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Semplificazione, certezza giuridica e involuzioni burocratiche

L’Autore torna sul tema delle garanzie scaturenti dall’attuale sistema di asseverazioni in edilizia così come disegnato dai recenti provvedimenti di Semplificazione (legge n. 120/2020 e legge n. 108/2021) inerenti, da un lato, la certezza giuridica e, dall’altro, la tutela del richiedente a fronte delle possibili inerzie delle Amministrazioni Pubbliche. Ne scaturisce un quadro di sovrapposizioni di non semplice applicazione che non pare congruo con l’obiettivo dichiarato della semplificazione e burocrazia “zero”.

Nel precedente articolo “L’irreperibilità o l’inesistenza delle pratiche edilizie va certificata” abbiamo esaminato una sentenza del TAR Lazio che impone la certificazione della eventuale “irreperibilità/inesistenza” di pratiche edilizie negli archivi comunali al fine di garantire la “certezza giuridica degli atti” che vengono attestati da privati professionisti e non più dalla Pubblica Amministrazione.

Aspetto rilevantissimo questo della “certezza giuridica” nell’attuale sistema che tramite il criterio del silenzio-assenso ha spostato sul “privato” ciò che (in via di principio) è competenza del “pubblico”. Il quale comunque la conserva seppur in via residuale e di controllo.

Questo ha sollevato problemi enormi sia dal punto di vista delle procedure, che della formazione professionale, che delle responsabilità e, non ultimo, ha fatto sorgere il problema della “certezza giuridica”, ovvero dell’affidabilità di quegli atti derivanti da dichiarazioni di parte del professionista privato e, ancor prima, della loro esistenza, visto che si consolidano per effetto di un silenzio (e cioè in assenza di atto espresso).

La prima soluzione del problema nell’edilizia: la certificazione dell’esistenza del silenzio-assenso

Come spesso è successo la soluzione al problema il Legislatore l’ha sperimentata in edilizia.

Infatti la legge n. 120/2020 (“semplificazioni 2020”) ha aggiunto un ultimo periodo al comma 8 dell’articolo 20 del Testo Unico dell’Edilizia consentendo al privato di richiedere ed ottenere una “certificazione” del comune sull’effettiva mancanza di atti sospensivi per richiesta di integrazioni documentali o di dinieghi. Se non esistono atti impeditivi si è formato il silenzio-assenso (in via incidentale ne abbiamo parlato nell’articolo citato dianzi).

La certezza “scritta”; ovvero, come dice il proverbio: “carta canta, villan dorme”

In altri termini se il silenzio-assenso si consolida solo per la mancanza di atti interdittivi o sospensivi entro i termini procedimentali, la certezza tangibile della sua esistenza si ottiene solo dal un’attestazione scritta, ovvero: il silenzio-assenso per essere “certo” va dichiarato per iscritto!

Non che sia necessario per la sua esistenza: il silenzio-assenso è un atto per sua natura implicito, che rimane tale e che comunque dispiega i suoi effetti anche senza certificazione; però, se proprio vogliamo essere sicuri, occorre fare ricorso al vecchio metodo della conferma formale chiedendo un’attestazione all’amministrazione competente (competente alla sua istruttoria e all’eventuale diniego) tramite la procedura formalizzata e tassativa di cui si è appena detto, che impone allo “sportello unico per l’ediliziail rilascio della certificazione di mancato diniego o sospensione “entro quindici giorni dalla richiesta”.

Di fatto un ritorno al passato “burocratico”. La competenza della Pubblica amministrazione cacciata dalla porta rientra dalla finestra, con un evidente aggravio per l’attività comunale che si voleva bypassare (e alleviare).

Se non un ritorno alla burocrazia potremmo certamente dire un ritorno di burocrazia.

La norma dell’articolo 20 del Testo Unico dell’Edilizia tutela però solo gli atti edilizi perché opera all’interno del DPR 380/01.

La tutela contro l’inadempimento: il ricorso al “garante”

Per come è scritta la legge la certificazione è un atto dovuto.

E allora la tutela avverso l’eventuale inerzia del comune in caso di mancata risposta sta nel ricorso all’articolo 2, commi 9-bis e 9-quinques della legge n. 241/90 che ha istituito la figura di un “Garante” cui fare ricorso in caso di inadempimento dell’amministrazione pubblica dotandolo di “poteri sostitutivi” (e addirittura ponendolo a capo di un’“Unità” specifica come ha aggiunto l’articolo 61 della legge n. 108/2021 – “Semplificazioni 2021”).

Il cerchio parrebbe chiuso; c’è la norma e c’è anche il ricorso al potere sostitutivo che è una sorta di reviviscenza del commissario ad acta previsto un tempo in caso di inadempienza nel rilascio dei permessi di costruire ante silenzio-assenso (DPR 380/01, art. 20 ante d.lgs. 222/2016).

Il problema della “certezza giuridica” per tutti gli atti di silenzio-assenso

Il Legislatore però si è reso conto evidentemente che la certezza giuridica degli atti non è solo un problema dell’edilizia, ma si estende a tutti quelli assentibili con il silenzio per cui con la successiva legge “semplificazioni 2021” (n. 108/2021) all’articolo 62 ha esteso la facoltà già sperimentata in edilizia introducendo una norma di portata generale in modifica dell’articolo 20 della legge n. 241/90.

L’estensione della norma in generale: certificazione per tutti

Col comma 2-bis si estende infatti a tutti i procedimenti di silenzio-assenso la possibilità di richiedere una “certificazione” (per così dire) di “convalida”, analoga a quella del già richiamato comma 8, ultimo periodo dell’articolo 20 del Testo Unico dell’Edilizia.

La norma è analoga ma non identica.

Purtroppo le due norme non sono sovrapponibili e quella dell’articolo 62 (che modifica l’articolo 20 della l. n. 241/90) contiene disposizioni diverse, sia per i termini concessi per la risposta (10 giorni anziché i 15 dell’edilizia) e, soprattutto, per le conseguenze della eventuale mancata risposta.

Le norme che impongono un comportamento alla Pubblica Amministrazione sono efficaci se contengono anche formule di tutela contro l’inadempimento.

E qui il Legislatore ha duplicato le procedure di tutela.

La tutela contro l’inadempimento: una doppia soluzione?

L’eventuale mancata risposta all’istanza di dichiarazione del privato si configura anche in questo caso (in analogia con l’edilizia) come inadempimento di un atto dovuto (infatti la norma dice espressamente che “l’amministrazione è tenuta a rilasciare”); per cui ben si potrebbe ricorrere al “Garante” previsto dall’articolo 2 della l. n. 241/90 di cui si è detto sopra.

Il Legislatore (che in cuor suo evidentemente diffida della tempestività delle amministrazioni) ha voluto invece prevedere una forma specifica sostitutiva alternativa in caso di mancata risposta dell’Amministrazione disponendola non in capo ad un’Autorità pubblica (come per l’edilizia), ma riconducendola al privato.

A rimedio ha previsto infatti un’ulteriore “auto-certificazione”, in cui il privato “dichiari” che vi è stata la mancata risposta dell’Amministrazione, e lo dichiari ai sensi dell’articolo 47 del DPR n. 445/2000, ovvero in forma di dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà.

Una sovrapposizione di modalità di tutela e un problema cronologico e di competenza

Si porrà il solito problema: la legge generale (l.n. 241/90) cronologicamente successiva alla lex specialis (il DPR 380/01) potrà essere applicata anche ai procedimenti della lex specialis? Ovvero: questa dichiarazione della mancata dichiarazione sarà applicabile anche all’edilizia o per essa si deve ricorrere per forza al Garante dell’inerzia?

Una perplessità sull’involuzione del sistema certificativo

Al di là di questo aspetto applicativo sorge però qualche perplessità sul sistema certificativo, sulla sua involuzione, sulla sua efficacia.

Perché alla fine dei conti – se l’amministrazione è inerte - è di nuovo il privato che certifica sé stesso.

Il silenzio-assenso dapprima ha traslato le competenze dal pubblico al privato, poi la necessità di dare certezza al diritto dal privato le ha riportate al pubblico per la conferma della veridicità e infine dal pubblico tornano ora al privato in via sostitutiva in caso di mancata risposta: un ritorno alla casella di partenza un po’ come nel gioco dell’oca.

Un inviluppo di certificazioni che non pare aver semplificato e, soprattutto, non esonera la P.A. dai compiti di verifica.

Chi assevera la mancata certificazione

Dovendo la certificazione essere fatta a norma dell’articolo 47 del d.lgs. n. 445/2000 si tratta di sostituzione di atto notorio, e quindi di dichiarazione di “qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato”; per cui va fatta dal richiedente essendo lui il destinatario delle comunicazioni del comune in esito alla richiesta (e non dal professionista progettista).

Poiché spesso le comunicazioni vengono inviate (magari per espressa richiesta dell’istante) al professionista incaricato sarà bene che il comune invii comunque sempre le comunicazioni in primis al richiedente (e poi anche al professionista) per evitare che il titolare dell’atto (il richiedente) non sia a conoscenza dei “fatti” che poi deve attestare.

Un intreccio contorto tra attività del richiedente, del professionista, della pubblica Amministrazione

Così in un procedimento edilizio, si incrociano attività del richiedente, del comune, del professionista con due alternative procedimentali:

Al fine di accertare la “legittimità”:

  • Il titolare attesta i precedenti edilizi (art. 20, co.1, primo periodo del TUEd);
  • Il professionista assevera la legittimità e la conformità (art. 20, co. 1, secondo periodo e art. 9-bis, co.1-bis del TUEd.

Il decorso del tempo consolida poi il silenzio-assenso, …… però per avere la certificazione del silenzio-assenso si profilano due strade:

1 – azione mista con la lex specialis + legge generale 

(attivazione con DPR 380/01 e tutela con legge n. 241/90, art. 2, co. 9-bis/9-quinquies)

  • si richiede al comune la dichiarazione di mancata azione interdittiva o inibitoria (art. 20, co.8, ultimo periodo del DPR 380/01);
  • in caso inerzia del comune dopo 15 giorni si ricorre al Garante per l’azione sostitutiva (ex articolo 2, co. 9-bis e 9-quinquies della legge n. 241/90) (appare dubbio che sia possibile anche l’autocertificazione con art. 20, co. 2-bis della l. 241/90 avendo avviato la procedura edilizia ex DPR 380/01; in ogni caso occorrerebbe attendere 15 giorni anziché 10).

Oppure in alternativa:

2 - con la legge generale (attivazione e tutela con l. n. 241/90, art. 20, co. 2-bis):

  • si richiede al comune la dichiarazione di mancata azione interdittiva o inibitoria (ex art. 20, co.2-bis legge n. 241/90);
  • in caso inerzia del comune dopo 10 giorni si autocertifica con atto sostitutivo di atto notorio la mancata azione interdittiva o inibitoria (sempre ex articolo 20, co. 2-bis della legge n. 241/90).

Le procedure sopra esposte sono il frutto di due provvedimenti legislativi di “semplificazione” assunti in rapida successione, ma non pare siano stati ben coordinati: forse abbiamo accelerato; semplificato probabilmente no.

Una riflessione si impone.

Ermete Dalprato

Professore a c. di “Laboratorio di Pianificazione territoriale e urbanistica” all’Università degli Studi della Repubblica di San Marino

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