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Testimonianza di un Genitore sulla Riapertura della Scuola

Una riflessione del prof. Angelo Ciribini

La SARS-CoV-2 appare insidiosa anche nei suoi effetti collaterali, poiché, non solo accelera, a modo proprio, alcune dinamiche, come per la digitalizzazione, ma, soprattutto, pone in essere alcuni nodi critici, che possono apparire, per certi versi, contraddittori. Una delle manifestazioni più evidenti del fenomeno risiede nella tematica della riapertura delle scuole. Esse, peraltro, in alcuni Paesi non sono mai state chiuse per i figli dei genitori che svolgevano attività essenziali.

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Riapertura delle scuole: lo scenario internazionale

In primo luogo, occorre notare che, a parte la Cina, le scuole si stanno per riaprire e, in certi casi, sono state già riaperte (e talora persino richiuse) in Corea del Sud, Giappone, Singapore.

Non meno intensa, anche in termini di protocolli, è stata l’attività, ad esempio, in Canada e negli Stati Uniti.

In argomento si sono pronunciati, tra gli altri, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’UNESCO.

In Europa, la riapertura ha visto progressivamente attivi, a titolo esemplificativo, la Danimarca e la Norvegia (senza citare l’Islanda), i Paesi Bassi, l’Austria, sino a giungere, non senza polemiche, alla Francia e alla Germania, mentre in altri Paesi, si pensa a una prossima riapertura, come per il Regno Unito.

In alcuni Paesi la riapertura ha privilegiato i gradi di istruzione inferiori, in altri quelli superiori, conservando tendenzialmente la facoltà dei genitori di trattenere i figli a domicilio: lo stesso è valso per alcune categorie del personale docente e tecnico-amministrativo giudicato a rischio più elevato.

In alcune realtà nazionali, d’altronde, la natura federale ha reso, coordinamento nazionale a parte, la situazione differenziata localmente.

La tematica, assai complessa, è stata ulteriormente «aggravata» dalle risultanze provvisorie e non sempre concordanti di epidemiologi, infettivologi, pediatri, virologi, relativamente alle conseguenze virali sui giovani e sui più giovani e, in particolare, sulla loro capacità di incrementare la diffusione del contagio presso gli adulti: segnatamente nei confronti delle persone più anziane.

Basti pensare agli studi e alle indagini in corso in Cina, in Francia, in Germania, in Islanda, negli Stati Uniti.

Cosa prevedono i protocolli per garantire il contenimento della trasmissione del virus all'interno degli edifici scolastici

Ciò che, comunque, è accaduto è che i protocolli, non a caso aggettivati come sanitari, più o meno dettagliati, prevedono una serie di misure, essenzialmente legate al distanziamento fisico e alla ventilazione degli ambienti confinati, unitamente ad altre misure, a prescindere dalla questione più generale legata al test, trace, treat, come la frequente igienizzazione personale, il ricorso a dispositivi di protezione individuale (le mascherine, tra tutti, seppure condizionate dall’età dei discenti e dal luogo in cui si trovano), la rilevazione della temperatura corporea in determinati momenti della giornata scolastica, la sanificazione periodica degli ambienti e delle superfici, la segnaletica, e così via.

Quello che emerge, anzitutto, è il fatto che le istanze attinenti al contenimento della trasmissione e della propagazione del virus inducono molti protocolli a limitare lo spettro delle attività scolastiche (si pensi, ad esempio, all’educazione motoria) e, in particolare modo, a ridurre drasticamente le possibilità di interazione tra le classi e le sezioni, trattenendo i soggetti coinvolti il più possibile in aula, anche in occasione degli intervalli e dei pasti, forse anche in occasione della ventilazione oraria (la cui durata varia tra i dieci e i quindici minuti), a evitare di scambiarsi oggetti o a utilizzare dispositivi condivisi, a cercare di evitare incroci negli spazi connettivi tra i diversi gruppi di persone.

Il contingentamento delle classi ha indotto a ipotizzare e a praticare diverse soluzioni: dalla turnazione degli alunni e degli allievi nel corso della settimana allungata, con il ricorso o meno alla didattica a distanza, necessitata per il personale docente a rischio elevato, alla presenza in aule separate connesse presidiate da personale generico.

Queste misure sono state, inoltre, corredate dall’introduzione di alcuni indicatori parametrici quantitativi, quali il distanziamento fisico (variabile tra cm 100 e cm 200 da Paese a Paese, con il valore intermedio di cm 182, equivalente a sei piedi), il fabbisogno areico per studente e insegnante (variabile tra mq 3 e mq 12), la numerosità delle classi (sostanzialmente, da 5 a 10 per gli asili nido e per l’infanzia, da 10 a 15 per gli ordini superiori).

L’isolamento delle piccole comunità (che, per i bambini più piccoli è accentuato dalla individualizzazione dei giocattoli e di altre entità) e la centralità statica dell’aula stridono, evidentemente, con i più avanzati criteri pedagogici, alla stessa stregua per cui la forzatamente improvvisata didattica a distanza non coincide palesemente colla nozione di scuola digitale.

Parimenti, per alcuni studiosi, l’impiego di indicatori quantitativi, già, invero, meno rilevante nelle linee guida ministeriali nazionali di quanto non lo fosse in precedenti decreti ministeriali,  è stato valutato come scarsamente utile all’uopo, preferendo agire sui modelli organizzativi e gestionali.

Andrebbe detto, ancora, che, ovviamente, la percezione soggettiva degli spazi non sia omogenea né agevolmente riconducibile a parametri di questa natura.

Ciò che, tuttavia, a mio avviso, sfugge a queste obiezioni è che il modello quantitativo, intrinsecamente obsoleto se considerato autoreferenzialmente, trova qui legittimazione non tanto nel dimensionamento funzionale-spaziale quanto nelle dinamiche strette di trasmissione del contagio (per via aerea, in duplice modo, per contatto delle superfici o delle feci).

Al fine, auspicabile, di superare tale dimensione servirebbe, infatti, disporre di evidenze, algoritmicamente validate, a questo proposito.

È chiaro, comunque, che il fabbisogno spaziale accresciuto stia determinando la ricerca di spazi confinati e aperti addizionali, entro e al di fuori degli insediamenti scolastici.

Si noti, del resto, che le perplessità relative alle soluzioni formative caratterizzate dalla medicalizzazione sono, però, accostate alla richiesta di istituire presso i comprensori e i plessi scolastici presidî sanitari permanenti.

Analogamente, la necessità di introdurre sistemi di sorveglianza sanitaria tempestiva pongono, tuttavia, interrogativi relativi alla regolamentazione della tutela e della protezione dei dati personali: come si evidenzia a proposito di scanner termici e di braccialetti elettronici.

La dimensione sanitaria del tema si associa, poi, a quella sociale, che verte sulla vita delle famiglie al di fuori della scuola (in termini di densità di contatti e di relazioni, nonché di manifestazione attendibile dello stato di salute dei singoli), sulle modalità di trasferimento a scuola (si pensi, a titolo esemplificativo, all’uso dei mezzi collettivi o alla sanificazione degli scuolabus), sui tempi di lavoro dei genitori.

Di tutto questo l’icona è stata offerta dalle modalità di accoglienza a scuola (anzitutto, nel primo giorno di scuola), contraddistinte dalla creazione di file di discenti (in taluni casi accompagnati alla soglia di ingresso) opportunamente distanziati tra loro.

Le stesse criticità logistiche riguardano la ristorazione, i cui tempi di svolgimento in sito sarebbero dilatati e problematici, tanto che si tende a privilegiare la soluzione incentrata sul pasto pre-confezionato, possibilmente calibrato su programmi nutrizionali mirati e personalizzati, basati su grandi volumi di dati.

La integrazione tra esigenze genitoriali e filiali ha spinto, inoltre, con più difficoltà nella fase dell’accoglienza, meno in quella dell’isolamento temporaneo della persona sintomatica nel corso della giornata scolastica, a immaginare la possibilità di avvalersi di personale specializzato interinale per il baby sitting o per l’assistenza sanitaria.

Analogamente, la possibilità di offrire alla dirigenza scolastica servizi informativi anonimizzati sulla diffusione del contagio in relazione ai luoghi di residenza dei soggetti ammessi ai plessi scolastici potrebbe facilitare la mitigazione del rischio attraverso azioni preventive.

Modelli informativi degli edifici scolastici: quale contributo possono offrire nella gestione dell'emergenza

Il processo che si è, pertanto, immaginato, sotto il profilo disciplinare delle scienze architettoniche e ingegneristiche, parte dal rilievo digitale delle parti immobiliari e mobiliari, finalizzato a creare modelli informativi tesi a consentire alcune azioni mirate: la simulazione dei flussi e delle interazioni dei soggetti presenti negli insediamenti scolastici in relazione alle soluzioni logistiche previste dalla dirigenza scolastica in termini di orari, di tasso di occupazione delle unità funzionali spaziali, e così via; la simulazione delle condizioni fisico-ambientali legate alla ventilazione (anche con riferimento ai sistemi impiantistici attivi) da validarli sotto il profilo infettivologico e virologico; la configurazione delle componenti mobili in funzione della percezione spaziale e della dinamica di apprendimento.

Bisogna, tuttavia, in conclusione, interrogarsi sulla possibilità che realmente la situazione emergenziale possa consentire causalmente l’abbandono dei criteri pedagogici novecenteschi, come molti si ripromettono di fare, in maniera certo lodevole, ma per la quale è forzato un atteggiamento dubitativo.

Il che si giustifica per la constatazione che il tema si sovrappone a molti altri, come l’identificazione delle responsabilità civili e penali del datore di lavoro, l’incremento degli organici del personale docente e tecnico-amministrativo, il supporto equivalente alle scuole statali e paritarie, la riqualificazione degli edifici scolastici, l’ineguaglianza determinata dalla didattica a distanza, e quante altre, tra cui la stanchezza dei nuclei familiari a causa della compresenza continuativa di distance learning e di home working.

Se, di conseguenza, nessuno vorrebbe porre in dubbio l’opportunità di privilegiare soluzioni formative inedite e innovative, con le ricadute profonde sulla organizzazione degli spazi e sulla loro fruizione, in presenza di quadri conoscitivi e informativi inerenti agli open data disponibili per il personale scolastico e per l’edilizia scolastica, anche in termini di copertura delle infrastrutture digitali, non perfettamente validati, forse varrebbe la pena di risolvere con efficacia le criticità immediate (di per se stesse sistemiche sui piani sociali, logistici e gestionali), notevolmente onerose in maniera diretta e indiretta, al fine di avere, successivamente, la forza, a pandemìa conclusa, per avviare strategie e tattiche di medio e di lungo termine, che includano, ad esempio, anche la nozione di edificio cognitivo, in grado di migliorare la interazione dei cespiti mobili e immobili con i propri utenti, trasformando lo Space as a Risk in a Space as an Experience.