Solai in latero-cemento: il fenomeno dello sfondellamento e alcuni casi di ingegneria forense
I solai in latero-cemento sono di gran lunga la tipologia maggiormente utilizzata in Italia in ambito costruzioni civili. La loro natura eterogenea, dovuta a materiali impiegati e costruzione in opera, li rende soggetti – con l’invecchiamento e il degrado – al fenomeno dello sfondellamento del foglio inferiore, con rischi tanto strutturali quanto per la incolumità degli occupanti. Analizzeremo insieme due casi reali di Ingegneria Forense.
Funzione ed evoluzione nel tempo
I solai sono strutture modellizzabili come planari, visto che la dimensione “spessore” è di almeno un ordine di grandezza inferiore alle dimensioni in pianta.
La funzione principale è quella di sopportare i carichi permanenti e accidentali incombenti su di essi, trasferendoli alle strutture portanti verticali che li sostengono (pilastri, muri o setti), permettendo così la realizzazione di costruzioni a più piani, separati appunto dai solai, fino a costituire eventualmente la copertura (copertura piana impermeabilizzata) o il sostegno di quest’ultima (solaio sottotetto).
Questa non è tuttavia l’unica funzione statica nell’edificio, visto che ogni solaio costituisce un elemento irrigidente alla torsione e alle azioni orizzontali (vento e sisma, principalmente), in ciò collaborando con gli elementi specifici (controventi di facciata e nel nucleo strutturale).
Tra le molte tipologie di soluzioni possibili per la realizzazione di un solaio, il latero-cemento è di gran lunga il più utilizzato in Italia – per lo meno negli edifici ad uso civile - dal dopo guerra in poi.
I solai in latero-cemento sono l’evoluzione degli orizzontamenti realizzati con sistemi misti costituiti da elementi in acciaio (putrelle) ed in laterizio e sono classificabili come strutture miste ottenute dall’assemblaggio di due materiali aventi tra loro buona affinità: il conglomerato cementizio armato (c.c.a., impropriamente detto “cemento armato”), che rappresenta la parte strutturale dell’elemento, ed il laterizio, usato come alleggerimento e riempimento.
Gli elementi in laterizio venivano già utilizzati nella realizzazione dei solai con struttura portante costituita da profili di acciaio; dapprima per la realizzazione delle voltine, eseguite a sesto ribassato e in mattoni pieni o forati posti di coltello o piano a coprire la luce tra due elementi in acciaio, in seguito sostituiti da elementi unici con estensione pari alla luce da coprire tra due elementi portanti della soletta.
Per ridurre il peso di tali elementi, venivano prodotti forati in direzione orizzontale e con l’intradosso arcuato, detti “volterrane” in quanto originariamente utilizzati nella città di Volterra.
Con l’evolversi della tecnica realizzativa e con il passare degli anni, gli elementi in laterizio, detti pignatte o blocchi in laterizio hanno sostituito le volterrane, così come le barre di armatura in acciaio posizionate nel calcestruzzo hanno preso il posto delle putrelle metalliche.
Tipologie costruttive
I solai latero-cementizi odierni possono suddividersi, in funzione degli elementi costitutivi e delle modalità di realizzazione, in 4 principali tipologie.
Solai gettati in opera
Storicamente era l’unico tipo di solaio misto in laterizio e c.c.a. e prevede l’utilizzo di blocchi forati di laterizio con alette laterali, posizionati su impalcati di sostegno provvisori aventi la funzione di costituire il cassero dell’opera nella fase di getto, mantenuto fino alla maturazione del calcestruzzo.
I blocchi vengono posizionati in file ordinate così da creare tra queste un “corridoio” in cui posare le armature costituite da barre in acciaio ad aderenza migliorata (ossia con superficie laterale provvista di motivo in rilievo per favorire l’adesione del c.c.a.).
La fase successiva consiste nel getto di c.c.a. andando così a realizzare all’interno del solaio le nervature (travetti), le travi (elementi strutturali orizzontali), i cordoli e i rompitratta; infine, viene gettata la c.d. caldana, che costituisce lo strato monolitico superiore in calcestruzzo, eventualmente provvista di rete elettrosaldata.
A maturazione avvenuta, tipicamente 28 giorni salvo l’uso di additivanti chimici che accelerano il processo, il c.c.a. raggiunge il proprio valore di resistenza caratteristico, pertanto vengono rimossi gli elementi di casseratura e sostegno al getto ed inizia la vita utile del solaio.
Solai a travetti prefabbricati e blocchi in laterizio interposti
A partire dagli anni ’40 del XX sec. si sono diffuse diverse tecniche accomunate dalla presenza di elementi prefabbricati, siano essi travetti in laterizio (oggi in disuso) oppure c.c.a. ordinario o precompresso (quest’ultimo dal dopoguerra in poi).
In modo particolare, gli elementi in precompresso, in cui le armature passano da lente a pre-tese, si sono sviluppati per la necessità di coprire luci maggiori (distanza pilastro/pilastro) rispetto a prima, oppure per realizzare solai che avessero una portata superiore rispetto a quelli interamente gettati in opera.
Un’ altra possibile alternativa è rappresentata da elementi tralicciati in latero-cemento con armatura lenta.
Il vantaggio di queste tipologie di solaio è che vengono parzialmente realizzate in stabilimento, con un miglior controllo del processo produttivo e un tempo di posa in cantiere molto ridotto, circostanza che le hanno rese maggiormente competitive dal punto di vista economico, data anche la possibilità di realizzare un impalcato di sostegno provvisorio unicamente sotto le interfacce degli elementi prefabbricati.
Per questa tipologia si utilizzano blocchi forati di laterizio privi di alette laterali (necessarie invece nel getto in opera), ma provvisti di dentelli laterali per il posizionamento dei travetti, appoggiati alle casserature delle travi del solaio ed alle banchine rompitratta. A seguito del posizionamento delle armature metalliche integrative dei travetti (armatura lenta) avviene il getto del c.c.a. con le medesime modalità descritte per il solaio gettato in opera.
Solai con lastre in c.a. (prédalle) e blocchi di alleggerimento
Rappresentano l’industrializzazione del solaio tradizionale. Sono caratterizzati da lastre in c.c.a. prefabbricate (precompresse o non) che costituiscono l’intradosso del solaio, irrigidite da tralicci elettrosaldati in caso di armatura lenta o dotate di nervature di risalto su quelle precompresse. Di norma la lastra ha una larghezza standard di cm 120 con tre tralicci (due lungo i bordi ed uno al centro paralleli tra loro) oppure 4 nervature.
Così come per il solaio a travetti prefabbricati, per la posa delle lastre non è necessaria la predisposizione dell’impalcato provvisorio continuo ma solo di un banchinaggio ridotto, che su luci modeste e utilizzando lastre precompresse può anche non essere necessario. Posizionate le lastre, da movimentare con mezzi meccanici date le dimensioni e la massa, si posano i blocchi di alleggerimento (in laterizio o in polistirolo) e si opera come nel precedente caso con armature di completamento e getto di c.c.a.
I solai di questo tipo sono particolarmente indicati per edifici a carattere industriale, ma sono impiegati anche in edilizia civile per solai su autorimesse e cantinati, per via dei seguenti vantaggi:
- la faccia inferiore prefinita fa sì che non debba essere intonacata;
- miglior resistenza al fuoco data sia dal materiale, sia dalla continuità dell’intradosso;
- miglior isolamento termico con elementi di alleggerimento in polistirolo, anziché in laterizio.
Solai a pannelli prefabbricati
In uso dagli anni ’60, si tratta di pannelli prefabbricati in stabilimento e costituiti da due o tre file di blocchi di alleggerimento in laterizio con interposte le nervature portanti in c.c.a.
Si differenziano quindi dalla precedente tipologia di solai per la mancanza della lastra in c.c.a. all’intradosso e per il fatto che gli elementi di alleggerimento non sono posizionati in cantiere, sebbene la realizzazione in opera del solaio avvenga in maniera analoga, ma richiedendo una minor quantità di conglomerato cementizio; inoltre, i pannelli prefabbricati possono essere autoportanti e quindi non richiedere la predisposizione dei rompitratta provvisori di supporto in fase di posa in opera.
La realizzazione del solaio è più agevole e quindi economica, con un limitato impiego di personale e una normale attrezzatura di cantiere. Possono essere impiegati con successo in fabbricati di media e ampia luce a pianta regolare, seppure necessitando di apparecchiature di sollevamento con portata adeguata.
Classificazione
Tutte queste tipologie di solaio presentano come elemento comune il blocco di laterizio, per il quale già in epoca storica la norma UNI 9730:1990 indicava le caratteristiche fondamentali ed i relativi limiti di accettazione richiesti per la produzione.
I solai vengono quindi classificati secondo la modalità di realizzazione (posa in opera oppure prefabbricati) e secondo la funzione statica (armatura lenta o pre-tesa).
Ulteriori indicazioni sulle caratteristiche dei blocchi per solaio sono contenute nel D.M. 9 gennaio 1996 - Norme tecniche per il calcolo, l'esecuzione ed il collaudo delle strutture in cemento armato, normale e precompresso e per le strutture metalliche, che ribadisce le indicazioni già presenti nei precedenti decreti del 14 febbraio 1992 e del 27 luglio 1985, introducendo tuttavia alcune variazioni.
Dette norme classificano i blocchi in due categorie:
- blocchi con funzioni principali di alleggerimento (categoria A);
- blocchi con funzione statica collaborante con il conglomerato (categoria B), che differiscono dai primi nella geometria del blocco.
Gli elementi in categoria B devono avere la cosiddetta "zona rinforzata", ovvero una percentuale di foratura non superiore al 50% nelle zone maggiormente interessate dalle sollecitazioni. L’utilizzo di blocchi collaboranti in zona non sismica e nel rispetto delle indicazioni previste nelle norme permette di omettere il getto della caldana superiore, mentre per l’utilizzo di blocchi non collaboranti, aventi semplice funzione di alleggerimento, è richiesta una cappa collaborante.
In zona sismica, a partire dall’entrata in vigore delle NTC 2008 di cui al D.M. 14 gennaio 2008, se i blocchi utilizzati sono di laterizio è obbligatoria la realizzazione della caldana di completamento armata di spessore non inferiore a 4 cm.
Successivamente, a partire dall’entrata in vigore della norma UNI EN 15037-3:2011 - Prodotti prefabbricati di calcestruzzo - Solai a travetti e blocchi, Parte 3: Blocchi di laterizio la produzione dei blocchi in laterizio interposti deve avere riguardo alla loro funzione statica in opera:
- blocchi con nessuna funzione meccanica nel sistema solaio finale (in esercizio): sono denominati “blocchi totalmente non resistenti” (LNR) e “blocchi non resistenti” (NR);
- blocchi che partecipano al trasferimento dei carichi ai travetti, denominati “blocchi semiresistenti” (SR);
- blocchi con la medesima funzione dei blocchi semiresistenti, ma la cui zona rinforzata può assumere un ruolo di soletta compressa nel sistema solaio finale, denominati “blocchi resistenti” (RR).
Gli ultimi due tipi di blocchi sono assimilabili alle due tipologie previste per gli elementi di laterizio per solai (non collaboranti e collaboranti) previsti dalle norme precedentemente richiamate.
La norma UNI EN 15037 classifica ancora due tipologie di blocchi, denominati “blocchi trasversali” e “blocchi aperti”, di fatto non utilizzati in Italia.
Il fenomeno dello sfondellamento
Le tipologie costruttive di solaio che impiegano un sistema di alleggerimento in blocchi forati in laterizio, in particolare quelli costruiti fino agli anni ’70 e fatta eccezione per quelli prefabbricati a lastra, sono interessate frequentemente dal problema dello sfondellamento ovvero il distacco, spesso non preceduto da alcun segno premonitore, delle cartelle di intradosso e/o dei setti verticali dei blocchi e la successiva caduta di porzioni, anche significative, di intradosso del solaio.
Il distacco della pignatta per la sua intera altezza è tuttavia altamente improbabile, limitandosi più verosimilmente alla porzione di fondello, cioè quella inferiore della pignatta, o comunque non oltre 1/3 dell’altezza complessiva della stessa.
Questo avviene per una serie di motivi dovuti sia alla geometria della sezione, con elementi verticali a setto di esiguo spessore in rapporto all’area dei fori, sia alla tipologia stesso del materiale, non possedendo il laterizio spiccate caratteristiche di resistenza a trazione.
Questo fenomeno si verifica nei solai in latero-cemento quando l’estremità inferiore del laterizio è soggetta a tensioni di compressione che comportano la comparsa di microfessure, tendenti a progredire nel tempo.
Il progresso tecnologico, sia relativo alla produzione “industrializzata” dei laterizi quanto del c.c.a, ha fatto sì che i solai realizzati in epoca più recente siano meno interessati da questo fenomeno.
Sicuramente hanno inciso positivamente i dettami prescrittivi e prestazionali delle norme, nonché l’approfondimento tecnico dello studio del degrado dei materiali, in particolare l’effetto della carbonatazione sulla durabilità della malta cementizia. Tuttavia, il possibile rischio di sfondellamento può risultare un evento non da escludere anche in solai eseguiti in epoca più recente, a causa di comuni errori di messa in opera e realizzazione, che favoriscono l’insorgenza di questo fenomeno anche dopo breve tempo dalla realizzazione del manufatto.
Le cause dello sfondellamento
Le cause dello sfondellamento sono riconducibili generalmente a più fattori simultanei che interagendo tra loro danno origine alla rottura delle pignatte e alla loro caduta:
- scarsa qualità dei materiali ed inappropriata geometria dei blocchi, in particolare:
• fino agli anni ’70 gli elementi posti in opera non rispecchiano alcun dettame normativo;
• lo sfalsamento in orizzontale dei setti interni delle pignatte;
• setti orizzontali ricurvi e loro ridotto spessore erano causa di rottura dei setti verticali dei blocchi; - errori di progettazione strutturale: alcune scelte progettuali possono indurre sollecitazioni disomogenee ed eccessive negli elementi strutturali, traferite alle pignatte con conseguente fessurazione dei setti in laterizio;
- difetti di realizzazione: nei solai gettati in opera la posa delle barre di armatura poggiate sul fondo del travetto a contatto del laterizio, così come l’utilizzo di c.c.a. prodotto con aggregati aventi curva granulometrica non correttamente assortita, in cui prevale la ghiaia rispetto alla sabbia e/o la mancata vibratura del getto, non permettono il completo avvolgimento dell'acciaio da parte del getto di calcestruzzo (scarso copriferro).In queste condizioni l'armatura risulta facilmente aggredibile dall'ossigeno presente nell’aria con formazione di ossido di ferro. Questo fenomeno, di natura espansiva, crea un accentuarsi localizzato di tensioni all’interfaccia a livello microscopico, capaci di propagarsi a tal punto da creare lo "scoppio" del copriferro in calcestruzzo, con conseguente distacco dello stesso. Nei solai gettati in opera, a causa della stretta unione formatasi tra l'intradosso del travetto di nervatura e l'intradosso del blocco di laterizio (per la presenza della continuità formata dalle alette del blocco stesso o dall'intonaco), tale stato tensionale si trasferisce anche all'elemento di laterizio con conseguente rischio di distacco della parte inferiore;
- incidono inoltre in misura variabile anche altri fattori, quali infiltrazioni d'acqua, umidità e/o sbalzi di temperatura (nei solai di copertura la persistenza di un gradiente di temperatura lungo lo spessore), che danno origine ovvero accentuano il fenomeno dello sfondellamento.
Allo stesso modo, la realizzazione all’intradosso del solaio di intonaci ad elevata componente cementizia, troppo rigidi, con bassa traspirabilità e predisposti alla formazione di cavillature, può contribuire ad innescare, per ritiro o per contrasto alle consuete dilatazioni termiche, tensioni interne al fondello capaci di portarlo alla fessurazione e quindi, progressivamente, alla frattura dai setti superiori con conseguente distacco.
Risulta, inoltre, prassi diffusa il fissaggio di controsoffitti o impianti all’intradosso del solaio, fatto ancor più grave laddove i pendini di sospensione siano collocati nei blocchi di laterizio, anziché in corrispondenza dei travetti, accentuando il fenomeno dello sfondellamento per un aggravio di sollecitazione.
Vista la funzione generalmente non strutturale delle pignatte, il distacco parziale non compromette la stabilità del solaio e non ne comporta una perdita della capacità portante, ma può avere conseguenze - anche gravi - per la incolumità delle persone presenti nei locali qualora colpite dai detriti di calcestruzzo, laterizio e intonaco. Nei casi in cui il distacco metta a nudo le armature delle nervature e non si provveda ad un tempestivo ripristino del copriferro, il processo di ossidazione progredisce molto velocemente, soprattutto in presenza di ambienti umidi o con agenti aggressivi, causando anche una riduzione della sezione resistente dei ferri e conseguente riduzione della capacità portante del solaio, anche significativa.
Prevenire lo sfondellamento
Per individuare il manifestarsi di questo fenomeno, che si registra non di rado in edifici pubblici (quelli maggiormente interessati dalla esigenza di avere solai a grande luce), è in primo luogo fondamentale un controllo visivo costante delle condizioni dell’intonaco; oltre che permettere di prevenire il rischio della possibile caduta di sue parti, costituisce di fatto l’unico segno premonitore evidente prima del più grave fenomeno dello sfondellamento:
- macchie di umidità e muffe sono segnali evidenti di infiltrazioni che hanno raggiunto e stanno danneggiando le pignatte;
- la presenza di rigonfiamenti dell’intonaco, che si manifestano in uno stadio già avanzato, segnalano porzioni in fase di distacco;
- limitate porzioni in distacco possono essere premonitrici di un analogo e prossimo fenomeno in tutte le aree dell’edificio con la medesima caratteristica costruttiva dei solai.
Tuttavia, capita che lo sfondellamento avvenga in taluni casi senza alcun preavviso visibile ad occhio nudo, è importante pertanto condurre accertamenti periodici con metodi non distruttivi sulle strutture esistenti per verificare il controllo dell'integrità dei plafoni.
LEGGI ANCHE Sfondellamento dei solai: quando e quali indagini fare per riconoscere i segnali del fenomeno
Quali sono i segnali per prevedere il rischio di sfondellamento dei solai? Quali verifiche fare?
Una prima indagine può essere compiuta con il metodo della battitura manuale delle superfici mediante l’ausilio di un’asta, indubbiamente il più semplice da attuare, sebbene si tratti però di una valutazione soggettiva del tecnico incaricato. Sollecitando la superficie del soffitto con colpi regolari si compie la prima valutazione di massima: la presenza di suoni vuoti in zone localizzate del solaio è un primo campanello di allarme.
L’indagine, quando necessario, potrà essere approfondita mediante osservazione con telecamera a raggi infrarossi (termocamera) per acquisire conoscenza della struttura del solaio ed individuare eventuali infiltrazioni, umidità e porzioni ammalorate in distacco.
Per ovviare alla soggettività della battitura manuale potrà inoltre essere eseguita un’indagine sonica strumentale, basata sull’analisi della risposta acustica del plafone a una percussione controllata e rilevata a mezzo di stazione microfonica.
È ulteriormente raccomandata l’esecuzione di saggi esplorativi, generalmente tramite piccoli carotaggi ed endoscopie, finalizzati alla individuazione di eventuali difetti locali, alla determinazione delle caratteristiche geometriche dei blocchi e di ogni altro elemento che compone la struttura.
Laddove le indagini diagnostiche lo suggeriscano, è essenziale intervenire tempestivamente per impedire la naturale evoluzione dello sfondellamento e ripristinare lo stato inalterato del fondello.
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