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Superbonus 90% e concetto di "abitazione principale" a fine lavori. Il coordinamento col Bonus Prima Casa

La risposta positiva fornita dal Fisco, secondo cui il Superbonus al 90% per le spese edilizie sostenute nel 2023 compete, purché l’immobile unifamiliare sia adibito ad “abitazione principale” al termine degli interventi, apre il campo alla riflessione sul necessario coordinamento con le norme disciplinanti l'agevolazione “prima casa”, in caso di acquisto dell'immobile sito in un Comune diverso.

La recente risposta all’interpello 377 del 10.07.2023 prende in considerazione la possibilità di riconoscere l’applicabilità del superbonus, nella misura del 90%, alle spese sostenute fino al 31 dicembre 2023 nell’ambito di interventi edilizi avviati a partire dal 1° gennaio 2023, aventi ad oggetto edifici unifamiliari inagibili acquistati mediante l’agevolazione “prima casa”.

Condizioni e requisiti

Prima di esaminare il caso concreto e la soluzione fornitane da parte del Fisco, è utile rammentare che l’articolo 119, comma 8-bis, terzo periodo, DL 34/2020 richiede, tra le numerose condizioni per il riconoscimento del bonus, pure che l’immobile oggetto degli interventi sia adibito ad “abitazione principale” da parte del contribuente, persona fisica privata, che sostiene le spese.

Gli altri requisiti richiesti dalla norma sono:

  • che il contribuente possegga l’immobile a titolo di proprietà o altro diritto reale di godimento;
  • e che sia titolare di un reddito di riferimento non superiore a euro 15.000, da determinarsi ai sensi del comma 8-bis dell’articolo 119).

Il requisito dell'abitazione principale

Più nel dettaglio, quanto alla definizione dell’abitazione come “principale”, la circolare 13/E/2023 richiama l’articolo 10 Tuir, per il quale è “principale” l’abitazione posseduta dalla persona fisica per proprietà o altro diritto reale, in cui essa o i suoi familiari dimorino abitualmente.

Premesso che il luogo di dimora abituale coincide con il concetto di residenza civilistica ex articolo 43, comma 2, cod. civ., dimostrabile anche per fatti (mentre il requisito di dimora anagrafica ai sensi dell’articolo 3 D.P.R. 223/1989, rilevante ai fini della “prima casa”, come si vedrà, si dimostra con le iscrizioni anagrafiche della popolazione residente presso il Comune – circolare 18/E/2013, par. 3.11.3), nel caso esaminato il contribuente sottolinea che l’abitazione in parola, acquistata fruendo delle agevolazioni “prima casa”, richiede significativi interventi edilizi di demolizione e ricostruzione, essendo sostanzialmente un rudere inagibile privo di tetto e solai; e s’interroga se la spettanza del superbonus come sopra indicato possa essere confermata per tali lavori, anche se l’abitazione potrà dirsi “principale” solo alla fine dei lavori stessi (ricorrendo, per inciso, tutti gli altri requisiti di cui al cennato comma 8-bis).

Le norme sull'agevolazione Prima Casa

La risposta positiva fornita dell’Agenzia delle Entrate – per la quale l’aliquota di detrazione al 90% per le spese edilizie sostenute nel 2023 compete, purché l’immobile unifamiliare sia adibito ad “abitazione principale” al termine degli interventi – apre però il campo alla riflessione, circa il necessario coordinamento tra quanto sin qui trattato e le norme disciplinanti l’agevolazione “prima casa”, in caso di acquisto dell’immobile sito in un Comune diverso.

Com’è noto, ai sensi della lettera a) del comma 1 della Nota II-bis all’articolo 1 Tariffa, Parte Prima, allegata al D.P.R. 131/1986, TUR, l’acquirente che non abbia già la propria residenza nel Comune ove è sito l’immobile “prima casa” acquistato, deve rendere dichiarazione d’intenti nel rogito di voler stabilire entro 18 mesi dall’atto di acquisto la propria residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile medesimo, a pena di decadenza; e poi deve effettivamente trasferire la propria residenza anagrafica (circolare 18/E/2013 citata) nel rispetto di tale termine.

Ai sensi del comma 10-ter dell’articolo 119, come introdotto dal D.L. 77/2021, si noti poi che tale termine è stato prorogato a 30 mesi, laddove il trasferimento della residenza faccia riferimento a immobili oggetto di interventi super-ecobonus di cui al comma 1 lettere a), b) e c) dell’articolo 119: e quindi riguardi pure gli immobili qualificabili come ruderi ai sensi del comma 1-quater del citato articolo 119 (ossia in quelli privi di APE iniziale perché sprovvisti di copertura), per i quali il superbonus compete purché vengano realizzati anche interventi di isolamento termico, pure in connessione a opere di demolizione e ricostruzione, con raggiungimento finale della classe energetica di fascia A (circolare 23/E/2022, punto 2.4).

Peraltro, acquistato l’immobile diruto in un Comune ove è necessario trasferire la residenza anagrafica, è da aver presente che:

  • l’agevolazione “prima casa” spetterà anche se la residenza non venga trasferita esattamente nell’immobile oggetto dei lavori ancora interminati, ma in altro immobile sito nello stesso Comune, purché nei termini (circolare n. 19/E/2001, par. 2.1.2), e anche se l’immobile non è adibito ad “abitazione principale” (risoluzione 86/E/2010);
  • viceversa, il superbonus nella misura del 90% non potrà dirsi spettante, se non sarà dimostrabile che l’immobile è effettivamente l’abitazione “principale” del contribuente (ossia un immobile idoneo all’uso abitativo, terminati i lavori) e nel quale il contribuente effettivamente dimori abitualmente.

Il coordinamento delle regole sopra richiamate induce a ritenere che possa implicitamente individuarsi nei trenta mesi dall’atto di acquisto il termine ideale entro cui dover completare i lavori sulla “prima casa” unifamiliare, ai fini della spettanza del superbonus: potendosi riferire a tale termine l’adempimento dell’onere probatorio, gravante sul contribuente circa la sussistenza dei presupposti dell’agevolazione, dell’aver adibito proprio tale abitazione a “principale” in quanto, evidentemente, completata post lavori e idonea all’uso: con prova che può facilmente confezionarsi mediante trasferimento della residenza esattamente nella “prima casa” in parola, nei trenta mesi dal rogito.

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