Sistema dei Capitolati Informativi: un metodo innovativo per la digitalizzazione degli appalti pubblici
L’obbligo di adottare la Gestione Informativa Digitale nelle amministrazioni pubbliche evidenzia una diffusa immaturità digitale e una resistenza al cambiamento, limitandosi spesso a una conformità formale. Tuttavia, l’adozione di ambienti di condivisione dati e l’integrazione con tecnologie avanzate, come l’IA e i Linked Data, possono trasformare i capitolati informativi in strumenti dinamici e automatizzati, migliorando l’efficienza del settore.
Obbligo GID negli appalti pubblici: opportunità di innovazione o solo burocrazia?
L’entrata in vigore degli obblighi relativi alla Gestione Informativa Digitale (GID) secondo il Codice dei Contratti Pubblici pone la necessità di provare a produrre una sorta di provvisoria tassonomia relativa alla predisposizione delle stazioni appaltanti e delle amministrazioni concedenti alla loro implementazione.
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Fatte salve le amministrazioni pubbliche che da tempo si stanno cimentando, con alterne fortune, derivanti dalla necessità di accumulare esperienze, col tema, occorre meglio riflettere sulla maggior parte delle strutture pubbliche di committenza, sin qui piuttosto passive, a partire dal 2017.
Con ogni probabilità, una buona parte delle amministrazioni pubbliche interessate concepisce la cogenza in termini di adempimento formale, peraltro, almeno per alcune, fastidioso, senza addentrarsi in riflessioni specifiche sulla natura della transizione digitale.
Per queste organizzazioni si tratterà prevalentemente di dotarsi di atti formali (atto organizzativo, piani e programmi di varia specie, capitolati informativi) e di acquisire dispositivi, in primo luogo, l’Ambiente di Condivisione dei Dati. Tale condizione rischia, sfortunatamente, di alimentare numerosi malintesi e di rafforzare la banalizzazione dell’argomento, ma, altrettanto malauguratamente, appare difficile da scongiurare, in virtù della forte immaturità digitale delle amministrazioni pubbliche, almeno in questo ambito.
In ogni caso, in esse sorgerà una dialettica tra coloro che sono delegati alla infrastrutturazione digitale dell’intera amministrazione e coloro che hanno le deleghe per la gestione tecnico-amministrativa dei contratti pubblici. I primi saranno certamente più interessati alla evoluzione degli apparati, ma, ovviamente, non disporranno delle conoscenze verticali per comprenderne appieno le implicazioni.
I secondi, non disponendo, appunto, spesso di una sufficiente maturità digitale, faticheranno ad attuare del tutto le modalità offerte dalle tecnologie e, soprattutto, a contestualizzare la trasformazione digitale nella dimensione del Change Management a livello della organizzazione e dei processi.
Di fatto, è presumibile che i benefici attesi dalla digitalizzazione siano di sovente concepiti in termini convenzionali, come dimostrano sia l’attenzione riposta sugli aspetti geometrico-dimensionali (a discapito di quelli alfa-numerici) sia la preoccupazione di trasporre strutture di dati innovative in tradizionali elaborati documentali. Beninteso, queste annotazioni non presentano un carattere esclusivamente valoriale, e, dunque, negativo, bensì intendono riflettere uno stato delle cose oggettivo, per certi versi comprensibile, tanto questo approccio convenzionale sia connaturato.
È palese, infatti, che l’attesa per eventuali miglioramenti sia incentrata sulle prassi analogiche, non certo su quelle digitali. Occorre, peraltro, dire che le amministrazioni che si sono dimostrate più virtuose, qualunque sia la loro scala dimensionale o la loro specializzazione, hanno avuto la possibilità di capitalizzare gli errori e le criticità nel corso del tempo. Di conseguenza, l’atteggiamento, teso sin qui al differimento dell’obbligo, adottato da molte stazioni appaltanti e da diversi enti concedenti, non consentirebbe, di primo acchito, una sufficiente scansione temporale per constatare esiti significativi.
L’interrogativo che, quindi, sorge riguarda, per così dire, il punto di arresto oltre il quale le organizzazioni non vorranno, o non potranno, andare. Vi sono, infatti, anche se controverse, alcune funzionalità facilmente apprezzabili, relative, non a caso, alla coerenza dei contenuti degli elaborati grafici.
L’eventualità, problematica, riguarda, perciò, la banalizzazione cui una stasi da conformità formale potrebbe condurre.
L’auspicio è che, pertanto, la sperimentazione dell’implementazione della digitalizzazione induca la più parte delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti a muoversi al di là dei primi risultati.
Entro questo scenario, il Gruppo di Ricerca dedicato alla Digitalizzazione dell’Ambiente Costruito del DICATAM dell’Università degli Studi di Brescia, per conto di una importante amministrazione pubblica italiana, sta introducendo una metodologia innovativa relativa alla predisposizione dei capitolati informativi sia per le opere edili sia per quelle infrastrutturali.
Per prima cosa, occorre dire che l’approccio prevede che si redigano una serie di capitolati informativi correlati, inerenti ai servizi di progettazione, di coordinamento per la sicurezza, per la verifica del progetto ai fini della validazione, per la direzione dei lavori, per la realizzazione dei lavori, per il collaudo tecnico-amministrativo, con riferimento agli analoghi documenti tipologici contenuti nelle linee guida allegato all’Atto dell’Organizzazione.
Tali capitolati informativi riguardano, peraltro, l’interezza delle applicazioni digitali, in rapporto alla Gestione dell’Informazione (Information Management), ben oltre alla Modellazione Informativa (Information Modelling).
![Il sistema dei capitolati informativi per i contratti pubblici.](https://www.ingenio-web.it/upload/image/c/e/6/b20c950cc01a3340b061f9bce0e328f26c90ad01.jpg)
Essi devono, peraltro, risultare scalabili a seconda della natura dei progetti da redigere e dei lavori da realizzare, ma anche della platea di professionisti e di imprenditori a cui si rivolgono. La concezione di un capitolato informativo stereotipato non ha, del resto, alcun senso di esistere, contrariamente a quanto troppo sovente si verifica.
Occorre, infatti, evitare che insorga l’assuefazione a formulari ricorrenti, la cui originalità e specificità latenti facciano sì che gli operatori economici prendano rapidamente le misure delle soluzioni ovvie. Del resto, lo sviluppo della digitalizzazione non può unilateralmente riguardare solo il versante della domanda, a cominciare dalla committenza pubblica, ma deve coinvolgere sincronicamente quello dell’offerta privata, professionale e imprenditoriale. Ciò, evidentemente, collide con una attitudine sin qui generalizzata a imitare pedissequamente stereotipi.
Rispetto alla configurazione tradizionale o, meglio, convenzionale, cristallizzata in una acritica reiterazione di modelli originari, per certi versi da storicizzare, e, per altri, frutto di una riflessione condivisa da interpretare specificamente, vi è, dunque, una prima istanza da soddisfare nel senso di ampliare l’orizzonte dei flussi di dati e di informazioni che, possibilmente entro l’Ambiente di Condivisione dei Dati, strutturale e non più occasionale, sono generati.
Il che, peraltro, impone una revisione della natura stessa della nozione di Ambiente di Condivisione, come, ad esempio, ben dimostrato dalla iniziativa adottata dalla Regione Marche attraverso la piattaforma BIMMa, messa a punto dall’Università Politecnica delle Marche.
In definitiva, la percentuale di transazioni informative che avvengano all’interno di un Ambiente di Condivisione dei Dati e, ancor meglio, in un Ecosistema Digitale più vasto, è destinata ad accrescersi nel corso degli anni.
Una simile impostazione è, di fatto, sempre a titolo esemplificativo, almeno concettualmente, adottata dalla Regione Friuli-Venezia Giulia e dalle Province Autonome di Bolzano e di Trento.
Digitalizzazione e appalti: il BIM è davvero la soluzione?
Bisogna ammettere, tuttavia, che sin qui la gestione contrattuale abbia inerito alla Modellazione Informativa, cosicché, all’insegna del cosiddetto BIM (Building Information Modelling), acronimo dal significato variabile, la loro relazione con gli elaborati documentali, che la legislazione continua a enfatizzare, resta sempre parziale. La necessità primaria, al contrario, riguarda la gestione complessiva dei dati, strutturati o meno, presenti in tutti i Contenitori Informativi.
D’altra parte, l’Ambiente di Condivisione dei Dati è destinato a divenire il luogo elettivo per abilitare la semi-automazione dei processi di produzione dei dati o delle informazioni.
![Il capitolato informativo: dal documento al dato](https://www.ingenio-web.it/upload/image/3/7/5/53b11e4f9113cc185b9eb1f54197b3a21afd8ca4.jpg)
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