Sismica
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Sopraelevazione con ampliamento dell'edificio: serve l'autorizzazione sismica! Perchè, come, tipo di abuso

Consiglio di Stato: è vero che gli interventi volti all'eliminazione delle barriere architettoniche, come la realizzazione di ascensori interni, montacarichi, servoscala e rampe rientrano tra i lavori di edilizia libera, ma tale normativa va raccordata con quella che disciplina gli interventi edilizi in zona sismica.

A tale proposito vengono in considerazione gli artt. 94 e segg. del dpr 380/2001 che impongono, a prescindere dal titolo edilizio necessario, che gli interventi da realizzarsi in zona sismica siano sempre preventivamente autorizzati dal competente ufficio tecnico della Regione.


Un comune, rilevando che la proprietaria aveva dato corso ad opere integranti sopraelevazione di un fabbricato esistente, con conseguente ampliamento del medesimo, oltre ad una serie di difformità rispetto al progetto presentato, riteneva che l’intervento edilizio avesse ad oggetto non delle “opere minori”, così come asseverato dal progettista nella dichiarazione allegata alla SCIA, quanto piuttosto un ampliamento, realizzato in zona soggetta a vincolo paesaggistico nonché idrogeologico, trattandosi tra l’altro di area classificata di massima pericolosità idraulica, nella quale l’edificazione è soggetta a gravi limitazioni.

Per questo annullava la SCIA presentata dall'odierna ricorrente, avente ad oggetto opere di ordinaria e straordinaria manutenzione nonché un “modesto ampliamento” di un locale sito al piano superiore, il tutto da realizzarsi ai sensi delle norme della L.R. Calabria n. 21/2010 (Piano Casa).

Il Tar Calabria respingeva tutti i motivi di ricorso, portando il contenzioso al Consiglio di Stato (sentenza 467/2022). La domanda quindi è sempre la stessa: chi ha ragione? Il comune e o la proprietaria? Come si fa a capire quando le opere sono minori? Chi deve giudicarlo?

Sopraelevazione con ampliamento dell'edificio: serve l'autorizzazione sismica! Perchè, come, tipo di abuso

Troppi lavori edilizi e poche autorizzazioni: cosa si fa?

Per capire e seguire il ragionamento di Palazzo Spada dobbiamo partire dalla tipologia degli interventi nel dettaglio, perché a volte parlare di 'sopraelevazione' è riduttivo.

Qui di interventi ce ne sono svariati:

  • predisposizione dell’ascensore interno mediante bucature nei solai;
  • struttura sorretta da pilastrini in ferro e rivestita con cartongesso per esterno (che determina la creazione di un nuovo vano) per ospitare l'ascensore;
  • predisposizione del bagno;
  • apertura delle porte-finestre (che la parte sostiene essere avvenuta intervenendo su finestre già esistenti)

Di fronte a tutto ciò, il comune aveva quindi sospeso i lavori annullando la successiva SCIA in variante, in quanto, secondo l'ente, non erano opere minori ma veri e propri ampliamenti, realizzati per giunta in zona sottoposta a duplice vincolo: paesaggistico ed idrogeologico.

Il Tar quindi si allineava alle decisioni del comune, poiché per la realizzazione del vano ascensore era necessaria l'autorizzazione sismica (non presentata), visto che andava ad influire sulla staticità dell'edificio. Oltre a questo, nella SCIA non erano state indicate né le porte-finestre, né le strutture in cartongesso.

 

I motivi del ricorso

Per la ricorrente:

  • l’installazione dell’ascensore, in concreto finalizzato all’abbattimento di barriere architettoniche, non necessitava di titolo edilizio e neppure del parere del Genio Civile, non essendo state intaccate, per realizzarlo, le nervature del solaio e le relative travi portanti;
  • la realizzazione, al primo piano, della struttura in pilastrini in ferro e cartongesso, in sostituzione di quella in legno preesistente, non avrebbe creato un nuovo vano, ma avrebbe dato luogo ad un ampliamento consentito, e peraltro previsto nella SCIA originaria, nei limiti di cubatura consentiti dal Piano Casa. Tale locale, inoltre, non era destinato ad ospitare una stanza da bagno, ma solo il locale tecnico per l’ascensore, e l’allocazione in esso di condutture non determinava un mutamento di destinazione residenziale dell’immobile e variazione essenziale. Nell’ambito di tale doglianza l’appellante ha inoltre dedotto che la trasformazione di due finestre in porte-finestre, non segnalate nella SCIA originaria, non costituirebbe variazione di sagoma e prospetto né avrebbe interessato pareti portanti: quindi non si tratterebbe di una ristrutturazione edilizia “pesante”, come si assume nella appellata sentenza.

 

Trasformazione di finestre in porte-finestre: serve la SCIA (e non c'è)

Il Consiglio di Stato rileva che il TAR, evidentemente ritenendo di poter prescindere dall’eccezione sollevata dal Comune, di per sé assorbente, secondo cui il fabbricato di proprietà della ricorrente è situato in zona soggetta a vincolo paesaggistico e a vincolo di natura idrogeologica, ragione per cui le opere non avrebbero potuto in ogni caso essere assentite con SCIA, ha respinto il ricorso sul duplice rilievo che le opere realizzate dalla ricorrente erano in parte non comprese nella SCIA, in parte non erano assentibili con SCIA.

In particolare, il TAR ha ritenuto essere state realizzate fuori dalla SCIA l’apertura di porte finestre: la ricorrente, anche nell’atto d’appello, non nega di aver modificato le finestre preesistenti, mediante rimozione della “veletta” posta sotto il parapetto, né contesta di non averne dato evidenza nella SCIA, ma giustifica il silenzio sull’intervento deducendo che si tratta di opere sostanzialmente invisibili, che non hanno determinato alcuna alterazione della sagoma o nel prospetto del fabbricato, né alcuna delle strutture portanti, concludendo che, in definitiva, non ci si trova di fronte ad una ristrutturazione edilizia “pesante”.

Ma tale argomento è assolutamente irrilevante, posto che solo gli interventi c.d. di “edilizia libera” possono essere realizzati in assenza di qualsivoglia titolo edilizio, e fra tali interventi – individuati dall’art. 6 del dpr 380/2001 nonché dall’art. 3, lett. e.5), non sono riconducibili quelli che si compendiano nella trasformazione di finestre in porte-finestre. Un tale intervento comporta invece una modifica dei prospetti e rientra tra gli interventi di manutenzione straordinaria di cu all’art. 3, comma 1, lett. b), del dpr 380/2001, da segnalare con SCIA (art. 22 lett. b) del dpr 380/2001).

 

Strutture in cartongesso: serve la SCIA (e non c'è neppure questa)

Si passa, quindi, alla struttura sorretta da pilastrini in ferro e rivestita con cartongesso per esterno (che determina la creazione di un nuovo vano) e alla predisposizione del bagno, stante che la predetta SCIA indica come interventi da eseguire una struttura in legno per tenda parasole ed un locale tecnico.

Il Collegio condivide l’assunto del primo giudice, secondo cui le opere in concreto realizzate al primo piano non possono ricondursi a quelle indicate nella SCIA del marzo 2018, determinando uno stato dei luoghi comunque diverso da quello prospettato nello stato di progetto della SCIA.

E' cioè assolutamente rilevante il fatto che quello che era stato indicato come “locale tecnico” nella SCIA risulti, invece, essere un locale agibile anche come sala da bagno/servizi. Allo stesso modo la realizzazione di una parete a chiusura del vano scala realizza una volumetria rilevante per il rispetto di alcuni parametri urbanistici, e comunque non può in nessun caso essere equiparata ad una struttura lignea di sostegno di una tenda.

Le opere realizzate al primo piano, in definitiva, risultano abusive, in quanto non assistite da titolo edilizio, ed il fatto che siano – secondo la tesi dell’appellante – astrattamente assentibili non cambia al fatto che fintanto che non siano regolarizzate mediante sanatoria, esse debbono considerarsi, appunto, abusive.

 

Per bucare il solaio e metterci un ascensore serve l'autorizzazione sismica (e non c'è neanche questa)

Andiamo avanti con la bucatura del solaio di divisione tra il primo e secondo piano, realizzata per consentire l’allocazione del vano ascensore, che seocndo il Tar non poteva essere assentita con SCIA, in difetto di autorizzazione del genio civile, trattandosi di opere in grado di compromettere la staticità del fabbricato: secondo il primo giudice, proprio la mancanza della preventiva autorizzazione sismica del genio civile ha, in concreto, determinato l’improcedibilità della SCIA, ragione per cui tutte le opere ivi contemplate sono, in definitiva, abusive.

Le doglianze della rcorrente sono infondate in quando la normativa citata (D.G.R. n. 12/2013) non consente affatto, in zona sismica, di installare ascensori interni, in edifici già esistenti, senza il preventivo parere del Servizio Tecnico Regionale in materia antisismica, quando tale intervento richieda di aprire aperture nei solai: è vero che è possibile realizzare aperture nei solai se di superficie non superiore a 1 mq e se non sono intaccate le nervature, tuttavia non se si tratti di installare, nella apertura del solaio, un vano ascensore.

Gli impianti assimilabili a montacarichi o piattaforme elevatrici sono invece esonerati, in zona sismica, dal parere del Servizio Tecnico Regionale solo se non superino una certa portata, non richiedano di “bucare” dei solai e non comportino una modifica nella distribuzione delle azioni orizzontali.

Se è, poi, vero, che gli interventi volti all'eliminazione delle barriere architettoniche, come la realizzazione di ascensori interni, montacarichi, servoscala e rampe rientrano tra i lavori di edilizia libera - come specificato anche nel Glossario unico per le opere di edilizia libera di cui DM 2 marzo 2018 - è peraltro evidente che tale normativa va raccordata con quella che disciplina gli interventi edilizi in zona sismica: ed a tale proposito vengono in considerazione gli artt. 94 e segg. del dpr 380/2001 che impongono, a prescindere dal titolo edilizio necessario, che gli interventi da realizzarsi in zona sismica siano sempre preventivamente autorizzati dal competente ufficio tecnico della Regione.

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