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Standard urbanistici e distanze tra costruzioni: le regole di riparto tra Stato e Regioni

La Corte Costituzionale ha ricostruito l'evoluzione della disciplina statale in tema di standard urbanistici, operando una ricognizione dei principi e delle regole di riparto di competenza tra Stato e Regioni. In parole povere: quando è possibile derogare la norma statale?

Standard urbanistici e distanze in edilizia: il comune può derogare le leggi statali, magari adattando alle caratteristiche del proprio territorio il verde pubblico e la quantità di parcheggi?

A queste domande cerca di rispondere la Corte Costituzionale in una sentenza piuttosto lunga, la n.85/2023, che si esprime sulla questione di legittimità costituzionale dell'art.2-bis del dpr 380/2001 e dell'art.103 della legge regionale Lombardia n.12/2005, norme che consentono ai comuni di derogare ad esempio le disposizioni ex DM 1444/1968.

Standard urbanistici: da dove nasce il tutto

Con la sentenza, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di costituzionalità dell'art. 2-bis, comma 1, del dpr 380/2001 e dell'art. 103, comma 1-bis, della legge della Regione Lombardia n.12/2005 sollevate dal Consiglio di Stato rispettivamente, in riferimento agli artt. 3 e 117, commi secondo, lettere m) e s), e terzo, e agli artt. 3, 97
e 119, all'art. 117, commi secondo, lettere m) e s), e terzo, della Costituzione.

La q.l.c. è stata sollevata nell’ambito di un giudizio d’appello promosso per la riforma della sentenza del TAR Lombardia, sez. II, 20 aprile 2020, n. 654, che ha accolto parzialmente il ricorso proposto dal soggetto proprietario di un rilevante compendio immobiliare la cui potenzialità edificatoria era stata ridotta in ragione degli parametri urbanistici fissati nel Piano di governo del territorio (P.G.T.) più gravosi di quelli stabiliti dal DM 1444/1968.

Ma cosa sono gli standard urbanistici?

Come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, gli standard urbanistici trovano fondamento nell’art. 17 della legge 765/1967, che ha introdotto l’art. 41-quinquies della legge 1150/1942, la quale, ai commi 8 e 9, stabilisce che “In tutti i comuni, ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, debbono essere osservati limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza tra i fabbricati, nonché rapporti massimi tra spazi.destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi. I limiti e i rapporti previsti dal precedente comma sono definiti per zone territoriali omogenee, con decreto del Ministro per i lavori pubblici di concerto con quello per l’interno, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici. In sede di prima applicazione della presente legge, tale decreto viene emanato entro sei mesi dall’entrata in vigore della medesima”.

La disciplina è stata attuata dal DM 1444 del 1968 che, in base a quanto previsto dal predetto dal predetto comma nono della l. n. 765 del 1967, ha optato per l’individuazione delle percentuali di dotazioni infrastrutturali strettamente collegate alle destinazioni funzionali delle diverse zone in cui doveva essere ripartito dal piano regolatore generale il territorio comunale, così prevedendo gli artt. da 3 a 5 del citato d.m. n. 1444 del 1968 le percentuali e le quantità di aree da destinare a “spazi pubblici, attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi, differenziate in ragione del fabbisogno attribuito a ciascuna zona territoriale omogenea.

Il riparto di competenze tra Stato e Regioni sulle distanze tra costruzioni: quando si può derogare

La Consulta osserva che, con riferimento al criterio di riparto di competenze tra Stato e regioni, la sentenza 50/2017 ha affermato che «Nella delimitazione dei rispettivi ambiti di competenza - statale in materia di "ordinamento civile" e concorrente in materia di "governo del territorio" - il punto di equilibrio è stato rinvenuto nell'ultimo comma dell'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, che questa Corte ha più volte ritenuto dotato di efficacia precettiva e inderogabile […] Tale disposto ammette distanze inferiori a quelle stabilite dalla normativa statale, ma solo "nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche".

In definitiva, le deroghe all'ordinamento civile delle distanze tra edifici sono consentite se inserite in strumenti urbanistici, funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio (sentenza n. 6 del 2013) […] conclusioni devono essere ribadite anche alla luce dell'introduzione - ad opera dall'art. 30, comma 1, 0a), del decreto-legge 69/2013 (cd. Decreto del Fare), convertito, che ha recepito la giurisprudenza di legittimità, inserendo nel testo unico sull'edilizia i principi fondamentali della vincolatività, anche per le regioni e le province autonome, delle distanze legali stabilite dal decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 e dell'ammissibilità di deroghe solo a condizione che esse siano «inserite in strumenti urbanistici, funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio».

Inoltre, si osserva che «la legislazione regionale che interviene sulle distanze, interferendo con l'ordinamento civile, è legittima solo in quanto persegua chiaramente finalità di carattere urbanistico, ossia operi nell'ambito della competenza concorrente del «governo del territorio»; al contrario, la norma impugnata altera il punto di equilibrio tra la materia «ordinamento civile», di competenza esclusiva dello stato, e quella concorrente del «governo del territorio», sicché è «costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 117, 2º comma, lett. l), e 3º comma, cost., l'art. 10, 1º comma, l.reg. Marche 13 aprile 2015 n. 16, nella parte in cui modifica l'art. 35 l.reg. 4 dicembre 2014 n. 33, sostituendo, in tema di disciplina delle distanze fra costruzioni, all'espressione originaria «ovvero di ogni altra trasformazione», la diversa espressione «e di ogni trasformazione» […] perché la sostituzione della parola «ovvero», con la parola «e», e l'espunzione dell'aggettivo «altra» (sicché la frase originaria «ovvero di ogni altra trasformazione» diventa «e di ogni trasformazione») estende la competenza della regione oltre i limiti consentiti» (Corte cost., 16 gennaio 2013, n. 6, in Foro it., 2013, I, 737).

La Consulta passa poi in rassegna una serie di pronunce della giustizia amministrativa e di quella civile relative alla disciplina delle distanze di cui all'art. 9 del DM 1444 del 1968.

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