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Tettoie in aderenza all'edificio: il Testo Unico Edilizia richiede il permesso di costruire. Ecco perché

Per realizzare delle tettoie in aderenza all'edificio serve il permesso di costruire in quanto non si possono considerare pertinenziali e rientrare nell'alveo dell'edilizia libera.

Torniamo ancora una volta sulle tettoie, nello specifico due opere in legno, rifinite entrambe con tegole e poste in aderenza alla facciata frontale e laterale di un edificio.

Il Tar Lazio, con sentenza 18710/2023 dell'11 dicembre, rispedisce al mittente il ricorso contro l'ordinanza impartita dal comune per entrambe le tettoie, che secondo la PA non possono considerarsi meramente pertinenziali.

Ma andiamo con ordine.

 

Il ricorso: tettoie pertinenziali?

La ricorrente lamenta che entrambe le tettoie in contestazione sono ubicate nella parte di pertinenza del giardino ed avrebbero unicamente la funzione di protezione dagli agenti atmosferici (in quanto rese necessarie dall’esigenza di un riparo “da tutti gli elementi esterni: sole, pioggia, vento, polvere ecc.”, e, nel caso specifico di quella collocata sulla facciata laterale lato ovest del fabbricato, di dimensioni 6x2, la medesima assolverebbe ad una funzione di protezione delle aperture finestrate poste al piano terra del fabbricato), deducendo che sarebbero prive di impatto ambientale e non altererebbero l’assetto del territorio, rientrando tra gli interventi di edilizia libera di cui all'art 6, comma 1, lett. e-quinquies del DPR 380/2001 quali “opere accessorie”, con esonero dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 2 d.P.R. n. 31/2017.

 

La decisione finale: tettoie che richiedono il permesso di costruire

La documentazione fotografica posta agli atti, osserva il TAR, porta ad escludere che le tettoie in esame siano riconducibili al concetto di “elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici ovvero a quello di “interventi esclusi dall'autorizzazione paesaggistica” di cui alle richiamate disposizioni, trattandosi di manufatti di dimensioni rilevanti, stabilmente ancorati al suolo e collocati in aderenza alla facciata dell’edificio, insistenti su una superficie pavimentata e dotati di copertura con tegole (uno dei quali munito anche di muretto perimetrale alto circa 0,80 metri), sicché le medesime presentano caratteristiche dimensionali, strutturali e morfologiche tali da modificare stabilmente l’assetto del territorio e alterare lo stato dei luoghi, arrecando un significativo impatto visivo e volumetrico: ne deriva che, indubbiamente, le stesse avrebbero richiesto un titolo abilitativo, sia sotto il profilo edilizio che paesaggistico.

Non 'tiene', quindi, il concetto di “pertinenza”, invocato dalla ricorrente al fine di legittimare gli interventi: come precisato da un consolidato indirizzo giurisprudenziale, infatti, tale nozione assume, in ambito urbanistico, un’accezione più restrittiva di quella civilistica, intendendosi per “pertinenze” unicamente opere di dimensioni estremamente modeste e ridotte, inidonee ad alterare in modo significativo l’assetto del territorio e prive di autonomia funzionale, esaurendo la propria destinazione d’uso nel rapporto funzionale con l’edificio principale, così da non incidere sul carico urbanistico (cfr. ex multis TA.R. Lazio, II quater, 6 dicembre 2022, n. 16285).

Nel caso di specie entrambe le tettoie, per le loro non irrilevanti dimensioni e caratteristiche strutturali, sono opere di notevole impatto visivo e dotate autonoma funzione, non essendo configurabili quali interventi minimali con oggettiva finalità di mero arredo, riparo e protezione dell’immobile cui accedono.

 

La casetta per gli attrezzi di manutenzione del giardino non è una vano tecnico

Lo stesso vale - decide il TAR - per la struttura in legno 3x1, che la ricorrente ascrive alla categoria dell’edilizia cd. libera in quanto configurante in tesi un “vano tecnico”, invocando, al fine di escluderne la demolizione, l’art. 32 del DPR 380/2001.

Nel concetto di “vano” o “volume tecnico”, infatti, sono sussumibili, per consolidata giurisprudenza, quegli spazi esclusivamente destinati ad ospitare impianti necessari per l’utilizzo dell’abitazione e che si risolvono in semplici interventi di trasformazione senza generale aumento di carico territoriale o di impatto visivo (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 26 aprile 2023, n. 4172), e dunque unicamente quei volumi realizzati per “esigenze tecnico-funzionali della costruzione (per la realizzazione di impianti elettrici, idraulici, termici o di ascensori), che non possono essere ubicati all’interno di questa e che sono del tutto privi di propria autonoma utilizzazione funzionale, anche potenziale” (Cons. Stato, Sez. VI, 15 novembre 2021, n. 7584).

Di conseguenza, non si qualifica come tale questo manufatto che, oltretutto, per esplicita affermazione di parte, non è destinato ad ospitare impianti tecnici ma è adibito al “ricovero di strumenti necessari per la manutenzione del giardino e per deposito legna”, e dunque assolve ad una sua autonoma funzione.


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