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Tutte le modifiche al DPR 380/01 dopo la legge di conversione del Decreto Salva Casa

Quali sono gli articoli del TUE modificati dal Salva Casa? All'interno una rassegna delle modifiche apportate dalla Legge n.105 di conversione del Decreto Salva Casa, articolo per articolo.

Con la legge di conversione (L 105/2024), entrata in vigore il 28 luglio 2024, divengono definitive le modifiche al DPR 380/01 apportate dal Decreto Salva Casa (DL 69/2024).

Si tratta di norme di non facile lettura ed applicazione pratica, su cui tenteremo di fare chiarezza nel prossimo futuro, considerato che coinvolgono diversi istituti sostanziali e disposizioni procedurali per cui si attende il riscontro delle Regioni che potranno legiferare nei limiti dell’art 117 Costituzione.

  

Le principali modifiche apportate al DPR 380/01

  

Art. 2 bis - introduzione comma 1 quater - Recupero a fini abitativi dei sottotetti

Al fine di incentivare l’ampliamento dell’offerta abitativa, con la legge di conversione si è prevista la possibilità di realizzare interventi di recupero a fini abitativi dei sottotetti (con rinvio alle disposizioni regionali di riferimento), anche in deroga alla normativa sulle distanze minime tra gli edifici e dai confini, a condizione che:

  • vengano rispettati i limiti delle distanze vigenti al momento di realizzazione dell’edificio;
  • non siano apportate modifiche all’area del sottotetto, che riguardino la forma e la superficie;
  • sia rispettata l’altezza massima dell’edificio così come assentita nel titolo edilizio che ha previsto la costruzione.

Pur trovando comunque applicazione, qualora sussistenti, le norme regionali già più favorevoli in sostanza il recupero a fini abitativi di cui tratta la norma nazionale, non può comportare sopraelevazioni od ampliamenti.

 

Art. 6 - Modifiche

L’articolo è interessato da due principali modifiche.

1) VEPA modifiche all’art 6 co. 1 lett. b-bis)

Rientrano nell’ambito delle attività di edilizia libera non solo le vetrate panoramiche a tamponamento di balconi e logge ma anche quelle di chiusura di porticati ad eccezione di quelli:

  • gravati, in tutto o in parte, da diritti di uso pubblico;
  • collocati nei fronti esterni dell’edificio prospicienti aree pubbliche.

In merito a questo ultimo punto andrebbe chiarito il concetto di prospicienza rispetto alle aree pubbliche, considerato che lessicalmente, prospiciente significa “orientato verso” aree pubbliche e non solo a confine rispetto alle stesse.

2) introduzione all’art 6 co. 1 della lettera b-ter) - tende ed opere di protezione dal sole e agenti atmosferici.

Costituiscono attività di edilizia libera le opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici la cui struttura principale sia costituita da tende:

  • da sole;
  • da esterno;
  • a pergola, anche bioclimatiche, con telo retrattile, anche impermeabile.

Del pari viene liberalizzata la realizzazione di elementi di protezione solare mobili o regolabili a condizione che:

  • siano addossati o annessi agli immobili o alle unità immobiliari;
  • siano realizzate anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all’estensione dell’opera.

Così come per le VEPA, anche in questo caso, le opere non possono determinare la creazione di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e di superfici, devono avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente, armonizzandosi altresì alle preesistenti linee architettoniche.

  

Art. 9 bis - Ricostruzione dello stato legittimo

Viene modificato il disposto dell’art 9 bis co 1- bis DPR 380/01 imponendo che lo stato legittimo possa, alternativamente, essere ricostruito attraverso l’analisi comparativa dello stato di fatto materialmente in essere e quanto rappresentato:

  • nel titolo abilitativo che ha previsto la costruzione dell’edificio o dell’intera unità immobiliare;
  • dal titolo rilasciato o assentito che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio interessante l’intero immobile o l’intera unità immobiliare.

In questo ultimo caso viene tuttavia posta la condizione che l’Amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo titolo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

Dal contenuto della relazione illustrativa alla legge di conversione si comprende che il legislatore, con la modifica in trattazione, intende tutelare il legittimo affidamento del privato, nel caso in cui l’Amministrazione in sede di istruttoria del titolo abilitativo abbia accertato delle parziali difformità e non le abbia considerate, avendo poi rilasciato un provvedimento favorevole.

Al fine della ricostruzione dello stato legittimo occorrerà tenere conto anche:

  • dei titoli in sanatoria rilasciati/formati (artt. 34-ter, 36, 36-bis e 38 DPR 380/01);
  • delle opere oggetto di sanzione pecuniaria (artt. 33, 34, 37, commi 1, 3, 5 e 6, e 38 DPR 380/01);
  • delle opere rientranti nell’ambito delle tolleranze (art. 34 bis DPR 380/01).

In relazione alle disposizioni relative alla ricostruzione dello stato legittimo degli immobili, per cui sussista un principio di prova relativo all’esistenza di un titolo abilitativo non reperibile materialmente, con le modifiche apportate in sede di conversione, si chiarisce che le stesse si applicano sia nei casi in cui non sia presente la copia del titolo stesso, sia nel caso in cui non siano reperibili i suoi estremi.

Per quanto attiene la presentazione dei progetti edilizi, al fine di agevolare la presentazione degli stessi, viene introdotto il comma 1 ter in cui si dispone che ai fini della dimostrazione dello stato legittimo:

  • delle singole unità immobiliari - non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell’edificio, di cui all’art. 1117 del codice civile;
  • dell’edificio - non rilevano le difformità insistenti sulle singole unità immobiliari dello stesso.

  

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Art. 23 ter - Mutamento d'uso urbanisticamente rilevante

Con la conversione del Decreto salva casa vengono nuovamente liberalizzati i cambi di destinazione anche con opere (il Decreto si occupava principalmente di quelli senza opere) e viene estesa la definizione del mutamento della destinazione d’uso senza opere, comprendendo in tale tipologia di intervento i casi in cui :

  • non sia prevista l’esecuzione di opere edilizie;
  • le opere da eseguire siano riconducibili agli interventi di cui all’articolo 6 DPR 380/01.

Viene poi disposto che il mutamento della destinazione d’uso della singola unità immobiliare all’interno della stessa categoria funzionale (si veda l’elenco di cui precedente comma 1), è sempre consentito, nel rispetto delle normative di settore, ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni.

Sempre in relazione alla singola unità immobiliare, per gli immobili ricompresi nelle zone A), B) e C) di cui all’articolo 2 DM 1444/68, sono altresì sempre ammessi il mutamento di destinazione d’uso tra le categorie funzionali di cui al comma 1, lettere a) (residenziale), a-bis) (turistico-ricettiva), b) (produttiva e direzionale) e c) (commerciale).

Per l’ipotesi descritta, il mutamento di destinazione d’uso non è assoggettato all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale previsto dal medesimo DM 1444/68 e dalle disposizioni di legge regionale, né al vincolo della dotazione minima obbligatoria dei parcheggi previsto dalla legge 17 agosto 1942, n. 1150.

Rimane fermo, ove previsto e nei limiti di quanto stabilito dalla legislazione regionale, il pagamento del contributo richiesto per gli oneri di urbanizzazione secondaria, mentre il legislatore omette qualsiasi riferimento agli oneri di urbanizzazione primaria.

Il successivo co. 1-quater, detta poi specifiche disposizioni qualora il mutamento riguardi le singole unità immobiliari, statuendo che tale intervento è sempre consentito, salva la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni, tra cui la finalizzazione del mutamento alla forma di utilizzo dell’unità immobiliare che replichi quella prevalente nelle altre unità immobiliari presenti nell’immobile.

Per quanto invece attiene alle unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate, il cambio di destinazione d’uso è disciplinato dalla legislazione regionale, che prevede i casi in cui gli strumenti urbanistici comunali possano individuare specifiche zone nelle quali le disposizioni sulla liberalizzazione dei cambi d’uso di cui ai commi da 1-ter a 1-quinquies trovano applicazione.

Con il comma 1-quinquies vengono previsti i titoli abilitativi necessari per le modifiche della destinazione d’uso di cui ai precedenti commi 1-bis e 1-ter, fatta salva la possibilità per le regioni di prevedere livelli ulteriori di semplificazione:

  • a) SCIA nei casi di cambio d’uso senza opere (anche con l’esecuzione di opere di previste ex art 6 bis DPR380/01);
  • b) titolo abilitativo richiesto per l’esecuzione delle opere necessarie al mutamento di destinazione d’uso, nei restanti casi.

Le regioni dovranno adeguare la propria legislazione ai princìpi fissati dalla normativa statale in tema di mutamento d’uso che trovano nel frattempo applicazione diretta.

  

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Art. 24 - Agibilità

Con la legge di conversione viene introdotto all’art 24 il comma 5-bis, statuendo che, nelle more della definizione dei requisiti igienico-sanitari e prestazionali degli edifici (art 20, comma 1-bis DPR 380/01), ai fini della certificazione delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, il tecnico progettista abilitato è autorizzato ad asseverare la conformità del progetto (che evidentemente è stato assentito con tali parametri) alle norme igienico-sanitarie nelle seguenti ipotesi:

  • a) locali con un’altezza minima interna inferiore a 2,70 mt, fino al limite massimo di 2,40 mt;
  • b) alloggio monostanza, con una superficie minima, comprensiva dei servizi, inferiore a 28 mq, fino al limite massimo di 20 mq, per una persona, e inferiore a 38 mq, fino al limite massimo di 28 mq, per due persone.

La disposizione è diretta a disciplinare le fattispecie relative ad immobili esistenti, prevedendo quale condizione per l’asseverazione di cui sopra che gli stessi soddisfino il requisito dell’adattabilità, così come definito dal DM 236/89.

Viene posta anche un’ulteriore condizione in quanto:

  • a) deve trattarsi di locali situati in edifici sottoposti a interventi di recupero edilizio e di miglioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie;
  • b) in alternativa, sia contestualmente presentato un progetto di ristrutturazione con soluzioni alternative atte a garantire, in relazione al numero degli occupanti, idonee condizioni igienico-sanitarie dell’alloggio, ottenibili prevedendo una maggiore superficie dell’alloggio e dei vani abitabili ovvero la possibilità di un’adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione e tipologia delle finestre, dai riscontri d’aria trasversali e dall’impiego di mezzi di ventilazione naturale ausiliari.

Restano comunque ferme le deroghe ai limiti di altezza minima e superficie minima dei locali previste a legislazione vigente.

  

Art. 31 - Proroga del termine di ripristino volontario e vendita beni acquisiti

Con la legge di conversione viene formalizzata (in aggiunta al disposto di cui all’art 31, comma 3) la possibilità di prorogare con atto motivato, fino a un massimo di duecentoquaranta giorni, il termine ordinario, pari a 90 gg, previsto per il ripristino degli interventi di nuova costruzione in assenza o totale difformità dal titolo.

La proroga deve essere motivata:

  • da serie e comprovate esigenze di salute dei soggetti residenti nell’immobile all’epoca di adozione dell’ingiunzione;
  • da assoluto bisogno o di gravi situazioni di disagio socio-economico, che rendano inesigibile il rispetto del termine conferito.

Come noto, in caso di realizzazione di un intervento di nuova costruzione in assenza di permesso di costruire, l’esecuzione tardiva ovvero l’inottemperanza dell’ordine di demolizione, secondo quanto statuito dallo stesso art 31 co 3 DPR 380/01, comporta l’acquisizione dell’immobile abusivo al patrimonio disponibile dell’Amministrazione comunale.

L’intervento contestato con il provvedimento repressivo dovrà essere demolito salvo che, con delibera di Consiglio comunale, non si valuti che la sua conservazione consenta di tutelare un interesse pubblico circostanziato.

Il Decreto Salva Casa prevede che la conservazione dell’immobile, attuata previa delibera di Consiglio Comunale, possa avvenire qualora non sussistano prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, culturali, paesaggistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico.

L’analisi di tali interessi avviene acquisendo gli assensi necessari dalle amministrazione competenti alla tutela degli stessi.
Anche qualora l’amministrazione opti per non conservare l’immobile oggetto di ingiunzione alla demolizione, potrà provvedere all’alienazione del bene e dell’area di sedime determinata ai sensi del precitato comma 3, condizionando sospensivamente il contratto alla effettiva rimozione delle opere abusive da parte dell’acquirente.

Il prezzo dell’immobile è determinato nel valore venale dei beni, periziato dall’Agenzia delle Entrate, tenuto conto anche dei costi funzionali alla demolizione. Alla procedura di alienazione non potrà partecipare il responsabile dell’abuso.

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