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Super alberi per salvare il clima

Una startup della Silicon Valley vuole potenziare gli alberi per assorbire più carbonio e raffreddare il clima. Si tratta di una grande soluzione per il clima o di una semplice esagerazione? In questo articolo, esploreremo gli sforzi della startup Living Carbon nel creare alberi in grado di crescere più velocemente e catturare più carbonio rispetto ai loro simili naturali, nonché la discussione che ne è scaturita riguardo all'efficacia di tali alberi nel combattere il cambiamento climatico.

Negli ultimi decenni, il cambiamento climatico ha rappresentato una delle maggiori sfide globali. Di fronte a questo problema, gli scienziati di tutto il mondo stanno cercando soluzioni innovative per mitigare gli effetti negativi dell'aumento delle temperature.

Su Ingenio ne parlo spesso, attraverso riflessioni che spesso riprendono articoli e pubblicazioni che a livello internazionale affrontano il tema anche proponendo nuove soluzioni.

Uno di questi approcci promettenti è la ricerca di "super alberi", piante geneticamente modificate capaci di assorbire più carbonio e resistere alle condizioni climatiche estreme. Ho trovato su questo un articolo sul MIT Technology Review, dal titolo “Inside the quest to engineer climate-saving “super trees” che cercherò di riprendere in questo mio testo.

Alla ricerca di "super alberi" che salveranno il clima: una soluzione concreta o solo un'enorme esagerazione?

Tutto nasce da una startup della Silicon Valley che vuole potenziare gli alberi per assorbire più carbonio e raffreddare il clima.

L'idea alla base del progetto di Living Carbon è di utilizzare la fotosintesi delle piante per ridurre l'anidride carbonica presente nell'atmosfera e immagazzinare il carbonio. La startup mira a progettare alberi che crescano più rapidamente e assorbano più carbonio rispetto agli alberi naturali.

Inoltre, si concentrano sulla resistenza alla decomposizione, in modo da trattenere il carbonio assorbito per un periodo più lungo e impedire il suo rilascio nell'atmosfera.

Nella fotosintesi, le piante estraggono l'anidride carbonica dall'atmosfera e usano l'energia della luce solare per trasformarla in zuccheri. Bruciano alcuni zuccheri per produrre energia e ne usano un po' per costruire più materia vegetale, una riserva di carbonio.

Inoltre, si concentrano sulla resistenza alla decomposizione, in modo da trattenere il carbonio assorbito per un periodo più lungo e impedire il suo rilascio nell'atmosfera.

SI tratta di un aspetto importante, perchè per quanto riguarda la capacità delle piante di rimuovere il carbonio atmosferico a lungo termine occorre considerare che ogni anno, gran parte del carbonio nella biomassa di una pianta coltivata viene restituita all'atmosfera dopo essere stata consumata, da microbi, funghi o esseri umani.

Le prime piantagioni di alberi modificati geneticamente

Nel febbraio di quest'anno, Living Carbon ha fatto notizia piantando i suoi primi alberi di pioppo "potenziati dalla fotosintesi" in una zona boschiva nella Georgia.

Questa è stata una vera e propria svolta, poiché è stata la prima foresta negli Stati Uniti a contenere alberi geneticamente modificati.

Tuttavia, molte domande rimangono ancora senza risposta.

Innanzitutto come influenzeranno questi alberi il resto della foresta? si comporteranno come quelle specie animali introdotte in ecosistemi - anche incidentalmente - che hanno sostituito le specie indigene alterando gli equilibri esistenti ? e i terreni come reagiranno all’introduzione di alberi che crescono più velocemente e quindi assorbono più velocemente le sostanze nutritive ?

E quanto saranno efficaci nel catturare il carbonio dall'atmosfera?

Dubbi e domande sulla reale efficacia

Nonostante Living Carbon abbia già venduto crediti di carbonio per la sua nuova foresta a consumatori interessati a compensare le proprie emissioni di gas serra, molti accademici che studiano la salute delle foreste e la fotosintesi degli alberi mettono in dubbio la capacità degli alberi modificati di assorbire effettivamente il carbonio pubblicizzato.

L’articolo cita il professor Steve Strauss, un noto genetista degli alberi presso l'Oregon State University che ha brevemente fatto parte del consiglio consultivo scientifico di Living Carbon e sta conducendo prove sul campo per l'azienda, ha espresso preoccupazione sulla crescita degli alberi modificati rispetto ai pioppi naturali. Strauss ha affermato che è ancora troppo presto per determinare se questi alberi cresceranno come previsto e ha espresso dubbi sul fatto che l'azienda abbia deciso di andare avanti con la piantagione senza avere dati sufficienti a supporto.

Regolamentazione e proteste

 Le domande che posto poche righe sopra sono condivise. L'ingegneria genetica degli alberi ha storicamente suscitato forti reazioni da parte degli attivisti contrari agli organismi geneticamente modificati.
Gli scienziati ecologisti del settore forestale sono consapevoli del rischio che alberi modificati possano competere con altre specie e diventare invasive, ma per quanto riportato sul MIT TR non sembrano particolarmente preoccupati riguardo a questa eventualità.

Conclusioni

La ricerca e lo sviluppo di "super alberi" che possano assorbire più carbonio e contribuire a mitigare il cambiamento climatico rappresenta una sfida affascinante. Tuttavia, è ancora necessario condurre ulteriori ricerche e studi per valutare l'efficacia e gli effetti a lungo termine di questi alberi modificati geneticamente.

L'idea di utilizzare la fotosintesi delle piante per combattere il cambiamento climatico è affascinante, ma è importante affrontare la questione con la dovuta cautela. È fondamentale considerare gli aspetti ambientali, etici e di sicurezza associati alla modifica genetica degli alberi.

In conclusione, se gli alberi "super" di Living Carbon dimostrassero di essere efficaci nel catturare il carbonio e resistere alla decomposizione, potrebbero rappresentare un importante contributo nella lotta al cambiamento climatico. Tuttavia, è necessario continuare a monitorare attentamente gli sviluppi e condurre ulteriori ricerche per garantire che tali soluzioni siano sicure ed efficaci a lungo termine.


Ecco il link per leggere l’articolo originale sul MIT Technology Review.

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