Sostenibilità del calcestruzzo: l'aggregato da riciclo può essere una risorsa, ma le prestazioni devono essere prescritte e controllate in cantiere
In questa intervista di Andrea Dari, Editore e Direttore di INGENIO, l'esperto del calcestruzzo Matteo Felitti da la sua opinione sul ruolo che questo materiale può avere nel percorso verso la sostenibilità, senza dimenticare norme tecniche e l'importanza di avere professionisti qualificati nel settore.
CAM: l'acqua di riciclo è una risorsa importante che andrebbe ulteriormente valorizzata
Andrea Dari:
I cambiamenti climatici non sono più una minaccia per il futuro ma purtroppo una triste realtà quotidiana. Alluvioni, grandinate, tempeste, incendi, calori e temperature altissime … In tale contesto il tema della resilienza di territori, infrastrutture, edifici diventa fondamentale, e di conseguenza quello della qualità dei materiali da costruzione e delle loro prestazioni. Al tempo stesso ci troviamo con la spinta, giusta ed ineludibile, dell’adozione di prassi sempre più sostenibili, tra cui quella di usare sempre meno cemento, e in genere di miscela, aggregati di riciclo…
Ecco allora la domanda: come il calcestruzzo può rispondere a questa doppia sfida, più prestazioni e più sostenibilità?
Matteo Felitti:
Caro Andrea, premesso che non sono competente in materia di cambiamenti climatici, la domanda però è di estrema importanza ed attualità.
Prima di rispondere vorrei inquadrare la problematica in termini più generali attraverso un grafico del Prof. Franco Bontempi et al., riportato in Fig. 1:
Ebbene, nel diagramma si possono individuare:
- Sull’asse verticale, l’integrità strutturale che riassume sinteticamente la qualità di una costruzione: essa, infatti, è il complesso di tutte le caratteristiche strutturali che caratterizzano una costruzione in termini di funzionalità e sicurezza;
- Nel corso della vita in servizio della costruzione, questa qualità degrada, cioè si ha una progressiva riduzione dell’integrità strutturale. Con “durabilità” si misura la capacità di una struttura di avere un limitato degrado nel tempo, mentre la “robustezza” è la proprietà della struttura di mostrare un limitato e proporzionale danno a seguito di un evento negativo;
- L’integrità strutturale può essere rappresentata da un punto che percorre – nel tempo - la curva riportata in Fig. 1. Quando raggiunge livelli inaccettabili, è necessario eseguire interventi di manutenzione e pertanto la “resilienza” è la facilità con cui una struttura o una infrastruttura è capace di ripristinare – totalmente o parzialmente - le sue performance iniziali.
Relativamente al calcestruzzo, oggi è possibile progettare miscele più sostenibili e con determinate prestazioni:
- “Più sostenibili” in quanto è possibile utilizzare cementi di miscela del tipo CEM II A/LL 42.5 R, ma soprattutto cementi ad attività pozzolanica tipo CEM IV A (V) 42.5 R, alle ceneri volanti e CEM III A 42.5 N, alla loppa d’alto forno. Quest’ultimo, secondo la mia esperienza, sta dando ottimi risultati in termini di mantenimento della lavorabilità, in termini reologici e in termini di prestazioni meccaniche in calcestruzzi preconfezionati con resistenze caratteristiche a compressione ordinarie. L’unico problema riscontrato è la incompatibilità con alcuni superfluidificanti che si manifesta, molto spesso, con la segregazione dell’impasto (Fig. 2). Problema, oggi, facilmente risolvibile con l’adozione di polimeri riduttori di acqua studiati appositamente per ripristinare la compatibilità tra i due prodotti;
“Più prestazionali”: ecco qui bisogna fare attenzione ai calcestruzzi prefabbricati (Figg. 3-4-5). Infatti, viste le richieste in termini di resistenze meccaniche di elementi presollecitati, in particolare al taglio pista e nelle fasi transitorie (scassero, trasporto, stoccaggio e montaggio), credo sia molto difficile sostituire il CEM I 52.5 R con un cemento più sostenibile. Spesso, al taglio pista e con circa 20 ore di maturazione dei getti, viene richiesta una Rckj pari a 40 MPa.
Un CEM I 52.5 R, mediamente dosato a 400 kg/mc, arriva certamente a tale livello prestazionale. I cementi di miscela 42.5 R, o ad attività pozzolanica 42.5 N - sicuramente meno impattanti dal punto di vista ambientale – hanno bisogno di dosaggi elevati (oltre i 450 kg/mc) per raggiungere le prestazioni richieste soprattutto alle brevi stagionature. Per esperienza credo che incrementare i dosaggi di cemento oltre i 450-500 Kg/mc sia controproducente sia per l’incremento dei costi per metro cubo della miscela, sia per l’inasprimento del ritiro plastico/igromentrico (riduzione del rapporto inerte/cemento), che per l’incremento del calore di idratazione. In questo settore, credo, sia indispensabile pensare a qualche prodotto, altamente performante, da aggiungere alla miscela per incrementare le resistenze a compressione possibilmente contenendo i costi per mc.
Andrea Dari:
Si parla da anni dell’uso di aggregati di riciclo, provenienti da attività di demolizione, nel calcestruzzo, anche quello ad alte prestazioni. In realtà ad oggi siamo ancora lontani da qualsiasi risultato apprezzabile. Perché secondo te l’aggregato di riciclo è ancora così poco utilizzato? e quanto secondo te può essere una risorsa affidabile e di qualità per il calcestruzzo?
Matteo Felitti:
L’aggregato da riciclo è poco utilizzato perché banalmente, in Italia, manca la cultura del calcestruzzo a basso impatto ambientale e la cultura dei controlli in cantiere (senza ovviamente generalizzare).
Potrebbe diventare una risorsa affidabile se venissero prescritte e controllate in cantiere le prestazioni in termini di lavorabilità, durabilità e resistenze meccaniche, fermo restando i controlli in origine sul prodotto.
A tal proposito riporto la tabella contenuta nelle NTC 2018, la quale rappresenta un chiaro riferimento per gli addetti ai lavori:
Andrea Dari:
L’acqua di riciclo dovrebbe essere valorizzata nel conto dei CAM?
Matteo Felitti:
Credo assolutamente di sì!
Trattasi di una risorsa importante che andrebbe ulteriormente valorizzata a livello normativo.
Andrea Dari:
La sostituzione dei cementi tradizionali con quelli di miscela è solo un problema di cambio fornitura o inciderà nella definizione dei mix design? Puoi farmi un esempio?
Secondo la mia esperienza da Tecnologo del Calcestruzzo e fermo restando le problematiche evidenziate relativamente al calcestruzzo prefabbricato, trattasi di un NON problema, in quanto la sostituzione dei cementi Portland tipo I con i cementi di miscela tipo II, ma soprattutto con i cementi alla loppa d’alto forno tipo III, rappresenta un miglioramento delle prestazioni in termini di mantenimento della lavorabilità, della durabilità dell’opera, oltre che ridurre l’impatto ambientale. Come esempio riporto un mix-design relativo ad una miscela C32/40 – S4 – XC4 – Dmax30 confezionata con un cemento a basso impatto ambientale:
Andrea Dari:
I prodotti si evolvono …. ma le norme restano sempre le stesse, o addirittura peggiorano. Si pensi alle norme sul controllo di accettazione del calcestruzzo, che hanno più di quarant’anni, o all’introduzione del CVT per i calcestruzzi fibrorinforzati. Quale priorità nell’ambito delle normative andrebbero affrontate per prima in questo settore. Quale approccio dovrebbe essere seguito?
Sui controlli di accettazione, di cui alle NTC 2018, riporto le conclusioni di un articolo di Roberto Marino a cui si rimanda per ulteriori approfondimenti:
“A conclusione di questo articolo, però, il lettore mi deve consentire un mio profondo rammarico nei riguardi dei controlli di accettazione sia di tipo A che di tipo B.
I legislatori avrebbero potuto considerare approcci, o criteri di verifica delle conformità, più moderni e più scientifici con i quali si sarebbe ottenuto, senza alcun dubbio, un miglioramento netto della qualità dei nostri calcestruzzi a tutto vantaggio della sicurezza strutturale e della durabilità delle opere.”
In merito alla introduzione dei CVT per i fibrorinforzati direi che hanno complicato la vita ai produttori di calcestruzzo. Fornire, oggi, una miscela fibrosa per opere strutturali richiede tempi troppo lunghi per l’ottenimento del CVT. Ottenuto il CVT per una determinata miscela confezionata con un cemento tipo II, per esigenze di durabilità (cambio classe di esposizione, ad esempio), sostituisco il cemento con un tipo III a parità di prestazioni meccaniche e di lavorabilità (stesso rapporto a/c e quindi stessa classe di resistenza, stessa classe di lavorabilità, stesso diametro massimo dell’aggregato), cosa faccio? Devo richiedere un nuovo CVT?!
Credo sarebbe bastata – anche per i calcestruzzi fibrorinforzati - la procedura ordinaria per la qualifica del mix, aggiungendo, alle prove di base, i test su travetti 15x15x60 per la determinazione della curva forza-apertura fessura (Fig. 9 e 10).
L'INTERVISTA CONTINUA NEL PDF IN ALLEGATO...
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