Se un’area non è urbanizzata allora viene negato il permesso di costruire per il recupero del sottotetto
Le aree non urbanizzate sono porzioni di territorio prive di interventi di urbanizzazione primaria e secondaria. In quanto prive di edificazione intensiva esse contribuiscono alla biodiversità, alla sostenibilità e alla gestione del rischio idrogeologico. Attraverso l'analisi della sentenza del TAR Campania n.1926/2025, si esplora il caso di un proprietario che ha tentato di recuperare un sottotetto in un'area non urbanizzata, il cui permesso è stato negato dal Comune a causa dell'assenza di infrastrutture essenziali.
Il ruolo delle aree non urbanizzate nell'equilibrio ambientale
Quando si parla di aree non urbanizzate si intendono porzioni di territorio che non sono state soggette a interventi di urbanizzazione:
- primaria (come strade, reti idriche, fognature, illuminazione pubblica);
- secondaria (servizi, edifici, infrastrutture).
Queste aree possono essere di diverse tipologie, tra cui:
- aree agricole utilizzate per la coltivazione, l'allevamento o altre attività agro-silvo-pastorali.
- aree naturali e protette che comprendono parchi nazionali, riserve naturali e oasi;
- aree inedificate o di riserva urbana, ossia porzioni di territorio ancora non edificate, ma potenzialmente destinate a future urbanizzazioni;
- aree boschive e foreste, ossia spazi ricoperti da vegetazione arborea con funzione ecologica, idrogeologica e climatica;
- aree inondabili o a rischio idrogeologico perché possibilmente soggette a esondazioni o frane.
Nonostante ciò tali aree contribuiscono fortemente all’equilibrio ambientale e alla riduzione dell’inquinamento in quanto favoriscono la biodiversità e la sostenibilità, consentono al tempo stesso di usufruire di spazi per il tempo libero e per la ricreazione, risultando fondamentali per la gestione del rischio idrogeologico e climatico.
Esse pongono però dei limiti relativamente all’insediamento urbano, in quanto vi sono delle carenze di opere di urbanizzazione. Tale concetto viene chiarito anche dal DM n.1444/1968 il quale stabilisce le norme urbanistiche per la definizione degli standard edilizi e urbanistici minimi, in particolare definisce i “Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art. 17 della L. 6 agosto 1967, n. 765.”
Con la sentenza del Tar Campania n.1926/2025 viene sottolineato quanto un’area non urbanizzata possa essere vincolante, rendendo difficile per i proprietari immobiliari anche la richiesta di un recupero degli ambienti di sottotetto.
Le insidie del recupero edilizio: il caso del sottotetto negato
Il ricorrente della sentenza, in questo caso, è il proprietario di un immobile ad uso promiscuo agricolo/residenziale che aveva presentato un'istanza per il recupero del sottotetto esistente ad uso abitativo, oltre a una diversa distribuzione degli ambienti interni al piano rialzato. L'immobile, realizzato nel 2011 con un regolatore permesso di costruire, è costituito da un piano seminterrato adibito a deposito agricolo, un piano terra parzialmente residenziale e un piano primo utilizzato come sottotetto.
Egli aveva chiesto non solo di recuperare il sottotetto per adibirlo a uso abitativo, sostenendo che l'altezza media interna (2,50 metri) superasse i requisiti minimi previsti dalla legge regionale (2,20 metri), ma aveva proposto anche una riorganizzazione degli spazi interni per migliorarne la fruibilità. Tuttavia, il Comune di Carbonara di Nola ha negato il permesso, precisando la mancanza dei presupposti per la trasformazione in residenziale, a causa dell’assenza di opere di urbanizzazione primaria e la necessità di un'ulteriore autorizzazione idraulica, vista la presenza di un vincolo idrogeologico.
Il ricorrente ha quindi presentato ricorso al TAR, il quale a sua volta ha confermato il diniego comunale.
Il tribunale ha sottolineato che “Il diniego comunale prende posizione sulle opere proposte, affermando: iI lotto di proprietà dell'istante ricade in un comparto del tutto carente di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, il che preclude la verifica dei presupposti di cui al D.M. n.1444/1968 in materia di standards minimi inderogabili a fronte di insediamenti residenziali oltre a non rispettare le prescrizioni di cui all'art. 12 comma 2 del DPR N.380/2001 e s.m.i e quanto previsto all'art.81 comma/delle Norme di Attuazione (parte a) allegate al PRG vigente.”
L’area in cui ha sede l'immobile, risultando priva di fognatura, rete idrica ed elettrica e di pubblica illuminazione, è di fatto inadatta allo sviluppo urbano. Anche quanto proposto in termini di soluzioni dal ricorrente, come l'uso di un pozzo a tenuta per lo smaltimento delle acque reflue e una cisterna per l'acqua piovana, è da ritenersi non conforme alla normativa vigente, in particolare al DLGS 152/2006 e al DLGS 18/2023. Il Comune ha sottolineato che l'area non è urbanizzata e che le opere proposte non garantiscono i livelli di sicurezza richiesti per uno sviluppo antropico, come riportato chiaramente nella sentenza.
Viene infatti “evidenziato, relativamente alle modalità di smaltimento delle acque reflue (realizzazione di un pozzo a tenuta, svuotato da ditta specializzata) e per la fornitura se dell'acqua ad uso domestico (realizzazione di una cisterna da interro con recupero dell'acqua piovana e con filtro e pompa), che le soluzioni proposte non risultano conformi al D.Lgs. 152/2005 e al D.Lgs. n. 18 del 23/02/2023 e non garantiscono i livelli di sicurezza da rispettare per legge, specificando che l'acqua piovana non è idonea al consumo umano e pertanto è necessario l'allacciamento alla rete di distribuzione del gestore idrico integrato. Nel ricorso non è in alcun modo dimostrato che le soluzioni proposte in punto di fognatura, e di fornitura d’acqua per uso domestico rispettino la normativa vigente”.
Il caso evidenzia le difficoltà che i proprietari possono incontrare nel recupero di sottotetti in aree non urbanizzate. Nonostante le intenzioni di migliorare la fruibilità degli spazi, la mancanza di infrastrutture adeguate e il rispetto delle normative ambientali rimangono ostacoli significativi per taluni interventi.
LA SENTENZA DEL TAR CAMPANIA È SCARICABILE IN ALLEGATO.

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