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Storia del laterizio: tessere laterizie pavimentali

Si tratta di classi pavimentali numericamente esigue, ma molto interessanti e poco conosciute, realizzate attraverso la giustapposizione e la replicazione di posa di elementi di forma triangolare, romboidale, esagonale, ottagonale, cubica, mandorlata (o “lunata”) ecc.

 

Le origini delle pavimentazioni in laterizio sono da ricercare nella tradizione ellenistico-romana.

Oltre alla tipologia dei pavimenti continui in cocciopesto – l’opus signinum – e quella, ben nota e diffusa sul territorio nazionale, dell’opus spicatum è da evidenziare come in ambito romano, già in epoca repubblicana, viene codificato un più variegato repertorio di elementi laterizi in forma di tessere, dalle forme geometriche modulari, combinabili fra loro.

Si tratta di classi pavimentali numericamente esigue, ma molto interessanti e poco conosciute, realizzate attraverso la giustapposizione e la replicazione di posa di elementi di forma triangolare, romboidale, esagonale, ottagonale, cubica, mandorlata (o “lunata”) ecc.

Tali formati, oltre ad un uso ripetuto in stesure omogenee, sono in alcuni casi combinati in scritture pavimentali geometricamente più articolate o impiegati a contrasto cromatico. 

Più che nell’ambito della città di Roma (e nell’area geografica centromeridionale di più specifica influenza della capitale) la serie più numerosa di pavimentazioni a tessere geometriche di terracotta appartiene all’Italia settentrionale (alla regione della Cisalpina, in particolare), con una concentrazione dei ritrovamenti soprattutto nell’area dell’Emilia Romagna e diramazioni nelle Marche e nella Toscana costiera.

 Benché siano trascorsi oltre settant’anni dalla ricognizione pionieristica di Marion Elisabeth Blake sulle pavimentazioni romane che già evidenziava lo scarso interesse della ricerca archeologica e la mancanza di studi di sistematizzazione, ancora oggi non sembra essere stato realizzato un repertorio che cataloghi le variegate tipologie degli elementi in cotto emersi nei siti archeologici in forma di lacerti di diversa morfologia e fattezza.

Il materiale di scavo è, inoltre, tutt’ora poco fruibile in quanto risulta prevalentemente conservato nei depositi degli enti preposti alla tutela del patrimonio storico (Musei e Soprintendenze, in particolare) e – spesso – di difficoltosa consultazione.

Le origini delle pavimentazioni in laterizio

Lacerto di pavimentazione di domus romana in piccoli esagoni (con inserti litici) e rombi laterizi (I sec. d. C.). Museo archeologico nazionale di Sarsina.

 

«Nell’Italia settentrionale – come rileva Maria Luisa Morricone che redige, nel 1970, la voce “Pavimento” dell’Enciclopedia dell’Arte Antica Classica e Orientale posta ad aggiornare il quadro delineato dalla Blake – sono relativamente numerosi i pavimenti di mattoni di questo tipo: a Bologna, Modena, Imola, Galeata, Ravenna, Faenza, Sarsina, Reggio Emilia, sono frequenti i trovamenti di pavimenti di mattonelle esagonali talora associate a mattonelle romboidali. 

La data di questi pavimenti non è sempre precisabile ma si possono ritenere datati con sufficiente sicurezza l’esemplare di Imola, associato a mosaici databili al I secolo a. C. (le cui mattonelle recano al centro una tessera bianca), un pavimento di Faenza, recentemente venuto in luce, a esagoni e losanghe, che rimonta allo stesso periodo, i due pavimenti a esagoni tornati in luce a Bologna (Via Ca’ Selvatica) che sono certamente del I sec. a. C., anzi uno di essi potrebbe essere ancora più antico; anche l’esemplare di Sarsina, che fu trovato sotto un mosaico in bianco e nero con decorazione geometrica, è con ogni verosimiglianza ancora di età repubblicana.»

 

Pavimentazione in tessere laterizie di reimpiego (I sec. a. C). Museo della città, Rimini.

Pavimentazione in tessere laterizie di reimpiego (I sec. a. C). Museo della città, Rimini.

 

Gli elementi in cotto si presentano, frequentemente, con caratteristiche di elevata qualità quanto a omogeneità e compattezza, ben rispondendo ai requisiti di resistenza e durata richiesti dalle pavimentazioni; questo è evidente soprattutto negli elementi di piccolo formato della Cisalpina.

Molto probabilmente viene perfezionato un processo di produzione che prevede una colatura in stampi, proseguendo la tradizione delle terrecotte architettoniche, attraverso l’impiego di un impasto semiliquido di argilla molto selezionata e miscelata, anziché seguire il più usuale procedimento di formatura dei laterizi per pressatura manuale.


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INFO

Articolo tratto dal libro STILE LATERIZIO II - I laterizi cotti fra Cisalpina e Roma - Capitolo 8

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