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Secondo condono edilizio: la sanatoria condizionata è inammissibile

Le regole del secondo condono edilizio prevedono la sanatoria per abusi edilizi ultimati entro il 31 dicembre 1993 e con ampliamento della costruzione originaria non superiore al 30% oppure al 750 metri cubi.

Non è possibile ottenere un condono edilizio condizionato, cioè sulle basi di un nulla osta paesaggistico 'condizionato' all'esecuzione di determinate prescrizioni, in quanto le regole del condono - nella specie il secondo del 1994, articolo 39 della legge 724/1994 - prevede la sanatoria straordinaria per le "opere abusive che risultino ultimate entro il 31 dicembre 1993 e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria, ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale o assentita, un ampliamento superiore a 750 metri cubi".

Ce lo ricorda la Corte di Cassazione nella sentenza 11406/2024 dello scorso 19 marzo, che ha rigettato il ricorso di un privato contro l'ordinanza di demolizione per alcune opere abusive.

 

Il nulla osta paesaggistico condizionato non porta ne al condono ne alla sanatoria

Il privato rappresenta che, in virtù di un nulla osta paesaggistico condizionato a determinati accorgimenti, il condono sarebbe legittimo.

Per la Cassazione la sanatoria condizionata è sempre inammissibile: è infatti irrilevante, ai fini del condono, il rilascio sopravvenuto di un nulla osta paesaggistico condizionato. Tale regola, tra l'altro, opera tanto con riferimento alla cd. sanatoria urbanistica (o ordinaria) ex art. 36 del dpr 380/2001, che con riferimento all'istituto del condono.

 

Le regole del secondo condono edilizio: non si può intervenire a posteriori per 'correggere' l'abuso

Gli ermellini ricordano le prerogative del secondo condono edilizio, normato dall'art.39 della legge 724/1994: esso prevede l'applicabilità delle disposizioni in materia di condono edilizio dettate dalla legge 47/1985 e ss.mm.ii. «alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 dicembre 1993 e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria, ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale o assentita, un ampliamento superiore a 750 metri cubi».

Non è assolutamente consentito, quindi, intervenire dopo (a posteriori, cioè dopo il 31 dicembre 1993, ma la regola vale per tutti i condoni, primo, secondo e terzo) per renderli conformi alla disciplina.

Le condizioni di cui sopra, cioè, devono esistere entro la data limite, non potendosi prevedere un aggiustamento ex post che, di fatto, sarebbe contrario proprio al 'senso' del condono stesso.

 

Le regole del secondo condono edilizio: per la sanatoria serve il parere positivo dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo

In caso di 'secondo condono edilizio', la regolarizzazione degli abusi edilizi ricadenti in zona sottoposta a vincolo paesaggistico relativo alla presenza di un corso d'acqua richiede inderogabilmente il previo rilascio del parere dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo.


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Unici interventi ex post possibili: finiture e opere per rendere gli edifici funzionali

L'unica possibilità di intervento ex post - evidenzia la Cassazione - è prevista dall'art. 35, comma 14, legge 47/1985 (che disciplina modesti lavori di rifinitura delle opere abusive) e dall'art. 43, quinto comma, della stessa legge, che consente le opere strettamente necessarie a rendere gli edifici funzionali qualora i manufatti non siano stati completati per effetto di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali.

 

No alla sanatoria condizionata

La Cassazione chiude quindi evidenziando che sono inammissibili i lavori edilizi ex post volti a fare rientrare l'opera da condonare entro i limiti volumetrici di cui alla legge sopracitata.

Tradotto diversamente: interventi di ogni tipo, sull'opera abusiva da condonare, ancorchè imposti a fini paesaggistici con il nulla osta che dovrebbe completare la procedura di condono, si scontrano comunque col fatto che l'autorità deputata al relativo rilascio non può imporre alcuna modifica cui condizionare la propria autorizzazione.

L’Autorità preposta al vincolo quindi deve solamente verificare la compatibilità con il vincolo paesaggistico dell'opera così come realizzata alla data ultima di condono.

La demolizione è quindi legittima, perché la sanatoria condizionata è inammissibile.


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