Terremoto: dall’analisi delle immagini satellitari si individuano le aree a maggiore intensità sismica
Dall’analisi delle immagini satellitari si riconoscono le aree a maggiore intensità sismica di un terremoto
Grazie alle immagini ottenute con la tecnica dall’interferometria satellitare è possibile riconoscere le zone "deformate" dai terremoti.
A sostenerlo un team di ricercatori dell’Università Sapienza di Roma e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) che ha analizzato l’”impronta digitale” dei terremoti.
L’impronta digitale dei terremoti individuata con l’interferometria satellitare
Roma, 17 maggio 2021 - Attraverso le immagini ottenute dall’interferometria satellitare, un team di ricercatori dell’Università Sapienza di Roma e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha analizzato l’”impronta digitale” dei terremoti attraverso il riconoscimento della deformazione del suolo che accompagna un evento sismico.
Gli scienziati, infatti, sono riusciti a stimare con precisione le dimensioni e a riconoscere l’area dove si concentrano gli scuotimenti più violenti che accompagnano i terremoti. Lo studio “The epicentral fingerprint of earthquakes marks the coseismically activated crustal volume” è stato appena pubblicato su ‘Earth Science Reviews’.
Le immagini ottenute con la tecnica InSAR (Interferometric Synthetic Aperture Radar) consentono di rilevare la deformazione cosismica (ovvero, la deformazione istantanea e permanente causata dal terremoto) delimitando l'area epicentrale dove si è concentrato lo spostamento maggiore, attraverso l’analisi della deformazione del terreno attorno alla faglia attivata durante un terremoto.
Analizzati 32 eventi sismici
“Nella ricerca abbiamo analizzato 32 eventi sismici, con l'obiettivo di confrontare i campi di deformazione in termini di forma, estensione spaziale e volumi di crosta terrestre coinvolti sia dalla mobilizzazione che dal contemporaneo attraversamento da parte delle onde sismiche, e il corrispondente tipo e magnitudo di terremoto” spiega Carlo Doglioni, Presidente dell’INGV e Professore della Sapienza.
“La dimensione dell'area di superficie terrestre deformata rilevata da InSAR per terremoti magnitudo uguale o maggiore di 6 è sempre maggiore di 100 km2, mentre è anche oltre 550 km2 per terremoti di magnitudo di circa 6.5. Inoltre, il confronto tra InSAR e le accelerazioni di picco del suolo documenta un maggiore scuotimento all'interno delle aree che subiscono una maggiore deformazione verticale”.
“Dal 1993, con i dati InSAR è stato analizzato un lungo elenco di eventi sismici, sempre crescente grazie all’incremento del numero dei satelliti, al miglioramento della qualità di sensori SAR, e delle tecniche InSAR nelle aree continentali”, affermano Patrizio Petricca, ricercatore della Sapienza, e Christian Bignami dell’INGV. “Con esse è possibile rilevare la deformazione cosismica, delimitando l'area epicentrale dove si è concentrato lo spostamento maggiore. Al di fuori di quest'area, a parte fenomeni di amplificazione locale, lo spostamento del suolo diminuisce, determinando l’attenuazione dello scuotimento sismico”.
“La conoscenza di queste manifestazioni della Terra aiuta a focalizzare più specificatamente la prevenzione sismica nelle future aree epicentrali, aiutando a calibrare la valutazione della pericolosità sismica in cui il movimento verticale gioca un ruolo rilevante nell'aumentare un maggiore scuotimento orizzontale e quindi maggiori danni. Perché i terremoti torneranno: in media in Italia si generano circa 20 terremoti distruttivi al secolo”, conclude il Presidente Carlo Doglioni.
Consulta lo studio: The epicentral fingerprint of earthquakes marks the coseismically activated crustal volume”
Patrizio Petricca, Christian Bignami, Carlo Doglioni (2021). Earth Science Reviews.
Figura 1 - Immagini InSAR utilizzate per il calcolo dell'area dei terremoti correlati alle faglie normali.
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