Tra primo e terzo condono edilizio: le date corrette per la sanatoria, il frazionamento e l'inidoneità funzionale
Consiglio di Stato: assume rilievo decisivo, per il diniego della sanatoria, la circostanza della inidoneità funzionale dell’ampliamento volumetrico, stante anche la mancanza di infissi, a prescindere dal raggiungimento o meno dello stadio ultimativo entro la data
Quando una sanatoria è impossibile? Il Consiglio di Stato, nella sentenza 7348/2022 dello scorso 22 agosto, ci ricorda alcune caratteristiche che portano al diniego del terzo 'condono' edilizio (quello del 2003), dentro la storia che ha per protagonisti i proprietari di singole unità immobiliari facenti parte di un unico fabbricato destinato a civile abitazione realizzato negli anni ’80.
Il comune aveva annullato i titoli abilitativi conseguiti dagli appellanti per effetto dell’ultimo condono edilizio, in quanto l’immobile oggetto di condono non risultava completo di tompagnature esterne alla data dell’11 luglio 2003.
Il TAR compoetente ha respinto il ricorso di primo grado, evidenziando che “dalla relazione tecnica senza data ma allegata alla richiesta di concessione in sanatoria del 16/1/2013 e depositata presso il Comune in data 17/1/2013, l’ausiliario ha tratto la conclusione che a quella data le sopraelevazioni al 1° ed al 2° piano mancavano di tompagnature esterne, di tramezzature interne, di impianti e di finiture, dal momento che nei grafici allegati alla citata istanza i piani in sopraelevazione venivano così rappresentati; similmente dalle richieste di concessione in sanatoria depositate l’11/7/2013 e relative relazioni tecniche deve desumersi che le tompagnature esterne e le tramezzature interne non erano state ancora realizzate alla data del 31/3/2003, ed ancora dalla richiesta di definizione di illeciti edilizi assunta al prot. del Comune di ... il 10/12/2004 si evince che alla data del 31/3/2003 lo stato dei lavori era parziale. Viceversa, come da comunicazione di notizia di reato del 15/9/2003 che dava atto dell’avvenuta violazione dei sigilli e della realizzazione di lavori, a tale successiva data erano presenti tompagnature esterne e tramezzatura interna, ma non gli impianti e le finiture”.
Siamo quindi di fronte ad un caso nel quale il CTU fornisce una sua valutazione sullo stato dei luoghi.
Le competenze del CTU e il terzo condono edilizio
Il Consiglio di Stato, chiamato in causa, reputa corretto quanto affermato dal TAR.
I ricorrenti sostengono l’inconferenza della relazione di CTU depositata nel corso del giudizio di prime cure a causa della mancata valorizzazione della foto del 24 marzo 2003 da cui si evince che, a tale data, le tompagnature sarebbero già esistenti.
L’infondatezza di tali deduzioni, che assumono rilievo centrale nell’economia del gravame, si deve al fatto che la relazione istruttoria acquisita nel corso del giudizio di primo grado è in realtà alquanto dettagliata e pertinente rispetto al tenore dei quesiti formulati dal T.a.r. avendo il CTU rilevato che le opere descritte in atti non sono suscettibili di sanatoria né straordinaria né ordinaria, stante la presentazione di plurime domande da parte degli odierni appellanti.
La questione che investe il presente giudizio attiene però non alle domande ex art.13 della legge 47/85 (Primo condono) quanto a quella di condono edilizio presentata ai sensi della legge n. 326/2003 che, com’è noto, impone, quale deadline di ultimazione dei lavori, la data del 31 marzo 2003.
Orbene il CTU ha potuto accertare che non può ricavarsi il rispetto di tale limite temporale dalla fotografia anzidetta, risultando questa in palese contraddizione rispetto ad altra documentazione presentata dagli odierni appellanti nell’ambito della pratica edilizia inerente alla domanda di condono edilizio, risultando quindi indimostrato il rispetto del termine di ultimazione anzidetto.
L'onere della prova
Palazzo Spada prosegue rilevando che, secondo consolidato principio giurisprudenziale, “l’onere della prova circa l’ultimazione dei lavori entro la data utile per ottenere il condono edilizio grava sul richiedente la sanatoria, in quanto solo l'interessato può fornire inconfutabili atti, documenti ed elementi probatori” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 27 settembre 2021, n. 6490).
Né può darsi rilevanza alle autodichiarazioni di cui pure fa menzione lo stesso consulente, che attesterebbero il rispetto del limite temporale, in quanto “nell’ipotesi di richiesta di condono edilizio, la prova del richiedente in ordine alla data di ultimazione dei lavori deve essere rigorosa e deve fondarsi su documentazione certa e univoca e comunque su elementi oggettivi, non avendo alcuna rilevanza eventuali dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o mere dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 12 novembre 2021, n. 7543).
Il frazionamento illegale
Ma non è tutto: la non condonabilità dell’intervento, infatti, si deve ad altre due ragioni, ben delineate nel corpo della relazione di CTU, segnatamente riconnesse al fatto che l’intervento è stato frazionato in due parti, ciascuna di esse rientrante nel limite dei 750 m³, quando invece esso, per le sue caratteristiche, andava considerato unitariamente così da risultare in violazione del limite volumetrico imposto dalla normativa del cd. terzo condono.
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Consiglio di Stato: in ogni caso non possono essere sanate le opere che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura assoluta o relativa, o comunque di inedificabilità, anche relativa.
L'inidoneità funzionale delle opere condonate
In ultimo, ma non per ultimo, c'è poi un’ulteriore ragione che osta all’accoglimento della domanda di condono edilizio in questione e che attiene all’accertata inidoneità funzionale delle opere condonande.
Infatti, come rammentato dal CTU, l’art. 3, comma 2, lett. b) della legge n. 10/2004 della regione Campania prevede che sono condonabili le opere che “sono state ultimate dopo il 31 marzo 2003. Si considerano ultimate le opere edilizie completate al rustico comprensive di mura perimetrali e di copertura e concretamente utilizzabili per l’uso cui sono destinate”.
Assume quindi rilievo decisivo la circostanza della inidoneità funzionale dell’ampliamento volumetrico, stante anche la mancanza di infissi, oggetto della domanda di condono è questo quindi a prescindere dal raggiungimento o meno dello stadio ultimativo entro la data del 31 marzo 2003 che comunque, è bene ribadirlo, è rimasto indimostrato nonostante sul richiedente il titolo edilizio in sanatoria gravi l’onere della prova circa rispetto del limite temporale di ultimazione dell’intervento.
Primo o terzo condono?
Anche il secondo motivo d’appello è da 'cassare', in quanto non ha cittadinanza l’invocato articolo 43 della legge 47/1985, non venendo in considerazione nel caso di specie un problema di ultimazione dei lavori nel rispetto della normativa condonistica quanto la presentazione di una domanda di condono che non risulta come coerente con il limite temporale previsto dalla stessa disciplina invocata che quella del cd. Terzo condono.
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