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Sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro: il rischio ZERO non esiste

L’eliminazione assoluta dei rischi negli ambienti di lavoro è infatti un obiettivo non solo insostenibile, ma soprattutto irraggiungibile!!

Il principio del “rischio accettabile” a tutela dei professionisti

L’orientamento della moderna disciplina della prevenzione incendi in Italia è marcatamente permeato dal principio della sussidiarietà, che consiste nel progressivo travaso di responsabilità tra gli organi di controllo (Comandi provinciali dei Vigili del Fuoco) ed i professionisti antincendio.

Il DPR 151/2011, che ha introdotto la semplificazione dei procedimenti di prevenzione incendi e l’obbligo della SCIA antincendio, ha modificato anche il panorama delle responsabilità del professionista antincendio e del titolare delle attività soggette al controllo da parte dei VVF.

La successiva pubblicazione del Codice di prevenzione incendi (DM 03/08/2015) ha definito con precisione i limiti di responsabilità del professionista, introducendo un moderno protocollo di progettazione basato sull’individuazione di un pacchetto di misure di prevenzione e protezione antincendio, in funzione del profilo di rischio dell’attività in esame.

La principale novità introdotta dal Codice nella legislazione della sicurezza è stata infatti la codifica di un metodo di progettazione molto avanzato e versatile, basato sul principio del “livello di rischio accettabile” ed ispirato alle norme anglosassoni British Standard 9999 (Code of practice for fire safety in the design, management and use of buildings).

Tale postulato, per quanto ampiamente condiviso ed accettato in tutte le norme e regole tecniche internazionali, rappresenta un cambiamento rivoluzionario nel panorama della legislazione italiana sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.

I principi del Codice di prevenzione incendi

Il Codice si fonda infatti sui seguenti principi, di natura probabilistica, che giustamente escludono ogni certezza assoluta nell’esercizio delle attività umane:

  • il rischio zero non esiste;
  • dalla codifica del “profilo di rischio” dell’attività deriva univocamente il livello di rischio accettabile;
  • l’incendio si può generare da un solo focolaio.

Ovviamente in questo ragionamento è escluso l’incendio doloso.

Su questi cardini, il Codice sviluppa l’analisi del rischio incendio delle principali attività determinando, per ogni profilo di rischio, i livelli di rischio accettabile da cui derivano le scelte progettuali del professionista.

Tale impianto normativo garantisce quindi al progettista ed all’asseveratore un’assunzione di responsabilità (civile e penale) consapevole e soprattutto senza margini di aleatorietà di giudizio.

Questo sistema di garanzie e rigore si rivela inoltre virtuoso ed evolutivo in quanto ne beneficia tutta la filiera della prevenzione incendi, grazie alla omogeneità ed oggettività dei criteri di progettazione e di analisi del rischio, unitamente alla maggiore facilità di lettura ed approvazione dei progetti da parte dei funzionari dei Comandi dei Vigili del Fuoco.

Nel quadro finalmente armonico e chiaro della sussidiarietà si insinua tuttavia una pericolosa contraddizione che emerge dal confronto tra i principi del Codice e le misure generali di tutela della sicurezza dei lavoratori individuati nel D.Lgs. 81/2008 – Testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, dove (Titolo I – art. 15) si declamano esplicitamente gli obiettivi di “eliminazione dei rischi” ed il ricorso alle “conoscenze acquisite in base al progresso tecnico”. 

normativa sulla sicurezza

Questi principi ovviamente trovano applicazione nell’azione della magistratura inquirente, che legge ed applica “l’obbligo” al ricorso delle migliori tecnologie disponibili in funzione del progresso tecnico raggiunto, determinando sentenze fortemente pregiudizievoli a danno dei tecnici, seppur questi ultimi abbiano operato con professionalità, conoscenza ed adeguata responsabilità.

Il progettista ed il responsabile dell’attività lavorativa vengono quindi spiazzati e disarmati di fronte alla prospettiva di non poter mai garantire l’eliminazione assoluta del rischio incendio in un ambiente di lavoro, con l’unica certezza di poter essere sempre perseguiti (in caso di incendio/incidente) in nome del principio che “si poteva fare di più”, adottando migliori e/o diverse tecnologie disponibili.

La natura del diritto italiano e l’obiettivo di eliminazione dei rischi favoriscono invece il magistrato nell’individuazione di un responsabile ad ogni costo, in contrasto con l’impostazione legislativa anglosassone che associa al livello di rischio accettabile la possibilità di accadimento di un danno, senza che dall’evento derivi necessariamente una colpa.

Sarà quindi necessario lavorare per il superamento di questo conflitto normativo, che rischia di vanificare la portata innovativa del Codice frenando il professionista antincendio nel percorso della sussidiarietà 

Occorre cioè che il rispetto di norme e regole tecniche, attuato dal professionista secondo i principi del Codice, sia sufficiente ad evitare ogni responsabilità per non aver ridotto a zero il rischio incendio.

Il progettista si trova infatti imbarazzato tra il rispetto della legge (in ottemperanza al Codice di prevenzione incendi) e la consapevolezza che ciò potrebbe non bastare in caso d’incendio, perché il giudice gli potrà imputare di non aver adottato le tecnologie migliori o alternative, come noto sempre disponibili in ingegneria, anche se non sostenibili o non efficaci ai fini della riduzione significativa del livello di rischio.

L’eliminazione assoluta dei rischi negli ambienti di lavoro è infatti un obiettivo non solo insostenibile, ma soprattutto irraggiungibile!!

In conclusione assistiamo ad una classica antinomia del diritto, le cui conseguenze ricadono sui professionisti antincendio ed in generale sui tecnici che si occupano di sicurezza; in particolare per i primi diventa fortemente penalizzante l’esercizio della sussidiarietà, che la legge impone loro di farsi carico.

Ora che il Codice ha finalmente dotato il professionista antincendio di un protocollo di progettazione certo ed affidabile, ispirato ai moderni standard internazionali, è quindi evidente che la soluzione a questo disallineamento legislativo sia più orientata all’armonizzazione del D.Lgs. 81/2008 al Codice di prevenzione incendi e non viceversa.

Solo con questa prospettiva, dal percorso tutt’altro che in discesa, si potrà completare la transizione della disciplina della prevenzione incendi verso la sussidiarietà totale, in un quadro di responsabilità chiare e senza insidie sia per il professionista antincendio, ma anche di quello operante nel settore della sicurezza nei cantieri e nei luoghi di lavoro.

Il CNI si impegnerà nel dibattito, suscitando un movimento d’opinione tra i soggetti coinvolti. Sarà elaborato un documento sulla base di pareri tecnici-legali confrontando la legislazione comunitaria in materia. Saranno attivati tutti i confronti possibili, anche con la magistratura, attraverso seminari tecnici-giuridici, articoli e pubblicazioni, come questo redatto per Ingenio. L’auspicio è quello di promuovere un confronto costruttivo per una soluzione equilibrata della problematica.

 

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