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Terzo condono edilizio: l'aumento (anche modesto) di volumetria non è contemplato in zona vincolata

La sanatoria straordinaria del terzo condono edilizio è esclusa a priori in caso di opere consistenti nella realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura assoluta o relativa, o comunque di inedificabilità, anche relativa.

Per beneficiare del terzo condono edilizio, l'ultimo dei tre (DL 269/2003), in zona vincolata, bisogna rientrare all'interno di un perimetro molto stretto di condizioni, pena l'impossibilità di vedersi 'sanare' l'abuso edilizio.

Lo spiega il Consiglio di Stato nella sentenza 1312/2024 dello scorso 9 febbraio, che alla fine conferma il diniego di sanatoria del comune, confermato anche dal TAR competente, per la costruzione di un modesto manufatto sul terrazzo di un abitazione.

La richiesta di sanatoria era stata presentata ai sensi della legge 326/2003, di conversione, con modifiche, del sopracitato DL 269/2003 - Terzo condono edilizio.

 

Terzo condono edilizio tra parere postumo del comune e autonomo parere paesaggistico

L'appellante ha, in primis riproposto in appello il primo motivo dell’originario ricorso con il quale aveva lamentato la mancata considerazione da parte del Comune, nella decisione da assumere sulla sua richiesta di condono, “del parere favorevole espresso con determinazione n. ... del 30 novembre 2006, mai annullato, con il quale veniva chiarito che dall’esame dell’istruttoria le opere previste in progetto (erano)… risultate compatibili con il contesto paesistico”. 

Tale parere - che non avrebbe potuto essere espresso dal Comune prima della verifica da parte della Regione della sussistenza nei soggetti delegati dei requisiti di organizzazione e competenze tecnico-scientifiche stabiliti dall’art. 146 comma 6 del d.lgs. n. 42 del 2004 – avrebbe dovuto, a suo dire, essere semplicemente reiterato al conferimento della delega da parte della Regione, in data 19 aprile 2010, e, in ogni caso, non avrebbe potuto essere ignorato, né tantomeno contraddetto dalla medesima Amministrazione comunale come avvenuto con il diniego del 15 dicembre 2011.

La ricorrente ha inoltre dedotto che il provvedimento di rigetto della sua istanza di condono non si era neppure basato, come prescritto dalla legge (commi 4 e 6 del d.lgs. n. 42 del 2004), su un autonomo parere paesaggistico, con conseguente insufficienza, anche sotto tale aspetto, dell’istruttoria e della motivazione, nonché violazione delle garanzie partecipative del privato sancite dall’art. 7 della l.n. 241 del 1990 e che doveva ritenersi errata l’interpretazione della l.n. 326 del 2003 che aveva portato ad escludere la condonabilità del manufatto realizzato in un’area soggetta a vincoli paesaggistici di inedificabilità relativa e non assoluta.

 

L'ampliamento dell'immobile in zona vincolata è fuori dal perimetro del Terzo condono edilizio

L'applicabilità del terzo condono edilizio, in riferimento alle opere realizzate in zona vincolata, è limitata alle sole opere di restauro e risanamento conservativo o di manutenzione straordinaria, su immobili già esistenti, se ed in quanto conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.


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Terzo condono edilizio: le condizioni della sanatoria straordinaria

Niente da fare, quest'opera non può ottenere il terzo condono edilizio.

Secondo Palazzo Spada, infatti, prima di tutto il parere paesaggistico postumo emesso dal Comune nel 2006 risulta essere stato privato di qualsiasi efficacia dall’intervento della Soprintendenza con la nota del 5 febbraio 2007 e mai più reiterato dall’Amministrazione comunale, anche dopo il conferimento effettivo della delega nel 2010.

Poi si entra nello specifico delle regole del terzo condono: le opere in questione, comportando un aumento di volumetria, sia pure di modesta entità, non avrebbero mai potuto essere ricomprese tra quelle suscettibili di sanatoria, poiché, come evidenziato dalla costante giurisprudenza di questo Consiglio, “ai sensi dell’art. 32, comma 27, lett. d), d.l. n. 269 del 2003, le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, fra cui quello ambientale e paesistico come quelli di specie, sono sanabili solo se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: a) si tratti di opere realizzate prima della imposizione del vincolo; b) seppure realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche; c) siano opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria); d) vi sia il previo parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo (Cons. Stato, Sez. VI, 2 agosto 2016, n. 3487).

Ciò esclude a priori la sanatoria di opere consistenti nella realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura assoluta o relativa, o comunque di inedificabilità, anche relativa (Cons. Stato, Sez. VI, 17 gennaio 2020 n. 425; 2 maggio 2016, n. 1664; 17 marzo 2016, n. 1898).


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