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Trasformazione di finestra in porta-finestra con creazione di superfici utili: è ristrutturazione edilizia, impossibile la sanatoria paesaggistica postuma

Gli interventi che alterano, anche sotto il profilo della distribuzione interna e del concreto utilizzo, l'originaria consistenza fisica dell'immobile e comportano la modifica e ridistribuzione funzionale dei volumi esistenti, non si configurano né come manutenzione straordinaria, né come restauro conservativo, ma rientrano nell'ambito della ristrutturazione edilizia.

Cosa rappresenta, a livello edilizio-urbanistico, la nozione di “creazione di superfici utili o volumi” di cui all’articolo 167 comma 4, lettera a), del Codice Urbani (d.lgs. 42/2004)? Quando dei 'dati' interventi possono ssere riconducibili in quel perimetro? E quali sono le differenze tra una ristrutturazione edilizia e una manutenzione ordinaria o straordinaria?

C'è un po' di tutto, nella sentenza 11390/2023 del 31 dicembre scorso del Consiglio di Stato, interessante perché va a intersecare le norme del Testo Unico Edilizia (dpr 380/2001) e quelle paesaggistiche.

 

L'autorizzazione paesaggistica in sanatoria della discordia

L'oggetto del contendere è rappresentato da un'autorizzazione paesaggistica in sanatoria concessa da un comune, e confermata dal TAR, per alcune opere che consistevano nella suddivisione di un locale, originariamente unico, con destinazione garage-cantina, con creazione di due monolocali ad uso civile abitazione.

Il comune ha dapprima rilasciato l'accertamento di compatibilità paesaggistica, e in seguito, anche la richiesta attestazione di conformità in relazione ad alcuni interventi realizzati nell'ambito del medesimo stabile.


Il ricorso

Con il primo motivo di appello gli appellanti lamentano che erroneamente il TAR avrebbe ritenuto possibile nel caso in esame rilasciare la c.d. "autorizzazione paesaggistica postuma in sanatoria" ai sensi dell'articolo 167, comma 4 del decreto legislativo 42/2004.

In particolare, con il motivo in questione gli appellanti negano che sussistessero le eccezionali condizioni di cui al richiamato comma 4 e, in particolare, negano che ricorressero:

  • le condizioni di cui alla lettera a) (mancata creazione di superfici utili o volumi, ovvero aumento di quelli già in precedenza legittimamente realizzati);
  • le condizioni di cui alla lettera c) (riconducibilità degli interventi in contestazione alla nozione d manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del dpr 380/2001).

 

Autorizzazione paesaggistica postuma: non ci sono le condizioni. Ma perché?

Per il Consiglio di Stato il ricorso è fondato, perché mancano le condizioni per la concessione dell'autorizzazione paesaggistica in sanatoria.

In primis, il Collegio è chiamato a stabilire l'esatto significato da riconoscere alla nozione di “creazione di superfici utili o volumi” di cui all’articolo 167, comma 4, lettera a), cit. e se gli interventi realizzati dall’odierno controinteressato fossero riconducibili a tale nozione.

Ai sensi del comma 4 dell'articolo 146 del decreto legislativo 42/2004 (il quale, nella sua attuale formulazione, riprende in sostanza la generale previsione di cui all’originario articolo 146, comma 10, lettera c)), l'autorizzazione paesaggistica non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione – anche parziale – degli interventi cui si riferisce.

Il medesimo comma 4 stabilisce, tuttavia, che tale generale divieto non trova applicazione in alcune ipotesi fra cui – ai fini che qui rilevano – quella degli interventi cc.dd. ‘minori’ di cui al successivo articolo 167, comma 4.

In base a generali criteri ermeneutici, siccome le ipotesi di cui al comma 4, cit. recano eccezione a un principio di ordine generale (quello della generale non sanabilità ex post degli interventi assoggettati ad autorizzazione paesaggistica), le relative previsioni sono di stretta interpretazione e – nei casi dubbi - l’interprete deve prediligere l’opzione che abbia per effetto quello di restringerne (e non di ampliarne) il campo di applicazione.

Tanto premesso, questi interventi potevano essere ricondotti al novero degli interventi ‘minori’ di cui al richiamato articolo 167, comma 4?

No. Ma perché?

 

Opere interne di ampliamento: non aumentano la volumetria, ma creano nuove superfici utili

Palazzo Spada evidenzia che si tratta di interventi che non hanno determinato incrementi della volumetria del fabbricato e della superficie astrattamente calpestabile, ok.

Però, ci si domanda, l'intervenuta trasformazione di alcuni locali da un uso autorimessa ad un uso abitativo hanno invece determinato la “creazione di superfici utili” richiamata dal ridetto comma 4?

La locuzione utilizzata dal legislatore sembra prestarsi astrattamente a due interpretazioni:

  • quella secondo cui, in caso di mancato aumento della superficie, l’intervento potrebbe essere comunque ascritto al novero di quelli ‘minori’;
  • quella secondo cui anche il cambio di destinazione che abbia consentito un diverso e più intenso utilizzo della superficie preesistente – invariata in termini assoluti – impedirebbe la sanatoria.

Secondo il Consiglio di Stato, bisogna propendere per la seconda delle richiamate opzioni interpretative, per almeno due ragioni.

In primis, per una ragione di ordine testuale: il legislatore esclude che possano rientrare nel novero degli interventi minori quelli che abbiano determinato “creazione di superfici utili o volumi”. Ne consegue che: mentre nel caso della volumetria l'invarianza consente comunque di predicare il carattere ‘minore’ dell’intervento, al contrario, nel caso della superficie, anche un intervento realizzato in invarianza (ma che abbia modificato la composizione relativa della superficie e la sua concreta utilizzabilità) può esulare dall'ambito di quelli di carattere 'minore'.

La seconda ragione che induce a propendere per la seconda (ed, evidentemente, più tutelante) delle opzioni sul campo rimanda al ripetuto canone ermeneutico di ordine generale: quello secondo cui le disposizioni di carattere eccettuale (quali il comma 4 dell’articolo 167, cit.) sono di stretta interpretazione e non debbono avere quale effetto quello di ampliare la portata delle deroghe oltre quanto strettamente consentito dal portato testuale della disposizione oggetto di interpretazione.

A fronte di due possibili interpretazioni (entrambe astrattamente plausibili) del richiamato comma 4 l’interprete deve dunque privilegiare quella maggiormente conforme al principio di tendenziale inestensibilità delle ipotesi di autorizzazione postuma in sanatoria rispetto a quella tendenzialmente difforme rispetto a tale principio.

In definitiva: siccome gli interventi realizzati avevano certamente determinato - sia pure nell’invarianza della superficie in termini assoluti - un oggettivo incremento della ‘superficie utile’ in termini abitativi, gli stessi non erano ascrivibili al novero degli ‘interventi minori’ di cui all’articolo 167, comma 4 del decreto legislativo 42/2004.

 

Tra ristrutturazione edilizia e manutenzione: se si trasforma l'edificio...

Nel finale, Palazzo Spada si chiede se gli interventi fossero veramente ascrivibili alle ipotesi di cui alla lettera c) del richiamato comma 4 dell’articolo 167 (riconducibilità degli interventi in contestazione alla nozione di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del dpr 380/2001).

Anche qui la risposta è negativa, in quanto tali interventi avevano consentito:

  • i) il cambio di destinazione d'uso di una preesistente autorimessa in abitazione;
  • ii) la trasformazione di una preesistente finestra in porta-finestra, nonché
  • iii) l'apertura ex novo di una porta-finestra in precedenza inesistente.

Va richiamato al riguardo il consolidato orientamento secondo cui gli interventi che alterano, anche sotto il profilo della distribuzione interna e del concreto utilizzo, l'originaria consistenza fisica dell'immobile e comportano – inter alia - la modifica e ridistribuzione funzionale dei volumi esistenti, non si configurano né come manutenzione straordinaria, né come restauro conservativo, ma rientrano nell'ambito della ristrutturazione edilizia.

In particolare, interventi che abbiano quale conseguenza quella di alterare l'originaria consistenza fisica dell'immobile con la modifica dell'originaria destinazione d'uso sono incompatibili con i concetti di manutenzione straordinaria e di risanamento conservativo.

Per tale dirimente ragione gli interventi all’origine dei fatti di causa non potevano essere ricondotti a quelli contemplati dall’articolo 167, comma 4, lettera c) del decreto legislativo 42/2004.


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