Transizione energetica: efficienza e rinnovabili contro le crisi
L’instabilità geo-politica causata dalla decisione di Vladimir Putin di invadere l’Ucraina ha mostrato con chiarezza le fragilità legate alla dipendenza da fonti fossili dei paesi europei.
La strategia europea per uscire da questa fase di stallo si chiama REPowerEU e punta sull’emancipazione energetica dai combustibili fossili attraverso la transizione verde.
Cosa significa in termini pratici per l’Italia? Cosa deve fare il nostro Paese per uscire dalla crisi dei prezzi del gas?
La crisi geo-politica è una crisi energetica
Con l’invasione Russa dell’Ucraina, l’Italia si è ritrovata, insieme agli altri paesi europei, a fare i conti con la necessità di attivare un meccanismo di sanzioni economiche e di interrompere l’acquisto di fonti fossili, in primis il gas che da solo porta nelle casse del Cremlino una media di circa 400 milioni di euro al giorno, inclusi circa 92 milioni di euro al giorno versati dall’Italia.
Questa dipendenza dai combustibili fossili, qualunque sia la provenienza, è alla base di una triplice crisi: di natura geopolitica, legata all’instabilità dei rapporti con i paesi produttori - oggi la Russia -, di natura economica legata alla volatilità dei prezzi dei combustibili fossili che innescano e amplificano il susseguirsi di crisi economiche, e non ultimo di natura climatica. Il gas è il principale responsabile delle emissioni di gas serra dalla combustione di fonti fossili in Italia, con un contributo del 44%. La buona notizia è che le tre crisi hanno in comune anche la soluzione: l’accelerazione della transizione climatica.
REPowerEU, la strategia europea per uscire dal gas russo
La strategia europea per uscire dalla dipendenza dai combustibili fossili russi è dettagliata nel piano REPowerEU, presentato il 18 maggio scorso proprio dalla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
Il piano europeo verte su tre pilastri:
- incremento della generazione elettrica da fonti rinnovabili;
- maggior efficienza energetica;
- diversificazione degli approvvigionamenti di gas.
I primi due pilastri sono in grado di portare a soluzioni di medio e lungo termine eliminando la necessità di combustibili fossili, e la loro implementazione passerà per il pacchetto Fit for 55, ossia la riduzione del 55 percento delle emissioni entro il 2030, attualmente fase di discussione a Bruxelles, il primo passo per raggiungere gli obiettivi climatici europei.
Il terzo pilastro è necessario nel breve periodo per sostituire le forniture russe fino a che la domanda di gas e combustibili fossili viene ridotta dall’azione dei primi due pilastri.
Tuttavia, se da un lato tale sostituzione delle forniture gas è necessaria, dall’altro è fondamentale che questa avvenga attraverso lo sfruttamento delle infrastrutture esistenti. In particolare se consideriamo il calo previsto della domanda gas, che per il gas è stimata al 40% nel 2030 rispetto al 2021. Questo permette di evitare che investimenti verso nuove infrastrutture, come rigassificatori e gasdotti, e nuovi contratti di lungo periodo, diventino assets obsoleti i cui costi peseranno sul bilancio dello stato e sulle bollette degli utenti per anni a venire, oltre a essere incompatibili con l’obiettivo di 1,5°C.
Tutte le scelte gas devono dunque essere attentamente valutate rispetto al loro impatto sui costi, alla compatibilità con l’obiettivo climatico dell’1,5°C e messe a confronto diretto con le alternative pulite disponibili da subito e meno costose.
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Una strategia per il Mediterraneo
La sola diversificazione dei fornitori lungi dall’essere una soluzione vincente sul lungo periodo. È innegabile che la maggior parte dei paesi esportatori sia collocata in regioni dalla stabilità solo apparente, come il Mediterraneo o l’Africa subsahariana, e non è possibile escludere nuovi rischi di interruzione delle forniture in futuro. Prendiamo il caso dell’Algeria, che in seguito ai nuovi accordi diventerà la principale fonte di approvvigionamento gas dell’Italia. Legarci a lungo termine a questo Paese dalle diverse fragilità economiche, sociali e politiche che ribollono sotto l’apparente stabilità della sua classe politica è un rischio che non possiamo permetterci. Questo potrebbe infatti implicare anche una richiesta di allineamento della nostra politica estera alle domande dello stato algerino, come è stato il caso per la Spagna, sotto il ricatto dell’interruzione delle forniture.
Cosa dovrebbe fare l’Italia?
Nell’ambito delle rinnovabili, l’Italia dovrà passare dall’attuale 1,5 GW di nuove installazioni di capacità elettrica rinnovabile annua a non meno di 10 GW per essere in linea con l’ambizione di REPowerEU. L’attuale tasso di installazione infatti consentirebbe all’Italia di raggiungere i propri obiettivi climatici del 2030 solo nel 2071. Effettuare questa accelerazione invece può portare alla sostituzione di almeno 7,5 miliardi di metri cubi di gas entro il 2025, circa un quarto delle importazioni italiane di gas dalla Russia, ed è ben all’interno delle capacità dell’industria italiana, che Elettricità Futura stima in 20 GW all’anno.
La forte accelerazione allo sviluppo delle rinnovabili imporrà poi modifiche nel disegno del mercato elettrico, oggi fortemente orientato allo sviluppo di nuova capacità gas e presenterà la necessità di seguire la strada imboccata dal G7 di preparare una strategia di decarbonizzazione del settore elettrico entro il 2035, in linea con gli scenari compatibili con l’1,5°C e il net-zero al 2050 dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA).
Un altro settore chiave è quello edilizio. In quest’ambito, dare seguito al REPowerEU significa rivedere l’intero impianto di incentivi, al fine di escludere il gas dagli interventi di ristrutturazione. Ciò significa rinnovare il Superbonus 110, ridisegnandolo, per renderlo uno strumento mirato e di lungo periodo in grado di affrontare l’efficientamento del complesso panorama edilizio italiano, eliminandone la dipendenza dal gas.
Il Superbonus 110% è infatti un buon meccanismo che valorizza l’efficientamento energetico nel suo complesso, ma è gravato da alcuni problemi. In primis si tratta di un meccanismo a orizzonte temporale ristretto, e questo inevitabilmente causa problematiche di costo e accesso ai materiali, dal momento che l’incertezza sul futuro dell’incentivo concentra un elevato numero di richieste in un periodo ristretto di tempo.
In secondo luogo, pone delle condizioni di accesso troppo deboli vista l’entità dell’incentivo e gli obiettivi di REPowerEU, dal momento che richiede un miglioramento di due sole classi energetiche, e non esclude seconde case o l’installazione di caldaie a gas. In terzo luogo, il Superbonus, ma in generale tutti gli incentivi, sono uno strumento socialmente regressivo che risulta più fruibile dalle famiglie più abbienti che vivono in edifici e villette indipendenti, rispetto a chi vive in condomini e case popolari. La riorganizzazione di questo meccanismo per meglio indirizzarlo verso chi ha più bisogno di sostegno lo renderebbe anche meno oneroso per lo Stato e quindi più sostenibile come strumento permanente della transizione.
Un aumento del tasso di ristrutturazioni profonde è anche il prerequisito per raddoppiare le installazioni di pompe di calore previste al 2025, fino a raggiungere 1,2 milioni di nuove unità, per un risparmio di circa 1 miliardo di metri cubi di gas. Nella produzione di pompe di calore la tecnologia italiana costituisce un’eccellenza a livello europeo e internazionale. Circa il 60% del valore della produzione nazionale, aumentato nel 2021 del 4% rispetto al 2019, viene esportato.
I prossimi passi
La risposta strutturale al problema della dipendenza dal gas russo dunque coincide con la risposta al problema degli alti costi del gas e a sua volta coincide con la risposta alla crisi climatica. Questa risposta, contenuta nel pacchetto Fit for 55, consiste nella riduzione del consumo di gas tramite l’incremento dell’efficienza energetica e nella sostituzione della generazione a gas con generazione rinnovabile. REPowerEU riprende questa risposta e la accelera, affiancando a queste misure strutturali delle misure di rapido impatto come la diversificazione delle fonti gas, che mirano a dare una risposta nel breve periodo alle implicazioni geopolitiche della dipendenza dal gas russo ma che non affrontano la radice del problema.
Se l’Italia sarà in grado di imboccare la via di uscita indicata dall’Europa e sarà in grado di affrontare la propria dipendenza dal gas, allora potrà dare una risposa alla triplice crisi - economica, geopolitica e climatica - che essa causa. Se invece le soluzioni si limiteranno alla riduzione della dipendenza dalla Russia senza ridurre la dipendenza dal gas allora nella peggiore tradizione italiana, sposterà semplicemente altrove il problema, senza raggiungerne una soluzione strutturale.