Stato legittimo degli immobili e Decreto Salva Casa
Le regole sul nuovo stato legittimo degli immobili dopo le novità apportate all'art.9-bis del Testo Unico Edilizia da parte del Decreto Salva Casa continuano a creare problematiche interpretative figlie della possibile (o impossibile?) verifica, da parte del comune, del titolo abilitativo rilasciato o assentito, che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o l'intera unità immobiliare. Analisi della questione, implicazioni, conseguenze e prime pronunce giurisprudenziali sul tema.
*presentazione di Ermete Dalprato
Il tema che affronta l’Autrice è di attualissimo interesse e se ne consiglia l’attenta lettura per evitare erronee interpretazioni della disciplina dello stato legittimo che la stessa circolare del MIT suggerisce possa fare riferimento all’ultimo atto abilitativo nel presupposto che la coerenza della filiera degli atti pregressi sia stata verificata dalla Pubblica Amministrazione.
Abbiamo già segnalato in precedenti scritti che questa interpretazione non appare sostenibile perché difforme dal testo letterale della legge che la circolare non può disattendere o stravolgere.
Pare che sul punto anche la più recente Giurisprudenza la pensi allo stesso modo come dimostra la disamina di recenti sentenze che l’Autrice qui commenta.
Lo stato legittimo degli immobili post Decreto Salva Casa
Una delle questioni più controverse che riguardano il Decreto Salva casa (DL 69/2024 convertito con modifiche dalla L105/2024), inerisce le addizioni normative introdotte all’art 9 bis DPR 380/01 in ordine alle modalità di ricostruzione dello stato legittimo degli immobili.
In particolare, l’attenzione è puntata sulla previsione di cui comma 1 bis del precitato articolo, nella parte in cui statuisce che lo stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare è definito oltre che dal titolo abilitativo che ne ha previsto/ legittimato la costruzione anche dal titolo abilitativo rilasciato o assentito, che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o l'intera unità immobiliare, a condizione che l'amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.
Le ragioni che fomentano la discussione sono per lo più legate all’utilizzo nella formulazione normativa di termini o concetti condizionati che lasciano ampi margini di discrezionalità nella loro interpretazione.
Tuttavia, in tema di stato legittimo, l’attenzione è sempre focalizzata sulla mancanza di continuità tra i titoli abilitativi che si sono susseguiti ed al dilemma se la mera rappresentazione, ovvero anche la realizzazione di interventi di recupero, di parti non assentite in progetto od in sanatoria con titoli pregressi, possa farle ritenere comunque legittimate.
Prima del Salva Casa
Nel precedente contesto normativo la giurisprudenza voleva che per la determinazione dello stato legittimo fosse necessario ricostruire puntualmente tutte le vicende trasformative dell’immobile in relazione ad ogni singolo intervento.
Ciò in considerazione del fatto che attribuire una portata totalmente abilitante ad un titolo abilitativo, a prescindere dal relativo oggetto, condurrebbe ad una sorta di inammissibile sanatoria implicita per tutti i manufatti assistiti da qualsivoglia autorizzazione, seppure non riferibile alla loro integrale consistenza e conformazione.
Ne discendeva che non era consentito provare la legittimità dell’immobile solamente mediante quanto rappresentato in un titolo edilizio, ma era necessario ricostruire l’intera serie degli atti autorizzativi relativi a tutti i singoli interventi.
Né tanto meno poteva essere attribuita efficacia “sanante” di precedenti abusi al fatto che una pratica edilizia contenesse elaborati grafici ove venisse rappresentato il fabbricato con irregolarità pregresse relative ad interventi non precedentemente assentiti.
Verifica dello stato legittimo: il problema
Ora si pone in questione il tema su che significato attribuire alla neo-introdotta normativa, considerando anche il fatto che non esiste un procedimento certificativo attraverso cui la Pubblica Amministrazione possa meramente attestare lo stato legittimo di un immobile.
Prescindendo dalla normativa e dalla dottrina sulle fonti del diritto e sull’interpretazione delle leggi, poniamo in evidenza autorevoli interventi che possono fungere da guida alla corretta, e speriamo prima o poi univoca, interpretazione della norma di cui si discute.
Partendo dalla relazione illustrativa al decreto-legge, nella stessa si evidenzia come, con particolare riferimento al titolo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio interessante l’intero immobile o l’intera unità immobiliare, si intenda valorizzare l’affidamento del privato nell’operato della pubblica amministrazione nel caso in cui gli uffici tecnici comunali abbiano accertato parziali difformità e non le abbiano considerate rilevanti, avendo emanato un provvedimento favorevole.
Siamo in presenza di considerazioni che non sono state tradotte nel testo normativo dato che non si fa riferimento alcuno all’accertamento espresso di parziali difformità dell’immobile, valutate come irrilevanti dall’Amministrazione Comunale che poi ha rilasciato un titolo edilizio in progetto.
Cosa dicono le linee guida del Salva Casa?
Lo stesso si dica in relazione ai chiarimenti del MIT contenuti nelle “Linee di indirizzo e criteri interpretativi sull’attuazione del decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2024, n. 105 (DL Salva Casa)”
Queste fanno perno sul fatto che letteralmente la norma non porta agli obbiettivi prefissati di liberare un patrimonio edilizi di fatto bloccato dalla ricostruzione dello stato legittimo e non disponibile al riuso ed alla riqualificazione.
Quindi, la verifica della legittimità dei titoli pregressi da parte dell’amministrazione competente, secondo la tesi del Ministero, nonostante il testo normativo, può essere presunta qualora nella modulistica relativa all’ultimo titolo edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, siano stati indicati gli estremi dei titoli pregressi sulla base del presupposto che, in sede di rilascio di ciascun titolo, l’Amministrazione è chiamata a verificare puntualmente, in base alla documentazione tecnica fornita dal richiedente, eventuali situazioni di difformità che ostano al rilascio del medesimo.
Prima di proseguire, va aperta una breve parentesi sul fatto che anche la gestione dei titoli abilitativi edilizi ha avuto un suo passato diversificato nel corso del tempo.
Sfido chiunque a reperire della modulistica nei titoli degli anni 50, così come a vedere istruiti tutti i titoli abilitativi legati all’onda della liberalizzazione (SCIA, CILA) fondata proprio sul passaggio dal pubblico, che non autorizza più, al privato che dichiara la sussistenza delle condizioni previste per l’esercizio dell’attività edilizia.
Tornando alla tesi del Ministero, viene sostenuto che da sempre l’Amministrazione abbia un obbligo di verifica di tutti i titoli presentati, e pertanto quest’ultima non può riesaminare dei precedenti titoli.
Se è così, sarebbe stato preferibile normare chiaramente la sanatoria incondizionata di tutte le opere presenti al momento di rilascio di un titolo edilizio, impedendo pertanto chiaramente all’Amministrazione comunale di contestare quali mancanza di stato legittimo dell’immobile le difformità tra stato di fatto e stato di progetto, ove non rilevate in precedenza al fine di negare il titolo edilizio.
Il Ministero si premura di fare anche esempi ribadendo che l’Amministrazione, senza valutare la consistenza dei titoli e dei vari interventi eseguiti sull’immobile in forza degli stessi, è legittimata unicamente a verificare se tra l’ultimo precedente edilizio e l’intervento in progetto per cui è stato depositato un nuovo titolo, vi siano delle difformità che impediscono di ritenere l’immobile da modificare legittimo.
Cosa deve verificare l'amministrazione?
Quindi chiudiamo con il passato quando si possa presumere che l’Amministrazione abbia verificato la difformità:
- laddove il titolo più recente sia stato rilasciato
dall’amministrazione con formale provvedimento, che – anche
mediante ricorso a clausole-tipo – attesti esplicitamente che il
medesimo è stato adottato previa verifica della legittimità dei
titoli pregressi;
con riferimento ai titoli rilasciati con formale provvedimento ovvero formatisi implicitamente, per silenzio-assenso (come nel caso della SCIA, della SCIA alternativa al permesso di costruire), laddove sia stata fornita l’indicazione degli estremi del titolo originario e di quelli successivi relativi all’immobile o unità immobiliare, e, in considerazione della documentazione prodotta, non sia stata formulata alcuna contestazione dall’Amministrazione su eventuali difformità rispetto allo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare oggetto dell’intervento.
Cum grano salis perché l’Amministrazione potrebbe comunque procedere in autotutela, qualora sussistano le condizioni, privando di effetti i titoli abilitativi pregressi ed esercitando i conseguenti poteri repressivi.
Tutto questo sarebbe rivoluzionario e sarebbe stato positivo spingersi anche oltre considerando legittimate tutte quelle parti che l’Amministrazione non poteva non vedere come a titolo esemplificativo il caso in cui ha legittimato un piano primo rispetto ad un piano terra abusivo, oppure nel caso in cui ha comunque consentito un ampliamento dovendo verificare l’indice edificatorio residuo.
Se il giudice amministrativo smentisce il MIT
Tuttavia, ancora oggi ci troviamo a discutere in uno stato di incertezza perché ognuno metabolizza le novità, anche normative, a modo suo, e nonostante gli autorevoli suggerimenti interpretativi arriva la bouche de la loi, ovvero il giudice amministrativo che con due recenti pronunce risolve i casi concreti sottopostigli.
La prima, Tar Lombardia sez IV 227/2025, di fatto smentisce la tesi del Ministero, e facendo espresso richiamo alla versione attualmente vigente dell’art. 9-bis, comma 1-bis, del D.P.R. n. 380 del 2001, ribadisce che la norma subordina la sussistenza dello stato legittimo dell’immobile alla condizione che l’Amministrazione, in sede di rilascio di un titolo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi, non ammettendosi una implicita attestazione della loro regolarità.
Secondo la pronuncia richiamata, la circostanza che un’opera non legittima sia rappresentata nelle pratiche edilizie non può comportarne la regolarizzazione postuma e l’ordine di demolizione emesso, ed oggetto di contenzioso, deve considerarsi legittimo, in quanto espressione del generale potere di vigilanza edilizia attribuita all’Ente locale (ex art. 27 del D.P.R. n. 380 del 2001: T.A.R.Lombardia,Milano, II, 17 dicembre 2021, n. 2837).
Dello stesso tenore la sentenza della settima sezione del Consiglio di Stato n. 1382/2025, che prende atto che l’elaborato grafico prodotto a sostegno di un’istanza di autorizzazione edilizia pregressa, rappresentava anche le opere che sono state ritenute abusive con l’ordinanza di demolizione impugnata e rispetto a cui l’appellante sosteneva che il mero fatto della rappresentazione di dette opere in quell’elaborato grafico equivalesse a loro legittimazione o, comunque, approvazione da parte dell’autorità comunale.
Secondo il Consiglio di Stato, la conclusione cui giunge l’appellante, anche alla luce delle novità introdotte dal DL 69/2024, è priva di fondamento perché non può esistere né è giuridicamente configurabile un atto di assenso implicito ad opere abusive, non fondato sull’esplicito, e consapevole, riconoscimento della loro esistenza difforme dagli strumenti urbanistici e/o dai titoli edilizi e, nel caso di specie, semplicemente rappresentate in un elaborato grafico a corredo di una istanza volta ad ottenere l’autorizzazione per altre e diverse opere, poi regolarmente, queste sole sì, assentite dall’amministrazione comunale.
Abuso Edilizio
L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

Edilizia
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Salva Casa
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T.U. Edilizia
Il D.P.R. 380/2001 (più conosciuto come Testo unico per l'edilizia) definisce le regole fondamentali da seguire in ambito edilizio.
Titoli Abilitativi
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