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Terre e rocce da scavo: indagini e procedure necessarie con la nuova normativa

Terre e rocce da scavo: il nuovo dpr 120/2017 entrato in vigore lo scorso 22 agosto prevede che la non contaminazione debba essere verificata con il campionamento e l'analisi del terreno scavato. Eliminata la discrezionalità di valutazione caso per caso da parte di enti di controllo e operatori

Dallo scorso 22 agosto, è partita la gestione delle terre e delle rocce da scavo “in via semplificata”, con l’entrata in vigore del DPR/Regolamento 120/2017. Il riordino, con annesse semplificazioni nella gestione delle terre e rocce da scavo in un unica norma, ha però qualche “effetto collaterale” che bisogna considerare in sede operativa.

La realtà, infatti, è che le attività da compiere sono aumentate e, in particolare, va evidenziato che la non contaminazione deve essere verificata con il campionamento e l'analisi del terreno scavato, attività non semplice da applicare.

Riutilizzo materiali scavati: come funzionava prima…
Di fatto, la procedura per il riutilizzo dei materiali scavati nello stesso sito di produzione si è aggravata: prima, il Codice dell’Ambiente (art.185 del d.lgs. 152/2006) si limitava ad escludere dall’ambito di applicazione della disciplina sui rifiuti, il terreno non contaminato scavato e rituizzliato nello stesso sito, ma non venivano imposte specifiche modalità di verifica della non contaminazione del terreno. In parole povere: gli operatori e gli enti di controllo erano liberi di valutare la qualità ambientale del terreno.

…e come funziona adesso
Questa discrezionalità non c'è più. L’art.24 del dpr 120/2017 prescrive che la non contaminazione sia verificata con la caratterizzazione (campionamento e analisi del terreno) del terreno scavato. L'analisi, quindi, c'è ancora ma non si fanno differenze tra piccoli o grandi cantieri, appesantendo quindi una prassi consolidata da anni. La valutazione dell'area tra operatori ed enti, ad esempio con un metodo probabilistico, non basta più: la verifica va sempre effettuata.

Non solo. Se il riutilizzo nello stesso sito è previsto in un progetto sottoposto a VIA, l’operatore deve predisporre un piano preliminare di utilizzo che integra lo studio di impatto ambientale. Tale piano dovrà essere integrato con i risultati del campionamento (da trasmettere agli enti prima dell’inizio dei lavori) e dovrà riportare volumi da scavare e riutilizzare, collocazione e durata dei depositi, collocazione finale delle terre e rocce da scavo.

I risultati delle analisi dovranno quindi essere sempre trasmessi agli enti di controllo prima dell'inizio dei lavori. Rispetto a prima, un lavoro (difficile) in più.

Le novità del DPR

  • semplificazione delle procedure e fissazione di termini certi per concludere le stesse, anche con meccanismi in grado di superare eventuali situazioni di inerzia da parte degli uffici pubblici. Si evitano così i lunghi tempi di attesa da parte degli operatori per la preventiva approvazione del piano di utilizzo delle terre e rocce da parte delle autorità competenti;
  • procedure più veloci per attestare che le terre e rocce da scavo soddisfano i requisiti stabiliti dalle norme europee e nazionali per essere qualificate come sottoprodotti e non come rifiuti;
  • una definizione puntuale delle condizioni di utilizzo delle terre e rocce all'interno del sito oggetto di bonifica, con l’individuazione di procedure uniche per gli scavi e la caratterizzazione dei terreni generati dalle opere da realizzare nei siti oggetto di bonifica;
  • il rafforzamento del sistema dei controlli.

Semplificazioni amministrative: piccoli, medi e grandi cantieri
Segnaliamo, fra l'altro, l'introduzione di un meccanismo simile alla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA): la gestione delle terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti (e non come rifiuti) saranno avviabili anche senza comunicazione preventiva dell'autorità competente di ogni trasporto sia nei piccoli cantieri (sotto i 6 mila metri cubi totali) che nei grandi cantieri (sopra i 6 mila metri cubi e sottoposti a VIA e AIA).

Nei piccoli cantieri, inoltre, saranno previste semplificazioni notevoli: come previsto dall'art.41-bis del decreto-legge 69/2013, basterà una dichiarazione sostitutiva almeno 15 giorni prima dell'inizio dei lavori di scavo, per avviare l'avvio. I piccoli cantieri sono tutti quelli che non superano i 6 mila metri cubi totali, mentre nei i cantieri medi (sopra i 6mila metri cubi ma non sottoposti a VIA e AIA) basterà predisporre una dichiarazione sostitutiva.

Nei grandi cantieri, infine, la modalità per attestare che le terre e rocce da scavo soddisfino i requisiti stabiliti per essere classificate come sottoprodotti e, quindi, essere reimpiegate, sarà necessario il deposito di un piano di utilizzo delle terre all'autorità competente e l'avvio, trascorsi 90 giorni, della gestione del cd. "smarino" senza attendere autorizzazione preventiva.