Strutture a tenuta idraulica: prescrizioni di capitolato
Si descrivono le varie problematiche e le prescrizioni inerenti alle strutture a tenuta idraulica, quali le strutture interrate (muri perimetrali e platee di fondazione) che operano in terreni al di sotto del livello di falda, strutture totalmente o parzialmente immerse, vasche o serbatoi a tenuta, tutte a contatto con acque di varia natura.
Le problematiche di tenuta idraulica sono relative alle opere per le quali si richiedono requisiti di tenuta idraulica, quali le strutture interrate (muri perimetrali e platee di fondazione) che operano in terreni al di sotto del livello di falda dove occorre garantire che le acque non pervengano all’interno dei vani scantinati, strutture totalmente o parzialmente immerse, vasche o serbatoi a tenuta, tutte a contatto con acque di varia natura.
Queste esigenze di tenuta idraulica diventano ancora più stringenti per quelle strutture destinate al contenimento di acque reflue di processi industriali che possono contenere sostanze nocive per l’ambiente e per le quali risulta di particolare importanza evitare perdite che possano inquinare le acque di falda o i terreni circostanti la struttura.
Per le strutture idrauliche degli impianti di depurazione occorre valutare attraverso un’analisi chimica delle acque la presenza di eventuali sostanze che possono promuovere il degrado del calcestruzzo o delle armature. Le sostanze aggressive possono essere innumerevoli; pertanto, risulta praticamente impossibile poter generalizzare individuando delle prescrizioni di capitolato univoche valide per qualsiasi tipo di acqua sottoposto a trattamento. Molto spesso, inoltre, l’attacco risulta cosi severo da richiedere l’impiego di trattamenti protettivi a base di sistemi epossidici.
Si consiglia, quindi, per queste strutture, di volta in volta, in base alla natura e alla concentrazione delle sostanze aggressive, stabilire le prescrizioni di capitolato per il calcestruzzo e per gli eventuali trattamenti protettivi da adottare.
Sempre per le strutture idrauliche, oltre all’azione dell’anidride carbonica gassosa dell’aria nei confronti dei ferri di armatura, in qualche caso, occorre tener presente anche dell’effetto degradante promosso dall’anidride carbonica libera presente nelle acque in forma di acido carbonico (H2CO3).
Quest’ultimo è capace di provocare una lenta ma inesorabile dissoluzione della matrice cementizia per effetto della trasformazione del carbonato di calcio nel più solubile bicarbonato provocando asportazioni consistenti di pasta di cemento dalla superficie delle strutture. La prevenzione di queste forme di degrado è affidata all’impiego di calcestruzzi di bassa porosità e all’impiego di cementi resistenti al dilavamento della calce a moderata, ad alta o altissima resistenza al dilavamento, funzione della concentrazione di anidride carbonica libera nelle acque.
Tale aggressione può risultare molto severa, soprattutto nelle strutture idrauliche in alta montagna (sponde di torrenti, briglie, canali, ecc.), sia perché le acque sono caratterizzate generalmente da un basso TAC (Titolo Alcalimetrico Totale), sia perché aumenta la solubilità della portlandite alle basse temperature. Inoltre, per le strutture in alta montagna, va tenuto conto con opportune prescrizioni, anche dei cicli gelo-disgelo a cui viene sottoposto il calcestruzzo. Inoltre, non vanno dimenticate le acque con la presenza di solfati, le acque di mare o contenenti cloruri di altra natura con tutte le conseguenze che comportano su calcestruzzo ed armature.
Quindi, non è pensabile, progettare una struttura a tenuta idraulica senza conoscere la natura e le caratteristiche precise delle acque che andranno a contatto con tale opera.
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