Città | Architettura | Smart City | AI - Intelligenza Artificiale
Data Pubblicazione: | Ultima Modifica:

Sopravviveremo all’assenza dell’agorà?

In un’epoca di crescente isolamento sociale e frammentazione urbana, la mancanza di autentici spazi di incontro come l’agorà dell’antica Grecia aggrava problemi come il razzismo, la violenza e la disuguaglianza. Ripensare gli spazi urbani, dai parchi alle piattaforme digitali, è cruciale per recuperare la coesione sociale, creando luoghi dove dialogo, confronto e comunità possano prosperare.

Sintesi dell’articolo

L'articolo affronta il tema della crescente crisi sociale e urbana, evidenziando la mancanza di spazi autentici di dialogo e confronto, come l'antica agorà greca. La società moderna, caratterizzata da razzismo, isolamento e degrado sociale, riflette una perdita del tessuto comunitario e un aumento dell'individualismo, aggravato dalla frammentazione degli spazi urbani e dalla digitalizzazione.

Nell'antica Grecia, l'agorà non era solo un luogo fisico, ma un simbolo di connessione tra pubblico e privato, tra ecclesia e oikos. Oggi, la mancanza di un equivalente spazio di incontro contribuisce all'indifferenza e alla chiusura sociale. Le città moderne sono diventate "contenitori stagni", dove le persone vivono isolate, con spazi pubblici svuotati del loro significato originale e il mondo digitale dominato dall’individualismo e dall’autoreferenzialità.

Bruno Latour sottolinea come la frammentazione sociale sia legata alla nostra incapacità di creare legami e mediazione, tanto nello spazio fisico quanto in quello digitale. La digitalizzazione, anziché favorire il confronto autentico, ha spesso esacerbato queste divisioni. Di conseguenza, gli spazi comuni, invece di essere luoghi di scambio, sono diventati arene di esibizionismo, approfondendo la crisi dell'agorà come luogo di costruzione collettiva.

Progettare città più aperte e inclusive è quindi essenziale per recuperare il senso di comunità. Modelli come i giardini pensili di Carlo Ratti a Singapore o il Quartiere Vauban a Friburgo dimostrano che è possibile ripensare l'architettura urbana in modo che favorisca l'interazione sociale e la coesione. Questi esempi offrono nuove agorà, dove le persone possono riconquistare il desiderio dell’altro e ricostruire una società più inclusiva e sostenibile.


La necessità di un’agorà moderna, autentica e inclusiva

Razzismo, degrado sociale, isolamento, violenze in famiglia, a scuola e persino nel sistema sanitario sono problemi che oggi ci toccano sempre più da vicino.

Viviamo in una società che sembra sorda ai bisogni collettivi, sempre più centrata sull'individualismo e sull'egocentrismo, con una perdita crescente delle relazioni umane.

Ogni giorno siamo chiamati ad affrontare queste sfide con crescente apprensione, poiché esse si manifestano ovunque, non solo più nelle periferie, ma anche nei centri urbani, contesti che dovrebbero rappresentare spazi di incontro e crescita.

La crisi delle nostre città riflette una crisi di coesione sociale.

Le metropoli moderne, con la loro complessità, si sono frammentate, creando luoghi anonimi dove le persone vivono isolate, senza la possibilità di costruire relazioni autentiche.

L'assenza di un vero spazio di dialogo e confronto ha alimentato una cultura dell'indifferenza e della chiusura, in cui il contatto con l'altro è ridotto al minimo. Non sono più solo le periferie a rappresentare il contesto fertile per l'emergere di queste problematiche: l'intera struttura urbana necessita di una riflessione profonda e radicale.

In tale contesto l'agorà dell'antica Grecia ci offre una lezione preziosa.

Non era solo uno spazio fisico dove la comunità si riuniva, ma un luogo simbolico, un crocevia tra la sfera pubblica e quella privata. Qui, i cittadini si incontravano per discutere, confrontarsi e costruire insieme il loro futuro.

Era il punto d'incontro tra ‘ecclesia’, la dimensione pubblica, e ‘oikos’, la dimensione domestica e privata.

Oggi, senza un'analoga agorà, sia fisica che immateriale, ci rendiamo conto che manca un terreno comune su cui costruire una società inclusiva e sostenibile. Le città moderne hanno perso questo ruolo di coesione e dialogo. Si sono trasformate in contenitori di isolamento, dove ognuno vive la propria realtà in maniera separata, senza spazi di connessione reale. Gli spazi pubblici sono stati svuotati del loro significato originario, ridotti a luoghi di passaggio, senza funzione aggregativa.

Allo stesso modo, anche il mondo digitale, che avrebbe potuto rappresentare una nuova forma di ‘agorà’, è diventato un terreno di isolamento, in cui l'individualismo e l'esibizionismo prevalgono sul confronto e sulla costruzione di legami sociali.

 

L’urgenza dell’agorà

È quindi urgente ripensare lo spazio urbano per recuperare l'essenza dell'agorà.

Questo significa creare luoghi materiali e digitali dove le persone possano incontrarsi, discutere e confrontarsi, senza paura del diverso, ma con la volontà di costruire insieme una comunità.

Le piazze, i parchi, le aree pedonali, e persino le piattaforme digitali, devono essere ripensati come luoghi aperti e inclusivi, capaci di accogliere la diversità e di promuovere un dialogo reale. Senza questa riconquista degli spazi di confronto, non possiamo sperare di invertire il declino sociale che stiamo vivendo.

Ripartire dall'agorà significa riconquistare il desiderio dell'altro, ricostruire un tessuto sociale in cui la collettività prevalga sull'individualismo e in cui le differenze siano viste come opportunità di crescita e arricchimento reciproco.

Solo attraverso questa riscoperta degli spazi di relazione possiamo sperare di costruire una società più inclusiva, solidale e sostenibile.

In questo contesto in cui non solo più le periferie a rappresentare l’humus sostanziale per. lo sviluppo di queste problematiche, ci accorgiamo quanto sia necessario ripensare lo spazio urbano.

Le città moderne, con la loro complessità e frammentazione sociale, richiedono una riflessione profonda su come ripensare gli spazi urbani in modo che possano nuovamente svolgere il ruolo di "agorà", tanto materiale quanto immateriale

 

Ripensare lo spazio urbano

Le città devono essere progettate per incoraggiare l'incontro e la partecipazione.

L'architettura può svolgere un ruolo fondamentale in questo processo. Non si tratta solo di costruire edifici o strutture belle, ma di creare luoghi che favoriscano lo scambio, la convivialità e il dialogo.

Gli spazi aperti, flessibili e multifunzionali possono adattarsi alle esigenze di una comunità in costante cambiamento, accogliendo eventi, mercati, dibattiti, manifestazioni culturali e sociali.

Oltre agli spazi fisici, viviamo però in un’epoca in cui le agorà immateriali sono altrettanto rilevanti.

Le piattaforme digitali dovrebbero essere ripensate come spazi aperti e partecipativi, capaci di stimolare la riflessione collettiva e il dibattito costruttivo.

Ma oggi ci troviamo di fronte a una realtà in cui l’innovazione digitale, invece di creare spazi di connessione e dialogo, ha paradossalmente contribuito all’isolamento e all’esaltazione dell'ego.

Le ‘agorà’, intese come luoghi di incontro e di confronto, sono state distrutte, ridotte a spazi vuoti dove l’altro diventa un’ombra indistinta, un soggetto senza volto né desideri.

La digitalizzazione, invece di favorire un autentico dialogo, ha spesso alimentato bolle autoreferenziali, dove l’individuo si specchia in sé stesso e nel proprio gruppo di appartenenza, evitando ogni confronto con l'alterità.

In questo processo, abbiamo perso non solo il desiderio di comprendere l’altro, ma anche la capacità di ascoltarlo e riconoscerlo come parte integrante del tessuto sociale.

Bruno Latour, nel suo pensiero, aveva già individuato le radici di questa frammentazione.

Nei suoi scritti, Latour ci avverte che la società moderna tende a creare “contenitori stagni”, frammentando la realtà in tante piccole sfere isolate, ognuna autoreferenziale e chiusa in sé stessa. Queste sfere, secondo Latour, non solo impediscono l’interazione e lo scambio, ma contribuiscono anche a distruggere la percezione del mondo come un insieme interconnesso e interdipendente. Questa frammentazione sociale si riflette perfettamente nelle nostre città, dove gli spazi comuni si riducono sempre di più e quelli digitali diventano luoghi di chiusura, non di apertura.

Le città moderne assomigliano sempre di più a "terre di nessuno".

I luoghi di confronto e discussione sono stati svuotati di significato. Le piazze, simboli dell’antica agorà, sono diventate spazi vuoti o, peggio, terreno di conflitti latenti. Anche gli spazi digitali, che avrebbero potuto rappresentare una nuova forma di agorà, si sono trasformati in ambienti dominati dall’individualismo e dalla ricerca spasmodica di consenso, in cui il confronto con l’altro è visto come minaccia e non come opportunità.

La crisi dell’agorà è quindi non solo fisica, ma anche simbolica e culturale.

Latour ci invita a riflettere su come abbiamo perso la capacità di creare legami, di costruire spazi di mediazione, di confrontarci con l’altro. Il problema non è solo urbanistico o tecnologico, ma soprattutto sociale e relazionale. Abbiamo costruito città e tecnologie che riflettono questa frammentazione, dove ogni spazio è pensato come un contenitore chiuso, impermeabile agli scambi, dominato da un ego che non riconosce l’esistenza dell’altro.

In questo contesto, la digitalizzazione ha oggi accelerato la distruzione dell’agor* come luogo di costruzione comune. Laddove prima esisteva un equilibrio tra oikos ed ecclesia, tra privato e pubblico, oggi assistiamo a una dominanza del sé, che impone il proprio spazio sul collettivo.

I social media, per esempio, sono diventati arene dove l’individuo esibisce il proprio ego, spesso a scapito del dialogo reale e della comprensione reciproca. Il confronto viene sostituito dalla performance, e la costruzione di uno spazio condiviso si perde nell’incessante flusso di contenuti autoreferenziali.

Questa avanzata del vuoto di senso, come lo descrive Latour, non solo distrugge il desiderio dell’altro, ma annulla anche la possibilità di costruire insieme un futuro condiviso.

Senza un’agorà – materiale o immateriale – non c’è spazio per il confronto democratico, per la negoziazione delle differenze, per la costruzione di un’identità collettiva. Le città diventano così luoghi frammentati, contenitori stagni dove ogni individuo vive isolato nel proprio microcosmo, separato dal resto della comunità.

 

Riconquistare l’agorà

Riconquistare l’’agorà significa, allora, riscoprire la capacità di desiderare l’altro, di riconoscerlo come parte di un tutto comune. Significa costruire spazi, sia fisici che digitali, che non siano solo luoghi di passaggio o di esibizione dell’ego, ma veri e propri luoghi di incontro e confronto.

Solo così possiamo sperare di fermare l’avanzata del vuoto e ricostruire il legame sociale che, come Latour ci ha insegnato, è la base di ogni civiltà.

Ripensare le città in questo senso richiede uno sforzo collettivo, non solo architettonico o tecnologico, ma soprattutto culturale.

Occorre ritrovare il senso della comunità, della partecipazione, della costruzione comune. Solo così potremo riconquistare l’agorà e ricreare quel ponte tra oikos ed ecclesia che oggi appare sempre più spezzato.

Le città possono sfruttare la tecnologia per creare reti, per ottimizzare i processi, ma occorre evitare che prevalga il concetto di efficientismo. L’efficientismo, applicato alla progettazione urbana e architettonica, rischia di soffocare la biodiversità sociale.

Quartieri ed edifici costruiti secondo una logica di perfezione, con spazi definiti rigidamente dall’alto, eliminano l’elemento spontaneo e creativo che caratterizza la vita comunitaria.

I parchi moderni, ad esempio, così ordinati e curati, non lasciano spazio all’improvvisazione: manca la possibilità di giocare una partita di calcio con giacche come porte e vialetti come righe, perché ogni angolo è studiato per un uso specifico e predeterminato.

Questa ossessione per l’efficienza non solo organizza gli spazi in modo rigido, ma crea anche barriere sociali invisibili.

Strutture come gli studentati, i campus universitari e le RSA sono esempi emblematici: progettati per servire specifiche fasce d’età, finiscono per isolare le generazioni, privandole di opportunità di confronto e scambio. L’efficienza, qui, diventa una trappola, poiché separa invece di connettere.

Michael Young, nel suo libro “The Rise of the Meritocracy”, aveva già intravisto i pericoli insiti in un sistema che, in nome del merito e dell’efficienza, crea nuove forme di disuguaglianza. Nella società immaginata da Young, il successo è giustificato esclusivamente dal merito, ma questo sistema meritocratico genera una classe dominante che si percepisce superiore e legittimata a emarginare coloro che non riescono a conformarsi agli standard di successo.

Allo stesso modo, l’efficientismo urbano e sociale odierno rischia di giustificare la frammentazione sociale, dividendo in modo netto chi è “produttivo” e chi non lo è.

L’avanzata della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale rischia di esacerbare ulteriormente questa tendenza.

Il crescente uso della tecnologia per ottimizzare la vita urbana spinge verso un efficientismo sociale che rischia di soffocare ogni forma di diversità, creando spazi e relazioni sempre più predeterminati e meno aperti alla spontaneità e al dialogo. Così come nella meritocrazia di Young, anche l’efficientismo contemporaneo, se spinto agli estremi, rischia di approfondire le divisioni, piuttosto che favorire una società inclusiva e interconnessa.

 

Il ruolo della comunità

La comunità è il vero collante sociale, il tessuto connettivo che lega gli individui in un’armonia di interessi, sogni e desideri.

Le città devono favorire il senso di appartenenza e responsabilità condivisa, creando contesti in cui le differenze possano convivere e dialogare.

Progetti di co-housing, orti urbani comunitari, biblioteche di quartiere, laboratori culturali e artigianali sono esempi di come sia possibile ricreare luoghi di condivisione che rafforzino i legami sociali.

Questi spazi materiali e immateriali devono essere aperti a tutti e progettati in modo che ogni voce possa trovare ascolto, in un processo di negoziazione continua che smorza le contraddizioni e crea nuove sinergie.

La parola chiave che deve guidare il dibattito sull’urbanistica moderna e sulla progettazione degli spazi è autenticità.

In un mondo sempre più dominato dall’efficientismo, dalla ripetitività e dalla digitalizzazione, il bisogno di autenticità emerge come una reazione necessaria per preservare il valore delle relazioni umane e il significato profondo degli spazi che ci circondano.

 

Autenticità e edifici storici

Gli edifici storici rappresentano un elemento chiave in questo processo.

Non devono essere trattati come semplici oggetti da conservare inviolati, ma piuttosto come contenitori sociali capaci di comunicare il senso di irreversibilità che è alla base di ogni momento della vita.

L'autenticità degli edifici storici risiede non solo nella loro estetica, ma anche nel loro potenziale di generare memoria collettiva, un contesto in cui le persone possono riflettere sul passato e su ciò che esso rappresenta per il presente e il futuro.

Questi spazi storici, attraverso la loro permanenza nel tempo, diventano le nuove agorà, perchè ci trasmettono un senso dell’irripetibilità di ogni momento.

Ci ricordano che ogni interazione, ogni esperienza è unica, in contrasto con la cultura dei social media e della digitalizzazione, che cercano di uniformare e rendere replicabili le esperienze.

La storia tangibile che vive in questi edifici non può essere ricostruita o riprodotta in un ambiente digitale; la loro autenticità diventa un antidoto al desiderio compulsivo dell’oggetto tipico della nostra epoca, come suggerisce Lacan. Invece di spingere verso l'acquisizione continua di oggetti, questi spazi ci spingono a desiderare l’altro, l’esperienza condivisa e il valore dell’incontro.

Un esempio di questo uso intelligente degli edifici storici è il Museo di San Telmo a San Sebastián, in Spagna, che combina la struttura antica di un convento del XVI secolo con un'architettura moderna. Questo approccio permette di unire passato e presente, creando uno spazio che non solo custodisce la memoria, ma la rende viva e attuale per la comunità.

 

Autenticità e quartieri moderni

L'autenticità, tuttavia, non riguarda solo il passato. Anche le nuove progettazioni architettoniche possono promuovere questa qualità, creando spazi che incoraggiano il dialogo e la coesione sociale.

In molte città moderne, l’idea di nuove agorà sta prendendo forma attraverso la creazione di quartieri comunitari che si distanziano dai modelli isolanti tipici del passato recente.

Un esempio interessante è il progetto del Kampung Admiralty a Singapore, un complesso multi-generazionale che integra abitazioni per anziani, servizi sanitari, spazi ricreativi e aree comuni in un unico luogo. Questa struttura non solo garantisce l'efficienza, ma promuove l’interazione tra diverse fasce della popolazione, rafforzando il senso di comunità e l’incontro tra generazioni. È un modello di autentica agorà moderna, dove i confini generazionali e sociali vengono superati, creando uno spazio inclusivo.

Sempre a Singapore l’edificio con giardini pensili progettato da Carlo Ratti noto come CapitaSpring, rappresenta un esempio emblematico di agorà moderna. Situato nel cuore del distretto finanziario della città, il grattacielo di 280 metri integra natura e architettura in modo armonioso, offrendo spazi di connessione sociale in un contesto urbanizzato. I giardini pensili, distribuiti su più livelli, non solo offrono una pausa verde in mezzo alla giungla di cemento, ma fungono anche da veri e propri luoghi di incontro e interazione, riproducendo l'antica funzione dell’agorà greca. Progettato per incoraggiare la biodiversità e la sostenibilità, l'edificio unisce aree residenziali, uffici e spazi pubblici, creando una comunità verticale in cui i confini tra natura e città si dissolvono. In questo senso, CapitaSpring si pone come un modello per un’urbanistica che valorizza il desiderio dell’altro e la connessione sociale, contrastando l’isolamento spesso imposto dai moderni centri urbani.

In Europa, allo stesso modo ma con una storia molto diversa, il Quartiere Vauban a Friburgo, in Germania, è un esempio di progettazione urbana che valorizza la comunità e la sostenibilità. Le strade sono quasi totalmente pedonali, incoraggiando l’interazione tra i residenti, e i servizi comuni sono pensati per favorire una vita comunitaria attiva e partecipativa. Vauban dimostra come la pianificazione urbana possa andare oltre l’efficientismo tecnico per creare un contesto in cui le persone si sentano connesse, non solo tra loro, ma anche con lo spazio che abitano.

 

Wish you were here

So, so you think you can tell
Heaven from hell
Blue skies from pain
Can you tell a green field
From a cold steel rail?
A smile from a veil?
Do you think you can tell?

Did they get you to trade
Your heroes for ghosts?
Hot ashes for trees?
Hot air for a cool breeze?
Cold comfort for change?
Did you exchange
A walk on part in the war
For a lead role in a cage?

How I wish, how I wish you were here
We’re just two lost souls
Swimming in a fish bowl
Year after year
Running over the same old ground
And what have we found?
The same old fears
Wish you were here

 

Conclusioni: senza agorà non avremo futuro

In alcuni articoli su INGENIO, tra cui segnalo “Da comunità a reti: evoluzione sociale pre e post intelligenza artificiale”, “4 anni dal COVID: riflessioni su architettura e urbanistica, case e città”, “La città del futuro: le domande che dobbiamo porci” e “Intelligenza Artificiale e Transumanesimo: l'ambizione umana di sostituire Dio”, ho trattato il tema dell’emergenza sociale che situazioni estreme come il COVID, o di evoluzione più generale come l’avvento dell’intelligenza artificiale in un ambito diffuso, stanno rendendo drammatica.

In questi anni è mancato un collegamento tra politica e società. Come ho evidenziato nell’articolo “L'etica è morta. L'avvento dell'era dell'intelligenza artificiale” la perdita di indentificabilità, di rappresentatività dei governi, delle istituzioni, ci ha fatto perdere il senso umano delle regole, e il passaggio da istruzione ad addestramento ci ha reso deboli dal punto di vista culturali.

Questa carenza di collegamento nella società moderna, e quindi nella città moderna, tra oikos ed  ecclesia ci ha reso incapaci non solo di lottare per i valori sociali alla base della nostra umanità, ma anche semplicemente di saperli identificare.

Ecco perchè è di fondamentale importanze che le politiche urbane siano in grado di integrare le esigenze individuali e familiari con quelle collettive. Gli spazi pubblici non devono essere vissuti come “altro” rispetto al privato, ma come estensioni della vita quotidiana, in cui ognuno porta con sé la propria esperienza personale e contribuisce alla costruzione del bene comune.

Ripensare le città nell’ottica di ricreare l’agorà significa quindi creare luoghi fisici e digitali che fungano da collante sociale, dove le pressioni contraddittorie vengano mediate e armonizzate, e dove i cittadini possano costruire insieme un futuro condiviso.

Insieme e diversi, due parole con non sono in contrasto, ma anzi sono il fondamento per una ricostruzione del contesto urbano che sappia rigenera in noi la capacità di reazione, di sovversione, di innovazione, di inclusione, di comprensione, di visione restituendoci la consapevolezza di essere stati fatti a immagine di Dio, e per questo in grado di resistere a quell’Aquila che ogni istante cerca di divorare il nostro fegato, la nostra vita. 

AI - Intelligenza Artificiale

Con questo Topic raccogliamo per i nostri lettori tutti gli articoli, news, approfondimenti riguardanti l'evoluzione tecnica, le norme e regole, i casi applicativi sul tema dell'intelligenza artificiale

Scopri di più

Architettura

L'architettura moderna combina design innovativo e sostenibilità, mirando a edifici ecocompatibili e spazi funzionali. Con l'adozione di tecnologie avanzate e materiali sostenibili, gli architetti moderni creano soluzioni che affrontano l'urbanizzazione e il cambiamento climatico. L'enfasi è su edifici intelligenti e resilienza urbana, garantendo che ogni struttura contribuisca positivamente all'ambiente e alla società, riflettendo la cultura e migliorando la qualità della vita urbana.

Scopri di più

Città

Con questo Topic raccogliamo le News e gli approfondimenti pubblicati su Ingenio sul tema della Città.

Scopri di più

Smart City

Con il Topic “Smart City” abbiamo quindi voluto raccogliere le news e gli approfondimenti che riguardano la trattazione di questo tema, sia da un punto di vista tecnologico che urbanistico.

Scopri di più

Leggi anche