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Tettoia in legno con due pilastri rivestiti in mattoncini: edilizia libera, SCIA o permesso di costruire? Orientarsi col Testo Unico Edilizia

Una struttura lignea con due pilastri rivestiti in mattoncini non può considerarsi attività di edilizia libera, non presentando il carattere di precarietà, e quindi per la sua realizzazione è necessario un titolo abilitativo (SCIA o permesso di costruire).

Un'altra tettoia 'della discordia' è protagonista di una delle tante sentenze della giustizia amministrativa, in questo caso del Tar Roma.

L'opera, costituita da una struttura lignea con due pilastri rivestiti in mattoncini, secondo il comune non può rientrare nell'alveo dell'edilizia libera in quanto non ha carattere di precarietà.

La definizione di precarietà secondo il Comune di Roma Capitale

Il Comune di Roma, in una circolare ad hoc, definisce il pergolato come una struttura leggera ed amovibile, in quanto priva di fondamenta, che può essere rimossa senza difficoltà e, in ordine ai requisiti che deve avere un'opera edilizia per essere considerata precaria, potrebbero ipotizzarsi in astratto due criteri discretivi:

  1. criterio strutturale, in virtù del quale è precario ciò che non è stabilmente infisso al suolo;
  2. criterio funzionale, in virtù del quale è precario ciò che è destinato a soddisfare un'esigenza temporanea.

In entrambi i casi, l’intervento non risulterebbe corrispondente a quanto realizzato da controparte, trattandosi, piuttosto di una struttura stabile e quindi una vera e propria costruzione.

L’opera presenterebbe caratteristiche tali da rendere l’intervento edilizio subordinato al necessario ottenimento di un titolo, quale la SCIA di cui all’art. 22, commi 1 e 2 del dpr 380/2001.

Tettoia o gazebo: quale titolo abilitativo serve? In questo caso ok alla SCIA

Il TAR capitolino inizia argomentando che sebbene, al tempo di realizzazione dell’abuso, la giurisprudenza non fosse univoca circa la necessità di un permesso di costruire per la realizzazione di strutture simili a quella di cui si discute, l’orientamento si è consolidato nel senso di ritenere che il gazebo (struttura a copertura di un’area, sorretta da pali o pilastri, aperta sui lati) costituisce opera soggetta a permesso a costruire tutte le volte che è destinata ad esigenze non temporanee (T.A.R. , Lecce , sez. I , 27/02/2020 , n. 257; T.A.R. , Napoli , sez. VIII , 06/12/2019 , n. 5733), senza che rilevi la sua pertinenzialità (che presuppone comunque la SCIA, vedasi T.A.R. , Catanzaro , sez. I, 23/03/2018 , n. 729) o la sua eventualmente facile amovibilità o il materiale dal quale è composto (ligneo invece che in muratura, ad esempio).

Tradotti questi principi al 'nostro' caso, la ricorrente si limita ad affermare che la struttura di cui si discute sarebbe ascrivibile al novero dei manufatti leggeri, ma non comprova in alcun modo tale condizione di fatto (sebbene si tratti di un elemento essenziale della fattispecie che deduce), non avendo prodotto né una documentazione fotografica dell’abuso (solamente indicata in memoria, ma non riscontrabile agli atti), né altri documenti tecnici che permettano al Collegio di poter valutare condizioni diverse da quelle desumibili dalla mera descrizione testuale del manufatto che si trae dagli atti impugnati e relativi presupposti istruttori, come anche prodotti dall’Amministrazione; né rilevano le argomentazioni svolte nella memoria conclusiva circa la natura pertinenziale del manufatto che, oltre a non essere state dedotte nel corpo dei motivi articolati nel ricorso introduttivo, rimangono comunque irrilevanti posto che – come accennato - anche l’intervento pertinenziale necessita comunque di previo titolo (SCIA).

In definitiva, la dimensione e le caratteristiche costruttive della tettoia (pilastri in legno e mattoncini) ostano a poter ritenere che, nel caso di specie, si verta in ordine a opere di edilizia libera ex art. 6 del DPR 380/2001, dovendosi ritenere che sarebbe stato necessario il titolo che l’Amministrazione ha individuato nella DIA (SCIA) ex art. 22, comma 1 e 2, del DPR 380/2001 (avendo riguardo alla disciplina vigente ratione temporis, quindi nel testo risultante dalla modifica di cui all’articolo 1 del D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 301 e fino al d.l.69/2013, conv. in l. 9 agosto 2013, nr. 98).


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