la Digital Pre-Occupancy Evaluation introdotta nel Livello Preliminare di Progettazione, implicherebbe una generazione di valore architettonico, per antonomasia, appunto, in antitesi a concetti di conformità pedissequa, per cui la ottimizzazione delle scelte ideative si riversi digitalmente, già nella produzione e nella cantieristica, in maniera originale, misurabile secondo metriche che si evolvono in tempo reale per affrontare l'aleatorietà intrinseca, probabilisticamente.
Come detto, un percorso formativo come quello immaginato deve contenere uno straordinario potenziale trasformativo, che si alimenti di aspetti «provocatori» che riflettano la complessità delle dinamiche del settore, non efficientabili attraverso scenari dechirichiani di riduzionismo meccanicistico.
Un corso di laurea in Digitally Enabled Architectural Engineering dovrebbe, quindi, avere la funzione di formare operatori di una intrapresa territoriale (tra committenza, professione e imprenditorìa), che operino all'interno di contesti di intelligenza geospaziale, in cui attori tradizionali e attori innovativi siano compresenti, come dimostrano, al loro opposto, Smart Home e Intelligent Railways.