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Tra manutenzione straordinaria e ristrutturazione edilizia ce ne passa: differenze e conseguenze

Un manufatto in muratura e l'adiacente tettoia realizzati in sostituzione di una "vecchia struttura in ferro al momento quasi completamente demolita" configurano un intervento di ristrutturazione edilizia, assentibile con permesso di costruire. Non bastano nè la CILA nè la SCIA.

C'è molta differenza, in urbanistica e per il Testo Unico Edilizia, tra un intervento di manutenzione straordinaria e uno di ristrutturazione edilizia.

Le caratteristiche dei due tipi di 'lavori' sono esaminate nel dettaglio dal Consiglio di Stato nella sentenza 5668/2023 dello scorso 9 giugno, che deve decidere sul ricorso di un privato contro l'ordinanza di demolizione impartita da un comune - e confermata dal TAR competente - inerente un manufatto di 60 metri quadri.

Manufatto e tettoia: per l'appellante bastavano una CILA e una SCIA

Secondo la ricorrente, il TAR sarebbe incorso in errore nel considerare il manufatto di 60 mq come una nuova costruzione, di recente edificazione, piuttosto che il risultato di un mero intervento di manutenzione straordinaria, senza alcuna modifica delle sue caratteristiche plano-volumetriche, circostanza che sarebbe stata facilmente appurabile dall'amministrazione se solo avesse approfondito la questione con una semplice istruttoria.

Ne deriva - sempre secondo l'appellante - che l'intervento avrebbe dovuto essere preceduto da una mera comunicazione di inizio attività (CILA) che si è omesso di trasmettere, ma detto comportamento non può determinare l’ordine di demolire il manufatto, attesa la sicura riconducibilità dell’intervento effettuato nell’ambito degli “interventi di risanamento conservativo” (se non addirittura di “manutenzione straordinaria”), attesa la necessità di effettuare il recupero integrale dell’originario organismo edilizio, in armonia con l’assetto preesistente, intervento che, pertanto, va ricondotto alla nozione di manutenzione straordinaria/risanamento conservativo e rispetto al quale non è previsto il rilascio del permesso di costruire.

Inoltre, con riferimento alla realizzazione della tettoia e del gazebo, il TAR non avrebbe colto come, anche in ragione delle modeste dimensioni della tettoia, essa poteva essere installata grazie alla presentazione di una mera denuncia di inizio attività (oggi SCIA), trattandosi peraltro di un volume tecnico di pertinenza rispetto all’edificio principale.

Ciò vale anche per il gazebo, con conseguenza che, in applicazione dell’art. 37 del d.P.R. 380/2001, l’amministrazione poteva infliggere una sanzione pecuniaria piuttosto che quella della demolizione in ragione del tipo di abusi contestati.

Le differenze tra manutenzione straordinaria e ristrutturazione edilizia

Palazzo Spada ricorsa che il concetto di manutenzione straordinaria (nonché quello di risanamento conservativo), oggi come allora, presuppone la realizzazione di opere che lascino inalterata l'originaria fisionomia e consistenza fisica dell'immobile (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. VI, 23 marzo 2022 n. 2141).

Al contrario gli interventi che alterino, anche sotto il profilo della distribuzione interna, l'originaria consistenza fisica di un immobile e comportino l'inserimento di nuovi impianti, la modifica e la redistribuzione dei volumi, rientrano nell'ambito della ristrutturazione edilizia (cfr., ancora, Cons. Stato, Sez. IV, 21 ottobre 2019 n. 7151).

Infatti, come è noto, ai sensi del combinato disposto degli articoli 3 e 10 del Testo Unico Edilizia, sono soggetti al rilascio del permesso di costruire gli “interventi di nuova costruzione, che determinano una “trasformazione edilizia e urbanistica del territorio” (giurisprudenza consolidata, cfr., tra le ultime, Cons. Stato, Sez. VI, 26 aprile 2023 n. 4169).

Area vincolata: sanatoria solo a determinate condizioni

Inoltre, trattandosi di area vincolata (ove insistono le opere oggetto dell’ordine di demolizione), Palazzo Spada ricorda che, ai sensi dell’art. 167, comma 4, d.lgs. 42/2004, sono suscettibili di sanatoria solamente:

  • a) i lavori che non determinano la creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
  • b) i lavori effettuati con materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
  • c) i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 d.P.R. 380/2001.

Al contrario, sono considerati sempre rilevanti dal punto di vista paesaggistico lavori che determinino incremento di superficie o di volumetria.

In simili casi la rilevanza paesaggistica è direttamente assegnata dal legislatore ed è, conseguentemente, preclusa ogni valutazione in concreto in ordine all'effettivo pregiudizio dagli stessi arrecato rispetto al bene paesaggistico tutelato. Nel caso di specie, le opere attengono ad una nuova costruzione, neppure suscettibile di sanatoria paesaggistica (cfr., tra le ultime, Cons. Stato Sez. VI, 26 aprile 2023 n. 4172).

Questa è una ristrutturazione

Ed infatti, dalla accurata descrizione delle opere contestate come abusive contenuta nel provvedimento di demolizione emerge con chiarezza che il manufatto in muratura e l’adiacente tettoia sono stati realizzati in sostituzione di una “vecchia struttura in ferro al momento quasi completamente demolita”.

Per tali interventi innovativi e di trasformazione del territorio, di conseguenza, non sarebbe stata possibile la loro realizzazione presentando una comunicazione (ovvero una denuncia) di inizio attività. Insomma, non bastano nè la CILA ne la SCIA.

Aisensi dell'art. 27 d.P.R. 380/2001, continua il Consiglio di Stato, è sanzionata con la demolizione la realizzazione senza titolo di nuove opere in zone vincolate.

Ma la tettoia? Non è volume tecnico e non è pertinenziale

Passando alla tettoia, si osserva che per le dimensioni (12 metri quadrati) e il posizionamento di tale opera, può escludersi che abbia rilievo la sostenuta (dall’appellante) considerazione alla stregua di un volume tecnico della stessa ovvero della sua qualificazione in termini di pertinenzialità.

Le caratteristiche strutturali del manufatto escludono che si tratti di una pertinenza, posto che secondo la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato la nozione di pertinenza, sul piano urbanistico - edilizio, è limitata ai soli interventi accessori di modesta entità e privi di autonoma funzionale (cfr., ad esempio, Cons. Stato, Sez. IV, 13 luglio 2022 n. 5926).

Nel caso di specie il rilevante aumento di superficie copertura e l'oggettiva possibilità di sfruttamento autonomo del manufatto - a prescindere dall'utilizzo che in concreto ne fa il proprietario - impediscono di considerarlo una pertinenza in senso urbanistico edilizio (cfr. ancora, sul punto, Cons. Stato, Sez. VI, 17 marzo 2022 n. 1957 a mente della quale “Il carattere pertinenziale non è riscontrabile nel caso in cui l'opera non sia di modesta entità, né si presenti come accessoria rispetto ad un'opera principale e, inoltre, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connoti per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale”).

Ristrutturazione edilizia abusiva

In definitiva, nè per la nuova costruzione in muratura né per la tettoia, poteva trovare applicazione l’invocato art. 37, comma 1, d.P.R. 380/2001, nella parte in cui dispone che “la realizzazione di interventi edilizi di cui all'art. 22, in assenza della o in difformità della denuncia di inizio attività comporta la sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi comunque in misura non inferiore a 516 euro”.

Ciò in quanto, per la realizzazione delle dette opere sarebbe stato necessario (per quanto sopra detto) il rilascio del previo titolo abilitativo edilizio.


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