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The BLOB: il disastro ambientale che vogliamo evitare

Dieci anni fa, "The Blob" devastò l'Oceano Pacifico con temperature record, causando la distruzione di ecosistemi marini e segnando un punto di svolta nella comprensione del cambiamento climatico. Mentre negli USA l'attenzione resta alta, in Italia si rischia di ignorare l'urgenza climatica, nonostante i segnali d'allarme globali e locali. Ecco cosa possiamo imparare da questa catastrofe ambientale.

Un campanello d’allarme dall’Oceano Pacifico: la lezione della "Blob"

Rielaborazione dall’articolo di Delger Erdenesanaa, pubblicato sul New York Times il 1° dicembre 2024, realizzata dall'autore con il supporto dell'intelligenza artificiale.

Dieci anni fa, una straordinaria ondata di calore marino colpì la costa californiana, alterando drasticamente l’equilibrio dell’ecosistema oceanico. L’evento, soprannominato "the Blob", ha sconvolto la vita marina e la comprensione scientifica del cambiamento climatico.

Oggi, mentre le temperature oceaniche continuano a battere record, l’episodio appare come un’anticipazione di un futuro inquietante.

L’articolo originale, pubblicato dal New York Times in collaborazione con il Pulitzer Center’s Ocean Reporting Network, traccia un’analisi dettagliata di ciò che accadde durante quei tre anni di calore stagnante e delle conseguenze che ancora oggi modellano l’ecosistema della costa occidentale degli Stati Uniti.

   

La “Blob” e il collasso dell’ecosistema marino

Tra il 2013 e il 2016, una combinazione di alte pressioni e venti deboli fece salire le temperature superficiali dell’Oceano Pacifico fino a 11°F sopra la media. La mancanza di correnti che normalmente portano in superficie acque fredde e ricche di nutrienti creò un ambiente stagnante e insalubre.

Questo portò al crollo della rete alimentare marina: fitoplancton in calo, pesci foraggio decimati, e infine morie di massa di uccelli marini, come i Cassin’s auklets e i common murres.

The Blob was a window into what we might see in the future,” ha affermato Julia Parrish, ecologa marina dell’Università di Washington, sottolineando come questo evento abbia cambiato radicalmente la percezione scientifica del cambiamento climatico negli oceani.

 

Un esempio che in Italia fatichiamo a seguire
Negli Stati Uniti, articoli che affrontano il tema della sostenibilità dei cambiamenti climatici, degli effetti della crescita della temperatura, come la "Blob" non solo catalizzano la ricerca scientifica, ma trovano spazio su testate di primo piano come il New York Times. Al contrario, in Italia, i temi della sostenibilità e del cambiamento climatico ricevono una minima attenzione dalla politica e dalla stampa. Anche nelle leggi di bilancio, la parola “sostenibilità” sembra scomparsa, nonostante le direttive europee come “Casa Green” e la partecipazione alle COP internazionali. Questo è particolarmente paradossale per un paese come il nostro, caratterizzato da un territorio fragile, esposto a dissesti idrogeologici, siccità e ondate di calore. Il silenzio su questi temi rappresenta un rischio collettivo: continuare a ignorare l’urgenza climatica significa esacerbare i problemi ambientali e sociali.

Lezioni dalla “Blob” per il nostro futuro

Uno degli effetti più devastanti della Blob fu la distruzione delle foreste di kelp, un’alga fondamentale per l’ecosistema marino della California settentrionale. Più del 90% delle foreste scomparve, divorate da ricci di mare la cui popolazione esplose in assenza dei predatori naturali, le stelle marine, decimate da una malattia legata al riscaldamento delle acque.

“We have no precedent for the rate of change that we’re seeing,” ha osservato Sara Hutto, coordinatrice per il cambiamento climatico dei santuari marini della NOAA, evidenziando come l’accelerazione del riscaldamento globale superi qualsiasi modello storico.

L’analisi di questi eventi ha permesso di sviluppare strumenti come l’Habitat Compression Index, che prevede i movimenti delle balene sulla base delle temperature oceaniche, aiutando a mitigare i rischi di collisioni con le navi. Tuttavia, la ricostruzione delle foreste di kelp, così come di altri habitat, procede lentamente e richiede risorse e competenze.

 

Cambiamenti climatici e rischi italiani

Gli impatti descritti dall’articolo richiamano situazioni simili che potrebbero verificarsi nei nostri mari e territori. Le alterazioni delle temperature oceaniche nel Mediterraneo stanno già influenzando la biodiversità e la pesca, mentre sulla terraferma assistiamo a eventi meteorologici estremi sempre più frequenti. Tuttavia, manca una strategia integrata e una volontà politica di affrontare seriamente queste sfide.

Negli Stati Uniti, i santuari marini come quello delle Greater Farallones fungono da laboratori per monitorare e mitigare i cambiamenti climatici.

Come dimostrano i programmi di ripristino del kelp in California, gli sforzi collettivi possono fare la differenza. Gli scienziati coinvolti nel progetto hanno ottenuto i primi successi piantando alghe cresciute in laboratorio. Ma questi interventi richiedono visione e impegno.

Il problema, come sottolineato nell’articolo, non è solo ambientale, ma anche sociale: “More data from more people and places means better-informed decisions on conservation measures and fisheries management.” Coinvolgere le comunità locali nella raccolta dati non solo migliora la ricerca, ma rafforza il legame tra le persone e il loro ambiente.

La "Blob" non è solo un evento eccezionale del passato, ma un monito per il nostro futuro. Se non vogliamo che eventi simili colpiscano i nostri mari e territori, è essenziale agire ora, investendo nella ricerca, nella protezione degli ecosistemi e nell’educazione pubblica.

Il nostro Paese ha le competenze per affrontare queste sfide, ma deve riconoscere che ignorarle significa compromettere il nostro futuro e quello delle generazioni a venire.

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