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Sulla rigidezza dei solai in zona sismica

Analisi sul concetto di “solaio infinitamente rigido”, approfondendo in particolare le ipotesi iniziali e i metodi per giustificare tale assunzione, utile anche a dare una risposta ad alcune domande in relazione agli interventi locali.

I solai sono elementi edilizi importanti sia in ambito statico sia in ambito sismico.

Nell’ambito statico, pur assolvendo ad un compito meramente gravitazionale, devono possedere caratteristiche tali da permettere, ad esempio, una ridistribuzione uniforme (certa) dei carichi.

Nell’ambito sismico, invece, i solai possono essere definiti, grazie al loro comportamento rigido nel proprio piano, il “punto chiave” per garantire una corretta ripartizione delle forze orizzontali.

Nel presente articolo si propone una panoramica relativa al concetto di “solaio infinitamente rigido”, approfondendo per l’appunto, le ipotesi iniziali e i metodi per giustificare tale assunzione rispondendo, altresì, ad alcune domande attuali in relazione agli interventi locali con incentivo fiscale (Superbonus).



Lo scenario statico e sismico

Le valutazioni nell'ambito statico

Come ben noto nella progettazione strutturale, i solai di qualsiasi materiale e tecnologia rivestono un ruolo importante sia sotto l’aspetto sismico sia sotto l’aspetto meramente statico.

Oggigiorno, con le innumerevoli prescrizioni normative in ambito sismico, lo scenario statico a cui sono assoggettati i solai sembra essere un problema a cui, spesso, non si dedica il giusto tempo. In effetti, la valutazione dei vincoli, della deformabilità e – generalmente del comportamento gravitazionale – non sembra destare granché preoccupazione sebbene le attuali Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC2018) riportino alcune indicazioni da rispettare.

Ad esempio, il paragrafo 3.1.3 del D.M. 17/01/2018 evidenzia come “in linea di massima, in presenza di orizzontamenti anche con orditura unidirezionale ma con capacità di ripartizione trasversale, i carichi permanenti non strutturali potranno assumersi, per le verifiche d’insieme, come uniformemente ripartiti. In caso contrario, occorre valutarne le effettive distribuzioni.

Lo stesso paragrafo prosegue con utili suggerimenti e proposte per trasformare, ad esempio, il carico dei divisori interni in un carico uniformemente ripartito da inserire nel modello di calcolo.

È evidente come tali indicazioni dovrebbero essere estese anche al caso di carichi pressoché concentrati come potrebbero essere gli impianti. Infatti, l’installazione di serbatoi per l’acqua sanitaria oppure per l’inerzia termica, genera sul solaio dei carichi che non sempre di distribuiscono adeguatamente sulla superficie del solaio.

I carichi lineari 

Sul tema statico, alcune ricerche sottolineano come i carichi lineari (murature ecc.) possano essere trasformati in carico distribuito solamente considerando i parametri relativi alla rigidezza delle travi (Said, et al., 2012) mentre altri studi rimarcano la necessità di effettuare studi approfonditi prima di procedere all’assunzione di un carico uniformemente ripartito (Wang, 2022).

Le valutazioni nell'ambito sismico

In ambito sismico, invece, le caratteristiche del solaio sono fondamentali per cogliere la risposta sismica dell’edificio.

Di fatto, la capacità del solaio di ridistribuire le forze sismiche è stato oggetto – come ben risaputo – di innumerevoli ricerche e test per mezzo delle quali è stato possibile approfondire il ruolo del solaio sia negli edifici esistenti sia negli edifici di nuova realizzazione.

Per quanto riguarda gli edifici esistenti è possibile citare la ricerca di Piazza et Al. (Piazza, et al., 2008) in cui gli autori hanno dimostrato come la rigidezza dei solai (in questo caso in legno) influisca notevolmente sul comportamento strutturale dell’intero edificio.

Un contributo interessante in merito, è stato proposto da Porco et Al. (Porco, et al., 2017) in cui sono stati descritti i risultati ottenuti da svariate modellazioni numeriche, confrontando la rigidezza del solaio con la rigidezza degli elementi verticali.

La ricerca ha permesso di evidenziare come l’assunzione di solaio infinitamente rigido non sia sempre percorribile, ma debba essere necessariamente rapportata alla rigidezza degli elementi verticali e alla presenza di eventuali fori.

Altro aspetto interessante approfondito nella ricerca era la deformabilità in funzione delle campate del solaio: aumentando quest’ultime è stato dimostrato come il solaio diventi più deformabile e quindi l’ipotesi di impalcato rigido sia opportunamente da valutare. Quest’ultimo risultato era stato dimostrato anche in una precedente ricerca (Moon & Lee, 1994) che auspicava di includere la deformazione nel piano dei solai delle strutture, qualora la deformazione nel piano dei solai sia elevata.

Una recente ricerca (Pecce, et al., 2018) relativa proprio all’influenza della deformabilità del solaio in edifici composti da pareti, ha dimostrato, ancora una volta, come la deformabilità del solaio non determini una variazione del picco dell’accelerazione sismica, ma possa modificare – anche notevolmente – la distribuzione delle azioni sismiche tra gli elementi sismo-resistenti.

Il tema, essendo di interesse generale, è stato oggetto anche di normazione. Il D.M. 17/01/2018, ad esempio, al paragrafo 7.2.6 evidenzia che “A meno di specifiche valutazioni e purché le aperture presenti non ne riducano significativamente la rigidezza, gli orizzontamenti piani possono essere considerati infinitamente rigidi nel loro piano medio a condizione che siano realizzati in calcestruzzo armato, oppure in latero-cemento con soletta in calcestruzzo armato di almeno 40 mm di spessore, o in struttura mista con soletta in calcestruzzo armato di almeno 50 mm di spessore collegata agli elementi strutturali in acciaio o in legno da connettori a taglio opportunamente dimensionati.

Di fatto la norma italiana non prescrive ulteriori analisi se non in casi “particolari” oppure quando le aperture presenti nei solai ne riducono la rigidezza. Tali indicazioni sembrano alquanto semplicistiche visti i risultati di numerosi studi in cui si sottolinea come la rigidità nel piano del solaio sia influenzata non solo dalle aperture ma anche dallo spessore del solaio, dal rapporto di forma, dalla geometria in pianta dell’edificio e dalla posizione delle pareti di taglio (Frappa, et al., 2023; Rahman & Navilesh, 2019).

Per cercare qualche ausilio pratico progettuale è necessario, pertanto, consultare altri codici e norme. Ad esempio, i codici statunitensi come la FEMA-273 (FEMA, 1997) riportano utili metodologie e formulazioni che consentono non solo la stima della rigidezza del solaio, ma anche l’eventuale ripristino negli edifici esistenti.

Molto utile è anche la consultazione dell’Eurocodice 8 (CEN, 2013) nel quale si riportano alcune note in relazione all’ipotesi di impalcato infinitamente rigido. Al paragrafo 4.2.3.2 (3) la norma evidenzia che “la rigidezza in pianta degli impalcati deve essere sufficientemente grande rispetto alla rigidezza laterale degli elementi strutturali verticali, in modo che la deformazione dell’impalcato abbia un effetto piccolo sulla distribuzione delle forze tra gli elementi strutturali verticali.” Tale concetto riprende in toto le indicazioni riportate nelle varie ricerche citate in precedenza. Onde evitare tali deformazioni l’EC8 (CEN, 2013) “[…] raccomanda che le configurazioni in pianta a L, C, H, I e X siano attentamente esaminate, soprattutto per quello che riguarda la rigidezza dei tratti laterali, che dovrebbe essere paragonabile a quella della parte centrale, al fine di soddisfare la condizione di impalcato rigido.”

Ebbene, la norma impone al progettista un controllo della rigidezza anche sulla configurazione geometrica e non solo sulla presenza o meno di aperture.

Altresì, al paragrafo 5.11.3.5 (2) l’EC8 (CEN, 2013) ribadisce un concetto ben noto: “quando la condizione di impalcato rigido in conformità al punto 4.3.1(4) non è soddisfatta, si raccomanda che la deformabilità nel piano dell’impalcato così come quella dei collegamenti agli elementi verticali, sia considerata nel modello.

In pratica, l’Eurocodice 8 (CEN, 2013) avvisa il progettista che se l’ipotesi di impalcato rigido non è soddisfatta, deve intervenire nel modello di calcolo apportando le opportune correzioni.

In realtà, la ricerca numerica della condizione di piano infinitamente rigido sembra un processo piuttosto ardito. In effetti nella pratica progettuale, come già ribadito in precedenza, si segue solamente le indicazioni imposte dal D.M. 17/01/2018 per il requisito di impalcato infinitamente rigido (presenza di soletta in c.a. da 40-50 mm).


Quale metodo?

A seguito degli innumerevoli interventi locali eseguiti con il Superbonus riguardanti gli impalcati, mi pongo un quesito: quanti di questi interventi locali effettuati sui solai sono stati utili per il raggiungimento dell’ipotesi di impalcato rigido? In che modo è stato dimostrato che l’intervento ha effettivamente migliorato la ridistribuzione delle forze sismiche?

In realtà, un metodo ci sarebbe. Ed è proprio riportato nella nota del paragrafo 4.3.1(4) dell’EC8 (CEN, 2013): “La membratura è considerata rigida, se, quando è modellata con la sua flessibilità reale nel piano, i suoi spostamenti orizzontali non superano in nessun punto quelli che risultano dall’ipotesi di membratura rigida per più del 10% degli spostamenti orizzontali assoluti corrispondenti nella situazione sismica di progetto.

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