Tecnologo del calcestruzzo: chi è costui ?
Il “Tecnologo del calcestruzzo”: deve essere una precisa qualifica professionale
Prendo spunto dalle riflessioni di questi giorni pubblicate da INGENIO che, con riferimento alla mediaticamente fortunata ed altrettanto priva di significato definizione di “calcestruzzo depotenziato”, hanno affrontato, dalla produzione alla posa in opera, i diversi argomenti responsabili della qualità del calcestruzzo, rendendo evidente come l’assenza di progettazione prima e di controllo, in produzione ed in accettazione, dopo, determinino “calcestruzzi scadenti”, e non “depotenziati”, caratterizzati da ridotte capacità di prestazione e da maggiore vulnerabilità al degrado.
Non posso che condividere quanto egregiamente espresso da chi mi ha preceduto e volevo solo dare un modesto contributo ad un aspetto che ritengo di grande importanza e che, per quanto mi riguarda, rappresenta la condizione necessaria per garantire la produzione in qualità del calcestruzzo, condizione che prescinde dalla qualità dei materiali e dalle modalità di produzione e che riguarda la figura professionale del “Tecnologo del calcestruzzo” richiamata dal collega Matteo Felitti.
“Tecnologo del Calcestruzzo”: L’esperienza dell’ASCI
Un doveroso inciso, citando il “Tecnologo del Calcestruzzo” non si può non ricordare l’attività meritoria che l’associazione ASCI (Associazione Sperimentatori Calcestruzzi Innovativi), sotto la presidenza ed il coordinamento scientifico del Prof. Ing. Salvatore Lo Presti, ha svolto per oltre un decennio. L’ASCI ha proposto, con cadenza annuale, dal 2004 un percorso di formazione professionale rigoroso, di durata compresa fra le 40 h e le 70 h, al termine del quale il superamento di un esame consentiva l’iscrizione ad un “Albo Nazionale dei Tecnologi del calcestruzzo”.
Oggi non mancano i precedenti in merito all’obbligo di iscrizione a specifici albi, in altri settori dell’ingegneria: impianti elettrici, antincendio, etc.., soprattutto laddove la sicurezza d’uso e la pubblica incolumità sono prioritari.
La qualità, dopo il getto, del calcestruzzo indurito nelle nuove costruzioni e nelle costruzioni esistenti o, a “bocca di betoniera”, del calcestruzzo fresco durante la fornitura rientra a pieno titolo nel “Requisito 1 - Resistenza meccanica e stabilità del Regolamento UE n. 305/2011”.
L’esperienza dell’ASCI testimonia, forse troppo in anticipo sui tempi, che se per un verso è importante definire norme e procedure per l’altro queste non possono prescindere dall’incidenza del “fattore umano”.
L'importanza della “cultura del calcestruzzo”
La “cultura del calcestruzzo” deve essere un valore condiviso fra tutti coloro che intervengono nel processo edilizio, e lo è sicuramente per il progettista delle opere, che fissa i requisiti e le prestazioni dell’opera, ma lo è anche per il tecnologo, che elabora la migliore miscela per la specifica esigenza, e lo è per il laboratorio, incaricato sia della sperimentazione preliminare che del confezionamento dei provini e delle prove di accettazione, ma deve esserlo soprattutto per tutti gli operatori intermedi, dal responsabile dell’impianto al responsabile del getto che, se “consapevoli” della propria funzione e competenza, prima del getto, durante la posa e durante la stagionatura, possono fare la differenza nella assicurazione della qualità dell’opera.
Alcuni settori interessati dal “Requisito 1” prevedono già oggi la formazione, l’aggiornamento professionale e la certificazione:
- la UNI EN ISO 9712:2012 stabilisce i requisiti per la “Qualificazione e la certificazione del personale incaricato di effettuare prove non distruttive (PND) in campo industriale";
- la UNI PdR 56:2019 indica le linee guida per la “Certificazione del personale tecnico addetto alle prove non distruttive (PND) nel campo dell’ingegneria civile, inclusi i beni culturali e architettonici”.
In entrambi i casi gli Organismi di Certificazione (CAB) devono essere accreditati da ACCREDIA ai sensi della UNI CEI EN ISO/IEC 17024:2012 “Valutazione della conformità - Requisiti generali per organismi che eseguono la certificazione di persone” e gli schemi devono prevedere tre livelli di certificazione, percorsi formativi omogenei ed un sistema oggettivo di valutazione degli esami.
Proprio per questo tanto le NTC 2018 e la Circolare n.7/2019 che il DPR n. 380/2001 e la Circolare n. 633/CSLLPP/2019 hanno recepito l’obbligo della formazione e della certificazione del personale che opera in campo industriale e civile.
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Il “Tecnologo del calcestruzzo”: deve essere una precisa qualifica professionale
Concludendo, il “Tecnologo del calcestruzzo” non deve essere inteso come un generico requisito onorario ma deve essere ritenuto come una precisa qualifica professionale, definita da uno specifico percorso formativo e culturale, certificato con procedure oggettive da un ente terzo.
Il “Tecnologo del calcestruzzo” è un esperto le cui competenze sono assolutamente complementare alle figure professionali appena richiamate, rispetto alle quali riveste un ruolo determinante perché è in grado di prevedere, di prevenire e quindi di evitare non solo quelle che sono le più frequenti cause di vulnerabilità e di degrado del calcestruzzo ma anche quelle che per “ignoranza” determinano la produzione e la fornitura di “calcestruzzi scadenti”.