Trasferte professionisti: il committente può pagare le spese di viaggio
- il primo intervento in ordine di tempo è quello recato dal L. 223/2006 che stabilì la piena deducibilità delle spese sostenute dal committente per conto del professionista e da questi addebitate in fattura (altresì definite “prepagate”); un meccanismo perverso, di fatto inapplicabile per la complessità delle questioni amministrative che si venivano a creare. Tale disciplina è risultata applicabile sino al 2014;
- il secondo intervento, che ha esplicato efficacia dal 2015, e puntava a superare tale scenario, è quello recato dal Lgs. 175/2014, che eliminò tale previsione, statuendo che le spese alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande non costituiscono compensi in natura. Rimaneva scoperto il nodo delle spese di viaggio che, se pagate direttamente dal committente, costituiscono compensi in natura per il professionista che si è spostato;
- da ultimo, occorre annoverare il recente intervento del L. 193/2016 che esclude il formarsi di un reddito in natura in relazione alle spese di viaggio pagate dal committente. Dal 2017 tutte queste spese possono essere tranquillamente pagate dal committente senza che si vengano a presentare ricadute reddituali in capo al professionista incaricato della trasferta.
L’intervento di per sé è molto semplice e risolve la lacuna che era rimasta a seguito del D.Lgs. 175/2014. Il decreto fiscale, di fatto, equipara il trattamento fiscale delle spese di viaggio e trasporto a quelle alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande. Ovviamente tale equiparazione riguarda unicamente l’esclusione dalla retribuzione in natura di tali componenti, non anche le limitazioni alla deduzione (le spese di viaggio, infatti, rimangono deducibili al 100%; ad eccezione dei costi auto che invece continuano a subire le limitazione dell’articolo 164 Tuir).
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