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Tettoie, occhio a non cascarci: se sono chiuse serve il permesso di costruire. E se sono aperte?

Consiglio di Stato: una costruzione completamente chiusa da muri perimetrali, pur destinata ad attività di servizio (deposito, ricovero attrezzi, legnaie) si qualifica come nuova costruzione

Arriva l'ennesima sentenza della giustizia amministrativa, in questo caso dell'ultimo grado di giudizio (Consiglio di Stato, pronuncia 8417-2019) sulle famigerate tettoie, che teoricamente dovrebbero ormai essere state metabolizzate a livello di normativa urbanistica ma che, evidentemente, ancora creano dubbi e contenziosi.

La legnaia è una nuova costruzione

Nel nostro caso, Palazzo Spada si trova a dover decidere su un ricorso per l'annullamento di un'ordinanza di demolizione - rigettato dal TAR - di un fabbricato completamente eseguito in legno destinato a legnaia in assenza del titolo abilitativo

Il ricorrente contesta la definizione del manufatto che sarebbe una "tettoia chiusa" mentre per il Comune, confermato dal TAR, avrebbe dovuto qualificarsi come nuova edificazione, in quanto costruzione completamente chiusa da muri perimetrali, pur destinata ad attività di servizio (quali deposito, ricovero attrezzi, legnaie etc.), quindi computabile in termini volumetrici e rilevante ai fini delle distanze e, come tale, realizzabile solo in quelle aree ove sono consentite nuove costruzioni.

La semplice DIA presentata dal ricorrente per la realizzazione di una struttura pertinenziale da adibire a legnaia e ricovero attrezzatura da giardino, quindi, per il comune non bastava in quanto le strutture pertinenziali/tettoie, non essendo valutabili ai fini volumetrici e delle distanze, dovrebbero essere aperte con la sola possibilità di realizzare pilastri in pietra, avere una superficie minima di mq. 40, sporgenza di almeno 1 m. e tetto ricoperto in lose. 

Il Consiglio di Stato conferma la decisione del comune e del Tar: questo tipo di costruzione è infatti computabile in termini volumetrici ed è rilevanti ai fini delle distanze e, come tale, è realizzabile solo in quelle aree ove sono consentite nuove costruzioni (nel caso di specie, nell’area in esame non sono consentite nuove costruzioni).

Tettoia: la corretta definizione e il titolo richiesto

  • è uno spazio coperto aperto verso l'esterno e non suscettibile di completamenti quali mura perimetrali a chiusura, in quanto esaurentesi nell'insieme degli elementi strutturali e di copertura;
  • la sua realizzazione richiede il permesso di costruire quale “nuova costruzione”, comportando una trasformazione del territorio e dell’assetto edilizio anteriore; essa arreca, infatti, un proprio impatto volumetrico e, se e in quanto priva di connotati di precarietà, è destinata a soddisfare esigenze non già temporanee e contingenti, ma durevoli nel tempo, con conseguente incremento del godimento dell’immobile cui inerisce e del relativo carico urbanistico;
  • occorre, in ogni caso, sempre esaminare ogni intervento nel suo specifico, considerando dimensioni, struttura, materiali e finalità dell’opera. 

La tettoia 'libera' è quella aperta su tre lati: i requisiti

Ecco perché, nel caso di specie, il Consiglio di Stato esclude la rilevanza volumetrica di una tettoia in legno ad una sola falda, di forma rettangolare, avente dimensioni di mq. 31,42 e altezza in gronda di m. 2,50 ed alla gronda di m. 2,65, realizzata sul terrazzo di proprietà, ad esclusivo servizio di detto piano, poggiante per un lato direttamente sulla struttura esistente del fabbricato e per l’altro su pilastrini in legno.

La discriminante fondamentale, quindi, è rappresentata dal fatto che questo tipo di tettoia è aperta su tre lati e non viene considerata nuova costruzione.

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Nel caso di tettoie chiuse, come quella di specie, la giurisprudenza amministrativa è ferma nel ritenerle nuove costruzioni, con applicazione del relativo regime giuridico, in considerazione del fatto che, se sono chiuse, non possono più definirsi soltanto “tettoie”, bensì veri e propri edifici.

L'art. 33, comma 6, del Regolamento edilizio qui controverso dispone soltanto che: "in tutto il territorio comunale, ad eccezione delle zone C e F, delle fasce di rispetto delle strade e delle zone espressamente dichiarate in edificabili, sono ammesse, non valutandole ai fini volumetrici e delle distanze:

  • tettoie completamente eseguite in legno (sono ammessi anche pilastri in pietra), ad uso di deposito, ripostiglio, legnaia, pollaio e simili, a condizione che possano inserirsi armonicamente nel tessuto edilizio esistente e nell'ambiente e che siano ricoperte in lose. Tali tettoie non dovranno avere altezza superiore a m 3,50 e superficie coperta, intesa come proiezione della copertura, compresi aggetti e sporgenze, non superiore a mq 40 (il tetto dovrà sporgere dai pilastri di almeno m 1,00). In tali costruzioni, se non costruite in aderenza, nessuna parte dovrà invadere lo spazio compreso tra il piano verticale passante per il confine e quello inclinato a 45°, pure passante per il confine. Le tettoie suddette dovranno comunque essere eliminate qualora vengano create strutture comunitarie equipollenti".

Insomma, Palazzo Spada ribadisce che la norma presuppone la nozione di tettoia quale ricavabile sia dal linguaggio comune che dal linguaggio tecnico, ovvero tetto sorretto da pilastri o agganciato ad un muro e aperto su tre lati.

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