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Tensostrutture per campi da tennis: serve il permesso di costruire

Tar Toscana: serve il permesso di costruire per l’installazione di tensostrutture di dimensioni rilevanti e destinate ad un utilizzo permanente

Coperture campi da tennis: le tensostrutture ancorate

Non basta la SCIA ma serve il permesso di costruire per l’installazione di tensostrutture di forma rettangolare in pianta (base di 36,8 x 18,75 metri, altezza massima di 9,50 metri), costituite da struttura interna prefabbricata in legno o acciaio zincato a sei archi con sovrastante telone di copertura in PVC, "vele" fisse a chiusura dei lati corti e tende laterali scorrevoli (apribili) sui lati lunghi ed ancoraggio tramite basamenti in cemento armato e destinate all'attività di un circolo tennis.

L'importante precisazione è contenuta nella recente sentenza 93/2019 del Tar Toscana, che ha trattato il caso della revoca parziale del precedente ordine di sospensione presso un cantiere al fine di eseguire interventi finalizzati alla messa in sicurezza del cantiere stesso, invitando gli interessati alla rimozione del telo della tensostruttura per copertura di un campo da tennis privo dei necessari tiranti entro 10 giorni dalla notifica...restando validi i presupposti per il procedimento di annullamento degli effettti della SCIA e contestuale ordine di sospensione dei lavori.

Tensostruttura per campo da tennis: configurazione dell'opera

Secondo la ricorrente, le impugnate ordinanze di sospensione dei lavori originerebbero da un’erronea qualificazione giuridica dell’intervento, posto che le tensostrutture non potrebbero considerarsi alla stregua di un fabbricato, avendo come unica funzione quella di proteggere i campi dagli agenti atmosferici ed essendo completamente apribili e delle dimensioni strettamente necessarie a svolgere la funzione di copertura. La correttezza dell’assunto sarebbe dimostrata dallo stesso atteggiamento iniziale del Comune, che, se avesse ritenuto trattarsi di opera assimilabile a un fabbricato, avrebbe dovuto immediatamente ritenere la SCIA inidonea a legittimare l’avvio dei lavori; mentre il successivo cambiamento di opinione da parte degli uffici comunali non sarebbe adeguatamente motivato e sarebbe comunque errato, avuto riguardo al carattere pertinenziale e all’utilizzo meramente temporaneo delle coperture in questione.

Secondo il Comune, invece, al momento della notifica dell’ordine di sospensione e dell’avvio del procedimento di autotutela le opere erano lungi dall’essere terminate, essendo in corso i lavori relativi alla realizzazione di una sola delle quattro tensostrutture previste dalla SCIA. E, per il suo carattere di stabilità e permanenza l’intervento integrerebbe una (nuova) costruzione a tutti gli effetti, dovendosi per altro verso escludere qualsivoglia affidamento tutelabile in capo alla ricorrente: questa non potrebbe, infatti, invocare la propria buona fede, avendo allegato alla SCIA elaborati grafici incompleti (mancanti cioè della rappresentazione delle distanze dal confine e dal fabbricato di proprietà della stessa).

Tensostruttura per campo da tennis: è nuova costruzione con trasformazione del territorio

Per il Tar, i motivi del ricorso sono infondati poiché le caratteristiche dell’intervento oggetto della SCIA presentata al Comune dalla ricorrente sono attestate dalla documentazione in atti, segnatamente dalle relazioni tecniche allegate alla stessa SCIA e all’istanza per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. Il progetto prevedeva l’installazione di tensostrutture di forma rettangolare in pianta (base di 36,8 x 18,75 metri, altezza massima di 9,50 metri), costituite da struttura interna prefabbricata in legno o acciaio zincato a sei archi con sovrastante telone di copertura in PVC, “vele” fisse a chiusura dei lati corti e tende laterali scorrevoli (apribili) sui lati lunghi. Per l’ancoraggio della struttura, era prevista la realizzazione di basamenti in cemento armato.

Chiarite le caratteristiche dell’intervento, è noto che l’art. 3 lett. e) del d.P.R. n. 380/2001 inserisce fra gli interventi di nuova costruzione anche “l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee” (disposizione del tutto analoga era contenuta nell’art. 78 della legge regionale toscana n. 1/2005, vigente all’epoca della
presentazione della SCIA da parte della ricorrente).

La giurisprudenza amministrativa ne fa discendere – con orientamento costante – la qualifica di nuova costruzione per qualsiasi opera che comporti una stabile e permanente trasformazione del territorio, preordinata a soddisfare esigenze non precarie sotto il profilo funzionale e della destinazione dell'immobile; e specularmente afferma che la precarietà di un manufatto deve essere valutata con riferimento non al tipo di materiali utilizzati per la sua realizzazione, ma all'uso cui lo stesso è destinato, nel senso che, se le opere sono dirette al soddisfacimento di esigenze stabili e permanenti, la natura precaria dell'opera va comunque esclusa, a prescindere dai materiali utilizzati e dalla tecnica costruttiva applicata (fra le moltissime, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 11 gennaio 2018, n.150; id., 24 luglio 2012, n.4214; id., 2 febbraio 2012, n.615; id., sez. V, 20 giugno 2011 n. 3683).

In definitiva, non c'è dubbio che le tensostrutture oggetto della SCIA presentata dalla ricorrente costituiscano vere e proprie costruzioni, in tal senso deponendo il consistente ingombro planivolumetrico, la realizzazione mediante strutture stabilmente ancorate al suolo e la permanente destinazione a servizio dell’attività del circolo di tennis.

E a nulla vale il fatto che le strutture siano completamente apribili, e per questo - secondo la ricorrente - estranee alla nozione di costruzione ai sensi dello stesso regolamento edilizio comunale, oltre che destinate all’utilizzo stagionale (durante l’inverno). Ciò poiché nessuna delle due affermazioni trova
riscontro nella documentazione in atti, dalla quale si evince che “il telone in poliestere sulle cupole e sulle vele rimarranno fissi, mentre si apriranno soltanto le porzioni laterali”: così i chiarimenti indirizzati al Comune dal Tecnico della ricorrente, i quali fanno tutt’al più presumere che l’apertura avrebbe potuto riguardare le pareti laterali della struttura ma non la copertura, che rappresenta l’elemento di maggiore impatto urbanistico-edilizio.

Tra l'altro, per consolidato indirizzo, la precarietà di un’opera, postulandone l’utilizzo specifico e temporalmente limitato, non coincide con la sua stagionalità, la quale ne implica pur sempre la destinazione a soddisfare esigenze non eccezionali e momentanee, ma permanenti, ancorché ciclicamente riferite a determinati periodi dell’anno (per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 3 giugno 2014, n.2842; T.A.R. Toscana, sez. II, 22 maggio 2018, n.696; id., sez. III, 28 febbraio 2017, n.312; Cass. pen., sez. III, 20 febbraio 2018, n. 17135).

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