Tra Verande e VEPA
Una recente sentenza del TAR Emilia Romagna consente di fare il punto sulla distinzione di opere apparentemente simili, le verande e le vetrate panoramiche amovibili (VEPA), che si differenziano per la creazione (o meno) di un nuovo volume edilizio.
Potrebbe apparire strano che le opere di edilizia libera occupino la giurisprudenza in quanto dovrebbero essere di immediato e univoco apprezzamento visto che sono sottratte a qualsivoglia titolo edilizio o anche mero obbligo di comunicazione preventiva e, dunque, di immediata e incontestata realizzazione. Invece i sottili discrimini tecnici e modalità di utilizzazione che ne caratterizzano le varie tipologie ne fanno oggetto di frequente disamina in sede giudiziaria e in questo scritto l’Autrice espone un utile orientamento desumibile da una recente sentenza.
*presentazione di Ermete Dalprato
Una recente sentenza del T.A.R. Emilia Romagna (Parma, Sezione I, 10 dicembre 2024 n. 373) consente di fare il punto sulla distinzione di opere apparentemente simili ma con funzioni e regimi giuridici nettamente distinti che impegnano costantemente tanto gli operatori pubblici che quelli privati.
Si tratta di realizzazioni in cui il discrimine tra un’ipotesi e l’altra viene dato dall’analisi dei singoli elementi costruttivi e che destano particolare interesse in quanto elementi migliorativi delle abitazioni.
La struttura contestata
La fattispecie posta al vaglio della magistratura amministrativa nella recente pronuncia del TAR Emilia Romagna, riguarda un ordine di demolizione emesso dall’Amministrazione comunale a seguito di alcuni accertamenti tecnici in cui veniva contestata la realizzazione di un intervento qualificato quale nuova costruzione.
In particolare veniva accertato che lungo l'intero sviluppo del balcone dell’edificio, era stata realizzata una struttura costituita da n. 12 vetri aventi dimensioni pari a cm. 40 di base x cm. 294 di altezza circa.
I vetri erano stati installati in corrispondenza del bordo balcone in aderenza alla ringhiera e montati su guide metalliche tassellate in basso sulla pavimentazione e nella parte alta al balcone superiore.
Sul balcone in questione era stato poi posizionato un lavabo con rubinetti, una lavatrice, vari mobili e stenditoi determinando la realizzazione, secondo la tesi dell’Amministrazione Comunale "di un locale adibito stabilmente a "lavanderia".
Sul medesimo balcone era stata installata trasversalmente una divisoria a vetro che divideva lo stesso in due parti, rendendo le due unità immobiliari comunicanti fra di loro mediante una porta. Nella parte ispezionata lo sviluppo lineare della struttura era pari ad una lunghezza di m. 3,20, corrispondenti ad 8 moduli in vetro separati l'uno dall'altro da un piccolo setto divisorio in materiale plastico. Su uno dei vetri era installata una piccola ventola manuale avente funzione di ricambio aria" .
L'art. 6, comma 1, lett. b-bis) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, nella versione vigente ratione temporis al momento dell'adozione degli atti impugnati, prevedeva che "gli interventi di realizzazione e installazione di vetrate panoramiche amovibili e totalmente trasparenti, cosiddette VEPA, dirette ad assolvere a funzioni temporanee di protezione dagli agenti atmosferici, miglioramento delle prestazioni acustiche ed energetiche, riduzione delle dispersioni termiche, parziale impermeabilizzazione dalle acque meteoriche dei balconi aggettanti dal corpo dell'edificio o di logge rientranti all'interno dell'edificio, purché tali elementi non configurino spazi stabilmente chiusi con conseguente variazione di volumi e di superfici, come definiti dal regolamento edilizio-tipo, che possano generare nuova volumetria o comportare il mutamento della destinazione d'uso dell'immobile anche da superficie accessoria a superficie utile. Tali strutture devono favorire una naturale microaerazione che consenta la circolazione di un costante flusso di arieggiamento a garanzia della salubrità dei vani interni domestici ed avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l'impatto visivo e l'ingombro apparente e da non modificare le preesistenti linee architettoniche".
VEPA: requisiti e caratteristiche
Con tale disposizione, introdotta dalla L. 21 settembre 2022, n. 142, il Legislatore ha evidentemente inteso liberalizzare la realizzazione delle cc.dd. VEPA (vetrate panoramiche amovibili e totalmente trasparenti), a condizione che l'installazione delle vetrate non realizzi uno spazio stabilmente chiuso.
Ai fini della configurabilità delle VEPA sono necessarie specifiche caratteristiche tecniche (amovibilità, trasparenza, mantenimento della microaereazione, minimo impatto visivo e ingombro apparente) e determinati requisiti funzionali (protezione dagli agenti atmosferici, riduzione delle dispersioni termiche, parziale impermeabilizzazione dalle acque meteoriche, mancanza della chiusura stabile degli spazi esterni) (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 8 maggio 2024 n. 4148).
Da un punto di vista tecnico strutturale è necessario che:
- a) l'opera principale sia costituita dalla "vetrata panoramica", quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata a una migliore fruizione dello spazio esterno;
- b) a differenza della veranda, la VEPA deve avere una struttura che costituisca elemento meramente accessorio rispetto alla vetrata, necessario al sostegno della stessa;
- c) i pannelli costituenti le vetrate debbono essere non soltanto facilmente amovibili ma anche completamente retraibili, privi di elementi di fissità, stabilità e permanenza tali da creare uno spazio chiuso, stabilmente configurato che possa alterare la sagoma ed il prospetto dell'edificio (cfr. in termini, sulla specifica questione delle cc.dd. pergotende, Consiglio di Stato, sez. II, 6 giugno 2023 n. 5567).
VEPA in edilizia libera: ecco quando
In definitiva, nel rispetto delle caratteristiche indicate, l'utilizzo di vetrate panoramiche non comporta la creazione di un nuovo volume quando sia effettuato ai soli fini di protezione temporanea dagli agenti atmosferici, riduzione delle dispersioni termiche e conseguimento di condizioni di maggiore vivibilità in uno spazio esterno che conservi tale natura e funzione e non si trasformi quindi in un locale chiuso potenzialmente abitabile.
Secondo il TAR i pannelli, poi, sono posizionati nella parte interna del balcone, prima della ringhiera perimetrale, ragion per cui non vi è alcuna sporgenza rispetto alla sagoma dell'edificio, così come è evidente trattarsi di materiale amovibile per essere l'intera struttura ancorata al balcone "mediante guide metalliche tassellate in basso sulla pavimentazione e nella parte alta al balcone superiore" (così il verbale di sopralluogo dei tecnici comunali).
In definitiva, le vetrate a pannello utilizzate realizzano solo una precaria delimitazione del balcone, priva di elementi di fissità, stabilità e permanenza, quindi non creano alcuno spazio chiuso stabilmente configurato e non risultano sporgenti rispetto alla sagoma dell'edificio, ragion per cui non può parlarsi di organismo edilizio connotantesi per la creazione di nuovo volume o superficie, risultando pertanto sussumibili negli interventi soggetti a edilizia libera di cui all'art. 6, comma 1, lett. b-bis) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
La veranda crea nuovo volume, la VEPA no
Sempre secondo la pronuncia in commento, non è persuasiva, inoltre, la tesi sostenuta dalla controinteressata, secondo cui il posizionamento sul balcone in questione di un lavabo con rubinetti, di una lavatrice, di vari mobili e stenditoi avrebbe determinato la realizzazione "di un locale adibito stabilmente a "lavanderia"".
La questione rilevante, infatti, è l'idoneità della chiusura tramite i pannelli di vetro a configurare uno spazio stabilmente chiuso con conseguente variazione di volume e di superficie. Orbene, una volta esclusa tale idoneità, per le ragioni in precedenza indicate, è irrilevante la scelta dei componenti di arredo del balcone, elemento questo eventualmente valutabile sotto il profilo della compatibilità con il regolamento condominiale.
Quindi a fronte di tale conclusione vanno evidenziati gli elementi distintivi che diversamente connotano le verande, che a seconda dei casi, possono costituire opere qualificabili quali ristrutturazione edilizia (es vetrate a tamponamento di una loggia) ovvero nuova costruzione (tamponamento di un balcone).
Secondo le definizioni tecniche uniformi statali, la veranda (si veda punto 42) costituisce un locale, pertanto un volume chiuso, o comunque uno spazio coperto a seconda dei casi un loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate trasparenti ed impermeabili, parzialmente o totalmente apribili.
Quello che connota la veranda è la creazione di un nuovo volume, spesso attraverso la realizzazione montanti stabili per infissi per cui costante giurisprudenza statuisce che “trattandosi di strutture fissate in maniera stabile al pavimento che comportano la chiusura di una parte del balcone, con conseguente aumento di volumetria e modifica del prospetto, sono senza dubbio soggette al preventivo rilascio di permesso di costruire, non costituendo una pertinenza in senso urbanistico. La veranda integra un nuovo locale autonomamente utilizzabile il quale viene ad aggregarsi ad un preesistente organismo edilizio, per ciò solo trasformandolo in termini di sagoma, volume e superficie” (cfr. Cons. Stato sez IV, 23 luglio 2024, n. 6627; nello stesso senso Cons. Stato, VI, 28 giugno 2023, n. 6301, che richiama Cons. Stato, VI, 9 ottobre 2018, n. 5801).
LA SENTENZA E' SCARICABILE IN ALLEGATO
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