Testo Unico Edilizia: la rilevante opera di ampliamento richiede il permesso di costruire, non basta la CILA
Una rilevante opera di ampliamento, recante aumento di superficie per circa 16 metri quadrati di volume, peraltro in zona vincolata, si configura quale ristrutturazione edilizia e richiede il permesso di costruire per essere assentita.
L'ampliamento di un locale commerciale occupante parte del livello comune, per la parte completamente fuori terra, per una superficie d'incremento avente lunghezza di 17,40 metri e larghezza di 0.90 metri, per una superficie di mq 16 non può essere assentito con CILA, ma serve il permesso di costruire.
Ce lo ricorda il Tar Napoli nella sentenza 6545/2023 dello scorso 29 novembre, che ha respinto il ricorso contro l'ordinanza di demolizione di un comune peruna serie di opere edilizie che, complessivamente considerate, rientrano in quelle per cui l'art. 10 del dpr 380/2001 - Testo Unico Edilizia prescrive il necessario permesso di costruire.
Ricorso: le opere non causerebbero aumento di volumetria
Secondo il ricorrente, l'intervento consiste nella “realizzazione di una modesta vetrina al servizio dell’edificio commerciale del ricorrente”, “è sprovvisto della benché minima rilevanza sotto l'aspetto urbanistico e, non causando aumento di volumetria, non rientra negli interventi per i quali l'art. 10 del DPR 380/2001 richiede rilascio di permesso di costruire”,.
Per questo, sempre secondo parte ricorrente, l'opera in esame non richiederebbe il "rilascio di permesso di costruire bensì, eventualmente, invio di semplice CILA e, in virtù di tale prescrizione, l’inottemperanza all’obbligo dell’invio della comunicazione, poteva comportare, eventualmente, solo l’irrogazione di una sanzione amministrativa monetaria”.
Le opere di ampliamento urbanistico richiedono il permesso di costruire
Il TAR respinge il ricorso evidenziando che trattasi, in questo caso, di una rilevante opera di ampliamento, recante aumento di superficie per circa 16 mq. e di volume, peraltro in zona vincolata, non riconducibile alle pertinenze accessorie e amovibili, realizzata in carenza del prescritto permesso di costruire di cui all'art. 10 (“Interventi subordinati a permesso di costruire”) del dpr 380/2001 (il quale, al comma 1, prevede che “Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire:
- a) gli interventi di nuova costruzione;
- b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica;
- c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso, nonche' gli interventi che comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, …”) e sanzionabile, quindi, con la demolizione, ai sensi dell'art. 31 (“Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire …”).
Ampliamento dei locali cantina: anche qui siamo fuori dal perimetro della pertinenza
Con riferimento, inoltre, “Cambio di destinazione d’uso delle due cantinole poste nell’angolo nord ovest… con relativa fusione delle stesse e accorpamento di quota parte dello spazio di manovra destinato a autorimessa…”), il ricorrente lamenta “la violazione dell’art. 31 D.P.R. 380/2001, atteso che non vi è stato alcun intervento di nuova costruzione ma semplici opere interne e che tali opere interne ai sensi dell’art. 23 ter d.P.R. 380/2001, non hanno arrecato alcun mutamento della destinazione d’uso”, essendo “irrilevante una modificazione che interessa un singolo vano del fabbricato o dell’unità immobiliare all’interno del quale è contenuto” ed essendo il mutamento di destinazione d'uso giuridicamente rilevante “quello tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico e che influisce di conseguenza sul cd. carico urbanistico”.
Per il TAR, è stato realizzato un ampliamento dei locali cantina, mediante fusione degli stessi e accorpamento di una parte dell’autorimessa, con conseguente mutamento d’uso urbanisticamente rilevante, al livello del locale commerciale (pure illegittimamente ampliato).
Condono edilizio: no alla realizzazione di opere aggiuntive in pendenza di sanatoria
La normativa sul condono richiede la permanenza dell'immobile da regolarizzare e non ammette, in pendenza del procedimento di condono, la realizzazione di opere aggiuntive venendo meno l'attuale riconoscibilità del manufatto originario oggetto dell'istanza di sanatoria.
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E se 'pende' un'istanza di condono? Se ci sono opere realizzate dopo la presentazione, si demolisce
Il caso si infittisce perché le ordinanza di demolizione sarebbero relative a opere oggetto di condono: in questa situazione specifica, però, non risulta applicabile il pur noto orientamento «in base al quale “l’ordine di demolizione emesso in pendenza del procedimento di condono edilizio è illegittimo, sia con riferimento all'art. 38 l. n. 47/1985, che prevede che la presentazione della domanda di condono sospenda l'applicazione di sanzioni amministrative, sia con riguardo all'art. 44, ultimo comma, della citata legge, in virtù della quale, in pendenza del termine per la presentazione di tali domande, tutti i procedimenti sanzionatori in materia edilizia sono sospesi” .
Ciò in quanto il provvedimento impugnato ha accertato, in epoca successiva alla presentazione dell'istanza di condono, la realizzazione di ulteriori opere edilizie eseguite in assenza di titoli abilitativi e non ricomprese nella suddetta istanza (cfr. Consiglio di Stato, Sezione VII, 09/10/2023, n. 8785), ordinando la demolizione non delle opere oggetto della domanda di condono, ma (solo) di quelle ulteriori, successivamente eseguite dal ricorrente.
Viene peraltro richiamato anche il consolidato orientamento del Consiglio di Stato, in base al quale, “in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori (pur se riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, della ristrutturazione o della costruzione di opere costituenti pertinenze urbanistiche), ripetono le caratteristiche d’illiceità dell’opera abusiva cui ineriscono strutturalmente, giacché la presentazione della domanda di condono non autorizza l’interessato a completare ad libitum e men che mai a trasformare o ampliare i manufatti oggetto di siffatta richiesta, stante la permanenza dell’illecito fino alla sanatoria)” (Consiglio di Stato, Sezione VI, 25/03/2022, n. 2171, cit.) e “in pendenza di un procedimento di condono edilizio, possono essere al più effettuati interventi finalizzati a garantire la conservazione del manufatto, purché gli stessi non modifichino le caratteristiche essenziali e la destinazione d'uso dell'immobile (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 26 giugno 2019, n. 4397)” (Consiglio di Stato, Sezione VI, 05/05/2022, n. 3533).
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L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.
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