Stato legittimo e Decreto Salva Casa
Analisi dei cambiamenti apportati in materia di determinazione dello stato legittimo dell'immobile dal Decreto Salva Casa, con principi della giurisprudenza amministrativa in materia che possono essere utili per interpretare al meglio la nuova normativa, che si pone l'obiettivo, tra l'altro, del buon fine delle vicende traslative che possono riguardare gli immobili.
Non sono poche le novità introdotte con il c.d. Decreto Salva Casa (DL 69/2024 convertito con modifiche dalla L. 105/2024) che richiedono più di un approfondimento. Tra queste sicuramente quelle riferite alla definizione dello stato legittimo degli immobili, contenuta all’art.9 bis del DPR 380/01, eletto quale presupposto non solo per l’esecuzione degli interventi edilizi ma anche per il buon fine delle vicende traslative che possono riguardare gli immobili.
Sul corretto significato di alcune disposizioni prendiamo pertanto spunto dalla giurisprudenza pregressa i cui principi possono essere un’utile giuda per la lettura della nuova normativa.
Quadro normativo
Secondo quanto statuito dall’art. 9 bis comma 1 bis del DPR 380/01, così come riformulato dal Decreto Salva Casa, lo stato legittimo degli immobili o delle unità immobiliari è determinato dalla consistenza degli stessi ravvisabile alternativamente:
- dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa;
- dal titolo abilitativo rilasciato o assentito che ha interessato l’intero immobile o l’intera unità immobiliare (novità introdotta dal Decreto).
In quest’ultimo caso il legislatore prevede, quale elemento condizionante il significato da far assumere a tale titolo, che l’amministrazione abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi.
Per come formulata, la nuova disposizione parrebbe non aver innovato la situazione pregressa che pretendeva una ricostruzione sistematica dei titoli che hanno interessato l’immobile e una loro accertata consequenzialità tra stato di fatto e di progetto.
Ciò in attuazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato che, in sede procedimentale, pretende che l’eventuale rappresentazione nell’ante e post operam di porzioni edilizie/interventi (non oggetto della istanza che ha dato luogo al titolo da analizzarsi) non sia sufficiente a determinare lo “stato legittimo”, dovendo, invece, verificarsi se dette porzioni/interventi fossero espressamente oggetto della domanda che ha condotto a rilascio del titolo (TAR Campania, Salerno n. 1358/2021; Napoli sez. VI n 1935/2020).
La disposizione introdotta dal Decreto Salva Casa indicata al secondo punto evidenziato, come indicato anche nella relazione illustrativa al decreto stesso, vorrebbe valorizzare l’affidamento del privato nell’operato della pubblica amministrazione nel caso in cui gli uffici tecnici comunali abbiano accertato parziali difformità e non le abbiano considerate rilevanti, avendo emanato un provvedimento favorevole.
Conta l'ultimo titolo abilitativo
Non vi possono essere pertanto dubbi sul fatto che si possa fare riferimento all’ultimo titolo abilitativo che ha interessato l’intero immobile o l’intera unità immobiliare qualora vi sia prova di un accertamento espresso da parte dell’Amministrazione pubblica che tuttavia non è intervenuta in sede repressiva ma ha, nonostante la difformità, dato corso al rilascio del titolo abilitativo o non ne ha inibito gli effetti.
Lo stesso dicasi nell’ipotesi in cui nell’istruttoria volta alla verifica di un titolo edilizio, l’Amministrazione dia conto che lo stato di fatto di partenza corrisponda ai precedenti edilizi che hanno interessato l’immobile da considerarsi pertanto legittimo.
Decreto Salva Casa: tutti i titoli abilitativi che provano lo stato legittimo dell'immobile
Tra i titoli idonei a stabilire lo stato legittimo sono ricompresi, previo pagamento delle relative sanzioni o oblazioni, quelli rilasciati o formati in applicazione delle norme sul permesso in sanatoria.
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La sanabilità delle difformità conosciute dall'amministrazione
Come ben sanno gli operatori del settore si tratta tuttavia di casi esigui e del tutto eccezionali tanto che da più parti si è auspicata un’interpretazione estensiva della disposizione, che possa di fatto considerare sanate, al di là delle disposizioni previste sulle tolleranze costruttive di cui all’art 34 bis e ter DPR 380/01, quelle difformità che l’Amministrazione avrebbe dovuto appurare o comunque conoscere, ovvero quei casi in cui possa essere riconosciuta in capo a quest’ultima una responsabilità omissiva in termini di controlli.
Tale interpretazione sembra essere stata accolta da una recente pronuncia del TAR Sicilia, sez II n. 722/2023, che definisce un contenzioso in cui veniva contestata all’Amministrazione comunale l’adozione un’ordinanza di demolizione di un manufatto ritenuto abusivo in quanto edificato all’interno del centro abitato nei primi anni ‘60, ovvero in un periodo storico che va dall’entrata in vigore dell’art 31 L 1150/42 e dell’art 10 L 765/67.
E’ noto infatti che, solo con le modifiche apportate da quest’ultima disposizione al testo originario dell’art. 31 L 1150/42, è stato esteso l’obbligo di richiedere un titolo abilitativo preventivo per l’attività edilizia esercitata in tutto il territorio comunale.
L’ordinanza veniva contestata a fronte sia di una precedente archiviazione di un’istanza di accertamento di conformità edilizia, in quanto procedimento non necessario perché, secondo l’Amministrazione, il fabbricato non poteva ritenersi abusivo; sia della presentazione di una CILA per opere di manutenzione straordinaria, rispetto a cui l’Amministrazione era rimasta inerte.
Da cosa si ricava la regolarità edilizia di un manufatto?
Tralasciando le vicende che hanno riguardato la disamina del caso concreto, vale la pena soffermarsi sui principi prestati dal TAR valutandone l’utilità per la lettura delle nuove disposizioni normative.
Il Tribunale Amministrativo parte dal presupposto che l’ordinamento non prevede un procedimento finalizzato ad ottenere dall’Amministrazione Comunale un’attestazione della regolarità edilizia di un manufatto, poiché la stessa si deve ricavare dai titoli che ne hanno consentito la realizzazione.
Tuttavia le determinazioni dell’Amministrazione sullo stato legittimo di un immobile si possono desumere anche dall’accertamento e dalla valutazione di un fatto che, in assenza di false rappresentazioni o dichiarazioni del privato, l’amministrazione ha valutato o avrebbe dovuto valutare in ossequio agli obblighi sulla stessa gravanti (secondo la tesi del TAR ex art 18 L 241/90 ed art 5 DPR380/01).
Sempre secondo il TAR, nel caso in cui si tratti di un immobile sorto in un periodo storico in cui non era necessario acquisire un titolo edilizio, per cui l’art. 9 bis DPR 380/01 consente di ricostruire lo stato legittimo attraverso prove documentali di comprovata provenienza (es catasto di primo impianto) ovvero dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio interessante l’intero immobile od unità immobiliare, il rilascio o la mancata inibizione di tale titolo presuppone un’implicita valutazione e ricostruzione della verosimile consistenza del fabbricato preclusiva per le parti interessante (pubblica amministrazione e privato).
Tale effetto preclusivo, rimovibile solo a fronte dell’accertata sussistenza dei presupposti previsti dall’art 21 nonies L 241/90, secondo il Tribunale amministrativo si verifica ogni qualvolta l’amministrazione, nell’ambito di un procedimento volto a valutare e verificare la legittimità di preesistenze edilizie, si esprima sulla loro conformità in modo espresso o tacito, rimanendo, in quest’ultimo caso, consapevolmente inerte a fronte della formazione di titoli lato sensu abilitativi, tra cui deve annoverarsi anche la CILA, aderendo alla prospettazione del privato-istante.
Seguendo la tesi sopra esposta pertanto, la valenza dell’ultimo titolo abilitativo che ha interessato l’intero immobile o l’intera unità immobiliare, dovrebbe essere riconosciuta anche qualora sia imputabile all’Amministrazione una condotta omissiva per non aver controllato ciò che doveva controllare.
Purtroppo il tenore letterale della disposizione introdotta all’art 9 bis DPR 380/01 in commento parrebbe far leva sulla valenza delle sole verifiche effettuate di legittimità dei titoli pregressi, richiamando nuovamente la coerenza e consequenzialità tra stato di fatto e stato di progetto dei vari titoli dell’immobile al fine della ricostruzione dello stato legittimo, il che priverebbe la riforma normativa di quella portata innovativa che si auspicava.
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