Legno | Costruzioni
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Siamo veramente sicuri delle odierne costruzioni in legno?

Dopo l'articolo scritto dal direttore di iNGENIO  Andrea Dari, e  intitolato "Chi può esercitare la professione", l'Ingegner Damiano Zennaro ha voluto condividere una serie di riflessioni su come è cambiata la professione negli ultimi 50 anni e su quali aspetti è necessario focalizzarsi al fine di essere certi che ogni progettazione strutturale sia fatta a regola d'arte.


Spesso si incontrano professionisti non preparati e incapaci di fare una corretta progettazione

In seguito all'articolo scritto dal direttore di INGENIO Andrea Dari dal titolo "Chi può esercitare la professione" riportiamo l'intervento dell'Ingegner Damiano Zennaro.

Mi sono diplomato geometra nel lontano luglio del 1968 e poi, anche lavorando con mio padre che aveva un magazzino di legname, mi sono laureato in ingegneria civile all’Università di Padova e quindi sono nel “campo del legno” da oltre 54 anni e penso di aver maturato, in questi anni, una discreta esperienza in materia.

Durante questi anni ho vissuto la trasformazione dell’uso del legno in edilizia in prima persona, lavorando fianco a fianco con progettisti, impresari, “carpentieri e maestri d’ascia” e sono solo questi ultimi coloro che mi hanno tramandato una tradizione della lavorazione del legno che ormai si sta perdendo.

Ero, da giovane tecnico che si affacciava per la prima volta al mondo delle costruzioni, affascinato da come questi signori lavoravano il legno, da come riuscivano a plasmare un materiale così povero in ardite strutture, come le giunzioni erano affidate alla lavorazione ed alla collaborazione fra le parti e il chiodo o la vite erano comprimari nella “tenuta” di un nodo.

Come era bello vedere un getto a faccia-vista con le venature del legno evidenziate, ma pochi sapevano quante ore di lavoro e di devozione c’erano dietro a quel risultato finale; e cosa dire di una barca, risultato di una “fasciatura in tavole” che avvolgeva una esile struttura e come il tutto avrebbe potuto resistere alle veementi forze delle onde del mare.

Ero estasiato a contemplare come il vecchio carpentiere eseguiva l’intaglio sulla catena sulla quale doveva adattarsi in modo perfetto il puntone, per non parlare del nodo puntone-monaco vero collegamento e cuore di tutta la struttura reticolare.

Erano costoro i primi maestri di cantiere, oggi sarebbero chiamati in pompa magna “tutor” , ti insegnavano a rispettare il materiale, mi diceva un vecchio carpentiere un “detto” che dopo molti anni ad una conferenza ho sentito ripetere dal prof. Laner e la cosa mi ha fatto un gran piacere, “il legno è qualche cosa di sacro (vedi il legno della croce) lo devi sempre rispettare e trattare con devozione infatti è l’unico materiale che ti è sempre vicino nella vita e ti segue dalla nascita (la culla) alla morte (la bara)”.

L’arte del lavorare e posare in opera il legno era tramandata da generazione a generazione di lavoratori e si acquisiva una sensibilità nel realizzare una struttura, il tutto frutto di duro lavoro e sacrifici , molto scarsa era la letteratura tecnica nel settore; solo da alcuni anni sono apparsi in commercio opere che trattano (più o meno bene) la materia e una legislazione che ha “sdoganato” il materiale legno dandogli le stesse credenziali di materiali più considerati quali l’acciaio ed il calcestruzzo.

Allora i calcoli venivano fatti anche in cantiere con il regolo o con la matita da carpentiere su una muratura o una tavola di legno (quanto era bella quella matita rossa sporca di calce con quella grossa punta lavorata a scalpello con la quale si poteva scrivere su ogni superficie), a quei tempi tutti sapevano fare una radice quadrata, ora ai miei figli dico che se spengono il computer gli si spegne il cervello, se manca la calcolatrice nessuno è più capace di fare un calcolo a mente.

Ma qualcuno si è mai domandato perché la matita del carpentiere ha quella forma? Esiste un “perchè“!

Prima di diventare “carpentieri” si doveva affrontare un duro tirocinio in cantiere, dietro la guida degli anziani, vere fonti del sapere e della tecnologia costruttiva, i quali ti insegnavano, tramandandoti una scienza che ora si sta perdendo, una cultura del ben costruire che vedeva nella sicurezza finale della costruzione il primo risultato da ottenere.

Nelle ristrutturazioni spesso ci si imbatte in capriate o strutture lignee che riportano la sigla (firma) di chi le aveva realizzate, si lasciava la propria “impronta” perchè orgogliosi di cosa si aveva fatto, oggi in molte strutture ci vorrebbe del coraggio a mettere la propria firma.

Oggi tutto sembra facile, alla mattina uno si sveglia e si sente per volontà divina promosso “impresario” e si mette a costruire strutture in legno.

Nella pratica professionale ho più volte sperimentato l’importanza di avere un disegno esecutivo “conforme” alle strutture da realizzare e che permette di progettare correttamente le modifiche che nel tempo siano necessarie per porre rimedio agli errori che la Divina Provvidenza ha avuto la bontà di evidenziare prima che fosse troppo tardi.

La pratica professionale mi ha insegnato a non fidarmi troppo dei calcoli altrui, dei progetti e dei disegni che mi sono stati forniti, perché tutti possono sbagliare, ma che è più difficile sbagliare se tutto ciò che serve (carichi, disegni, particolari, materiali, ferramenta , ecc..) è ben scritto ed evidente negli elaborati.

Intervenendo su strutture esistenti ho imparato a ragionare sul passato (su cosa mi appoggio per un ampliamento della struttura? Quali carichi prevedeva l’edificio esistente?) e a introdurre “strutture spia” pronte a lanciare l’allarme quando, fra qualche tempo, qualcun altro interverrà su quella costruzione (ad esempio qualche vite in più, aumentare di qualche centimetro le dimensioni di una trave portante).

Ho imparato a mettere qualche elemento strutturale non propriamente necessario per la statica ma indispensabile per la sicurezza e la prevenzione di eventuali rischi.

Nella mia vita ho incontrato la Qualità (ISO 9001), dapprima l’ho creduta un’inutile burocrazia, poi l’ho sposata completamente perché in essa c’è tutto quello che ho imparato con l’esperienza e che eticamente mi sono sforzato di mantenere nel tempo.

Tutto questo nella vita professionale non mi ha lesinato commenti che chissà quanti altri colleghi avranno sentito (“ma Ingegnere, non ho mai visto strutture cosi massicce!”) oppure che non ho mai sentito ma che sicuramente sono stati pensati (“questi calcoli costano troppo ma erano proprio necessari!”). Non mi ci sono ancora abituato del tutto, e ogni volta mi chiedo se “l’andazzo”, fuori dal mio studio, è molto diverso oppure se l’impresario (o il cliente) ci sta semplicemente “provando”.

Ho incontrato, tanto per fare qualche esempio, impresari che non le mettevano le viti in più richieste dopo il mio passaggio o muratori convinti che per ancorare una barra filettata su un pilastro fosse sufficiente un foro col trapano profondo qualche centimetro e quattro bei colpi di martello (“dove vuole che vada ! e poi la resina costa troppo ..!”), colleghi che non si pongono il problema di verificare la deformazione di una trave rischiando che questa deformandosi si possa tirare dietro le murature.

Fondazioni auto-costruite dal cliente senza alcun progetto o calcolo o disegno ma che tu “devi” utilizzare come struttura portante sulla quale inghisare la tua struttura lignea e delle quali, poi, è difficile capire se e quanto ne sei responsabile come progettista, fornitore o realizzatore della struttura lignea, pergolati che sono venuti giù alla prima folata di vento (e per fortuna  che nessuno era sotto).

Non so se in questi cinquant’anni ho assistito a un progressivo decadimento della nostra professione o se semplicemente sono più cosciente dello stato in cui versa, di sicuro, a livello locale (di paese) e per piccole opere (la casa, il condominio, le villette a schiera, il capannone) la nostra professione è molto bistrattata.

Molto spesso mi domando: siamo noi stessi responsabili di questo stato di cose? È la società, la cultura imperante, il modello di studi? Un mix di tutto o il semplice fatto che apparteniamo alla razza umana?

Un periodo, non breve, d’insegnamento nelle scuole superiori ad indirizzo tecnico mi ha ancora di più convinto del decadimento della nostra cultura tecnica, ci sono “insegnanti” che non sanno usare propriamente le unità di misura , alcuni professori (tecnici) ai quali non affiderei una direzione dei lavori avendo conosciuto sui banchi di scuola la loro preparazione tecnica, come possono costoro formare i tecnici di domani?.

Per quanto riguarda la progettazione a volte, anzi spesso, sembra che lo sviluppo informatico nelle modalità di calcolo strutturale sia servito a ben poco ai fini della sicurezza.

Sofisticati programmi di calcolo in mano a tecnici non sufficientemente preparati (o per titolo di studio, o per incapacità di analisi degli schemi statici, dei carichi e di lettura dei risultati) forniscono un illusorio e pericoloso senso di sicurezza, nonché, spesso un’acritica accettazione dei risultati (di calcolo o di progetto), regna molto spesso “l’improvvisazione”.

Ma anche chi è senza software non se la passa meglio, gli studi tecnici sprovvisti di un “responsabile strutturale” nel loro staff spesso delegano il calcolo all’esterno, con cieca fiducia, a professionisti che operano “solo” sulla parte loro affidata (perdendo la visione globale del progetto) oppure a fornitori (come avviene usualmente per le strutture lignee) che non hanno le dovute competenze in materia. 

Per chi non ha una specifica competenza nel settore risulta molto difficile fare una corretta progettazione e rendersi conto dei problemi e delle conseguenze a livello di responsabilità.

Ad un tecnico per imporsi su certi fornitori e clienti serve autostima, conoscenza tecnica e normativa, polso, freddezza, capacità di gestire i conflitti, supporto dei colleghi: personalmente queste cose non me le ha insegnate la scuola e non ancora abbastanza la vita.

Nei lavori che mi sono passati per le mani negli ultimi anni mi è capitato di vedere :

  • un pergolato in legno di notevoli dimensioni  da realizzare su fondazioni quasi inesistenti, anche vecchie di 20 anni, non verificate da nessuno e sprovviste di progetto (dimensioni e armature);
  • un nuovo capannone con struttura lignea composta da capriate di notevoli dimensioni con una relazione fantastica, dettagliatissima (completa di verifiche di stabilità, una vera tesi di laurea!) ma con “schizzi” dei collegamenti in acciaio assolutamente mal quotati e privi delle indicazioni essenziali quali viti, bulloni e connettori (numero, diametro e posizione) e quindi elaborati tecnici praticamente inutilizzabili per una corretta  realizzazione dell’opera;
  • una bifamigliare progettata per essere realizzata con solai e coperture in laterizio e costruita “stravolgendo lo schema statico originario” con una struttura in legno, non corrispondenza ai calcoli delle strutture depositati agli enti preposti (e mai aggiornati), senza stratigrafia dei solai e delle coperture, né adeguate analisi dei carichi, con solai calcolati dal fornitore delle strutture lignee (l’azienda non aveva uno studio tecnico con tecnici iscritti all’Albo professionale) con gravi carenze progettuali (spesso usando programmi scaricati da internet senza alcun controllo  sulla loro validità);
  • una villetta in cui nella relazione di calcolo da depositare era presente il calcolo di un solaio in legno con soletta collaborante, non era indicato quale tipo di connettore utilizzare “era così bravo il tecnico che quel calcolo poteva servire per qualunque tipo connettore !!!!”;
  • in molti casi i certificati dei materiali (ah si quali certificati ?) sono fotocopie scaricate da internet, alcuni certificati delle travi lamellari non erano altro che i certificati di incollaggio delle travi !!.
  • vengono spesso prodotti in fase di collaudo certificati di viti che non sono presenti in nessun DDT, molto spesso le viti sono a carico del montatore che decide quali utilizzare  in base alla sua “personale esperienza di cantiere”.
  • in alcune casi una “allegra” gestione del subappalto e se i dati necessari (disegni esecutivi, indicazioni sulle classi di resistenza delle strutture lignee, della ferramenta da utilizzare, mancata indicazione della classe di esposizione, ecc ..) non sono comunicati efficacemente dal progettista all’impresa esecutrice o al fornitore delle strutture lignee, sono lasciati alla libera scelta di fornitori “improvvisati”;
  • figuriamoci quando questi acquistano strutture o parti di strutture da altri ed in cantiere ne modificano la tipologia per adattare la struttura ad abbaini o velux non presenti nel progetto originale; mi domando spesso ma a chi spetta la “visione d’insieme” della struttura e per la sua realizzabilità, chi ne risponde ai fini delle sicurezza;
  • molto spesso o visto “vendere fumo”; a capitolati con gravi lacune tecniche rispondere con preventivi “altrettanto” lacunosi, ad esempio nel preventivo erano indicati tavolati e nei progetti sono stati l’utilizzati pannelli OSB di spessore molto più ridotto;
  • strutture in xlam che erano posate su cordoli realizzati con un betoncino in getto, senza alcuna guaina impermeabilizzante (grave errore tecnico e statico), senza parlare di strutture con il pannello xlam posato ad una quota inferiore al marciapiede perimetrale;
  • travature di copertura solo posate sulla muratura, non era presente sulla sommità nessun cordolo o fissaggio (io direi “nessun dorma” sotto quel tetto);
  • molto spesso le odierne norme sui “carichi e sovraccarichi” sono disattese e ad esempio la neve è 90 daN/mq su tutto il tetto, ma cosa sono i compluvi?;
  • per non parlare di tecnici che non sanno la differenza che esiste fra “resistenza al fuoco e reazione al fuoco” e parlano solo di un “trattamento ignifugo”.

Ma queste cose sono capitate tutte a me? Non credo proprio, quasi sempre si è trattato di imprese note e ritenute affidabili, studi di professionisti seri e imposti sul mercato, fornitori “importanti”.

Per inciso si è riusciti facilmente a porre rimedio “alle sviste” sopra riportate ma quando giustamente si chiedeva al committente che fosse riconosciuto il lavoro svolto (verifiche dei calcoli o integrazione della documentazione tecnica) veniva risposto che il tutto era già stato fornito dal proprio tecnico (eppure erano i calcoli e i disegni del suo tecnico ad essere sbagliati o incompleti!).

Dire che è il “Dio” denaro e l’improvvisazione a dominare l’attività di molti, compresi i professionisti, è dire, ovviamente, una grossa ovvietà ma io ritengo che un buon progetto deve assicurare “la perfetta stabilità e sicurezza” delle strutture in modo da “evitare qualsiasi pericolo per la pubblica incolumità” e questo deve essere un principio guida molto chiaro e moderno, una sorta di marcatura CE di ogni opera strutturale.

Ed allora da cosa si potrebbe incominciare?

  • dovrebbero essere istituzionalizzati e promossi corsi sui difetti strutturali in edilizia, di progettazione ed esecuzione, tanto negli  istituti superiori che all’università;
  • dovrebbero essere promossi ad ogni livello corsi di etica e comportamento professionale;
  • gli Ordini professionali dovrebbero promuovere un miglioramento della preparazione tecnica dei propri iscritti (cosa  che  alcuni Ordini lo stanno già egregiamente facendo).

Non voglio fare alcun commento sul 110% (ne sto vedendo di tutti i colori, si potrebbe scrivere un' enciclopedia!)

Damiano Zennaro

Ingegnere e Tecnologo del Legno, docente di Costruzioni e Tecnica delle Costruzioni e libero professionista

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