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Tettoia: permesso di costruire o edilizia libera? Le discriminanti

La natura pertinenziale di una tettoia, che potrebbero portare all'esenzione dal permesso di costruire, deve essere esclusa quando le dimensioni della tettoia siano comunque tali da alterare le caratteristiche dell’immobile.

Le rilevanti dimensioni di una tettoia ne escludono la natura pertinenziale, se essa va a mutare lo stato dei luoghi comportando una modifica dell'immobile e quindi configurando una trasformazione edilizia e urbanistica.

La 'massima' è ancora una volta al centro di una sentenza di giustizia amministrativa in materia urbanistica: nel dettaglio, il Consiglio di Stato con pronuncia 10897/2022 del 12 dicembre, ha respinto il ricorso contro l'ordinanza di demolizione ingiunta dal comune a un privato per la tettoia con struttura portante in legno e copertura spiovente, delle dimensioni di metri 3,00 x 9,00 e dell’altezza di mt. 2,60, realizzata in assenza di concessione/zzazione ed in territorio dichiarato di notevole interesse pubblico con d.m. 12 settembre 1957.

Tettoia aperta su tre lati?

Secondo il ricorrente, l’opera per consisteva in una tettoia aperta sui tre lati, che non comportava un aumento volumetrico al manufatto e quindi che non poteva essere soggetta a sanzioni di carattere demolitorio.

Tettoia di rilevanti dimensioni: serve il permesso di costruire

Ma questa tettoia - sottolinea Palazzo Spada - non ha natura pertinenziale. Il Collegio rileva infatti l’idoneità per dimensioni e consistenza della contestata tettoia dell’estensione di metri 3x9 e dell’altezza di metri 2,60, a mutare dal punto di vista esteriore lo stato dei luoghi, a determinare una modifica dell’immobile preesistente e quindi una trasformazione edilizia e urbanistica del territorio in area assoggettata a vincolo paesaggistico.

Non è vero, dunque, che il TAR non ha valutato l’effettiva consistenza dell’abuso; al contrario, lo ha esaminato, ma ha negato che lo stesso potesse considerarsi come pertinenza dell’immobile, alla luce della giurisprudenza secondo cui la natura pertinenziale deve essere esclusa quando le dimensioni della tettoia siano comunque tali da alterare le caratteristiche dell’immobile.

Tettoia: quando serve il permesso e quando non serve

A tal proposito, il Cons. Stato Sez. VI, 27 gennaio 2021, n. 813 ha rilevato: "... - secondo la consolidata giurisprudenza della Sezione, il rilascio del permesso di costruire per la realizzazione di una tettoia è necessario quando, per le sue caratteristiche costruttive, essa sia idonea ad alterare la sagoma dell'edificio; l'installazione della tettoia è invece sottratta al regime del permesso di costruire ove la sua conformazione e le ridotte dimensioni ne rendano evidente e riconoscibile la finalità di mero arredo e di riparo e protezione dell'immobile cui accedono e ancora "la realizzazione di una tettoia in aderenza alla parete verticale di un manufatto preesistente è, infatti, idonea a costituire un collegamento qualificato con il relativo immobile - anche ove non imbullonata alla parete verticale dell'edificio cui accede, ma al suolo - di cui modifica la sagoma e costituisce un ampliamento, con conseguente creazione di nuova volumetria. Come precisato da questo Consiglio, infatti, "una tettoia (...), collegata al muro di un edificio preesistente, fa corpo con la cosa principale a cui aderisce, di cui modifica la sagoma e ne comporta l'ampliamento, creando nuova volumetria e, pertanto, necessita di un adeguato titolo di autorizzatorio (cfr. Cons. St. n. 6493 del 2012; Cons. St. n. 3939 e n. 4997 del 2013)" (Consiglio di Stato, sez. VI, 7 ottobre 2019, n. 6760; Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 561 del 18 gennaio 2021).

Accertamento di conformità e provvedimento demolitorio: le tempistiche

In seconda istanza, Palazzo Spada da ragione a comune e TAR anche in merito all'assunto del ricorrente, respinto, secondo cui la presentazione da parte del destinatario di un ordine di demolizione di una domanda di condono o sanatoria produrrebbe la definitiva inefficacia dell'originario ordine di demolizione.

Per giurisprudenza pacifica, "la presentazione di una istanza di sanatoria non comporta l'inefficacia del provvedimento sanzionatorio pregresso, non essendoci pertanto un'automatica necessità per l'amministrazione di adottare, se del caso, un nuovo provvedimento di demolizione; nel caso in cui venga presentata una domanda di accertamento di conformità in relazione alle medesime opere (da verificare nel caso di specie da parte degli organi comunali), l'efficacia dell'ordine di demolizione subisce un arresto, ma tale inefficacia opera in termini di mera sospensione” (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 16 marzo 2020, n. 1848).

Ne consegue che, rigettato il condono, la demolizione, temporaneamente inefficace in pendenza del procedimento di sanatoria, riprende vigore (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 2596/2022).

È stato, altresì, precisato che: "La presentazione di una istanza di accertamento di conformità ex art. 36, D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 non rende inefficace il provvedimento sanzionatorio pregresso e, quindi, non determina l'improcedibilità, per sopravvenuta carenza d'interesse, dell'impugnazione proposta avverso l'ordinanza di demolizione, ma comporta, tuttalpiù, un arresto temporaneo dell'efficacia della misura repressiva che riacquista la sua efficacia nel caso di rigetto della domanda di sanatoria" ( cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 16 febbraio 2021, n. 1432).

Il comune non deve verificare la sanabilità

In presenza di abusi edilizi, continua il Consiglio di Stato, la vigente normativa urbanistica non pone alcun obbligo in capo all'autorità comunale, prima di emanare l'ordinanza di demolizione, di verificarne la sanabilità ai sensi dell'art. 36, D.P.R. n. 380 del 2001 - Testo Unico Edilizia; tanto si evince chiaramente dagli artt. 27 e 31, del medesimo D.P.R. n. 380, cit. che obbligano il responsabile del competente ufficio comunale a reprimere l'abuso, senza alcuna valutazione di sanabilità, nonché dallo stesso art. 36 cit. che rimette all'esclusiva iniziativa della parte interessata l'attivazione del procedimento di accertamento di conformità urbanistica ivi disciplinato (Cons. Stato, Sez. VI, 8 aprile 2016 n. 1393).

Tuttavia, in caso di diniego (anche silente) di accoglimento della domanda avente per oggetto il permesso in sanatoria - in assenza di concrete esigenze sostanziali di riedizione di un nuovo provvedimento - l'originaria ingiunzione demolitoria riprende vigore e l'unico aspetto che va riconsiderato è quello del conteggio del termine concesso per l'esecuzione spontanea della demolizione che dovrà decorrere dal momento in cui il diniego perviene a conoscenza dell'interessato anche nella forma del silenzio rigetto previsto dalla normativa richiamata.

L'art. 36 del testo unico sull'edilizia ha previsto che "sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata".

Allegati

Abuso Edilizio

L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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