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Sblocca Cantieri, ecco come cambiano le regole sulle distanze tra edifici! Ultimissime news e dossier aggiornato

La versione "definitiva" dell'articolo 5 del decreto Sblocca Cantieri ammette ex lege tutti gli interventi a parità di sedime e volume, nei limiti e nel rispetto di altezza e distanze preesistenti

Sblocca Cantieri: le misure dell'emendamento della Lega per sospenderlo

Il decreto Sblocca Cantieri inizierà domani, 11 giugno 2019, il suo rettilineo finale alla Camera dove la conversione in legge definitiva deve avvenire entro il 17 giugno pena la decadenza del DL 32/2019. Ricordiamo che, nel testo ufficiale approvato dal Senato in data 6 giugno 2019 e 'spedito' alla Camera (AC-1898), c'è inglobato il sub-emendamento a firma Patuanelli che aveva calmierato e non poco l'originale emendamento all'art.1 della Lega.

Non solo: evidenziamo la pubblicazione del dossier parlamentare integrale aggiornato al 7 giugno 2019 con l'analisi di tutti gli articoli e di tutte le modifiche apportate dal Senato al testo originale. Di seguito, un riepilogo delle novità di rilievo nei settori appalti, urbanistica ed edilizia.

Abbiamo già avuto modo di approfondire tutte le novità dedicate agli appalti, ai contributi per i comuni in materia di edilizia scolastica e strade e anche alla normativa sulle costruzioni in zona sismica nel riepilogo ufficiale, oggi ci focalizziamo sull'art.5 dello Sblocca Cantieri, che peraltro avevamo avuto modo di approfondire su Ingenio, all'indomani della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del DL 32/2019 originario.

Distanze tra edifici: le novità di rilievo del DL Sblocca Cantieri

La richiamata disposizione fa riferimento ai c.d. "standard urbanistici", espressione con la quale si intendono le previsioni che fissano la quantità minima di spazio che ogni piano regolatore generale deve inderogabilmente riservare all'uso pubblico e le distanze minime e altezze massime da osservare nell'edificazione degli e tra gli edifici, nonché ai lati delle strade.

Tali previsioni sono contenute nel decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, attuativo dei commi ottavo e nono dell’art.41-quinquies della legge 1150/1942 (Legge urbanistica), a sua volta introdotto dall’art. 17 della legge n. 765/1967 (c.d. legge ponte in materia urbanistica).

La disciplina degli standard urbanistici risulta, poi, integrata dalle previsioni in materia di edilizia sociale di cui ai commi 258-259 dell'art. 1 della legge 244/2007 (legge finanziaria 2008), in base ai quali, fino alla definizione della riforma organica del governo del territorio, in aggiunta agli standard di cui al DM 1444/1968 e alle relative leggi regionali, negli strumenti urbanistici sono definiti ambiti la cui trasformazione è subordinata alla cessione gratuita da parte dei proprietari, singoli o in forma consortile, di aree o immobili da destinare a edilizia residenziale sociale, e per la realizzazione di edilizia residenziale sociale, di rinnovo urbanistico ed edilizio, di riqualificazione e miglioramento della qualità ambientale degli insediamenti, possono essere riconosciuti dai comuni, nell'ambito delle previsioni degli strumenti urbanistici, aumenti di volumetria premiale.

Le distanze minime tra edifici, previste dall'art.9, commi 2 e 3, del DM 1444/1968, si applicheranno obbligatoriamente solo alle zone C di espansione. Nelle altre zone, ogni ente potrà decidere quali regole seguire.

Facciamo chiarezza. Nelle altre zone (quindi A e B), ogni ente potrà decidere quali regole seguire sulle distanze tra edifici. L'emendamento approvato all'ultim'ora in Senato contiene anche un'altra importante novità: contrariamente a quanto stabilito dal decreto legge e da tutte le bozze del disegno di legge, Regioni e Province autonome non avranno l'obbligo di adottare una serie di deroghe al DM 1444/1968 in materia di limiti di densità edilizia, altezza e distanza tra fabbricati, e deroghe in materia di standard urbanistici. In definitiva:

  • viene confermata l'integrazione del citato art.2-bis del dpr 380/2001 che vede, nel neo introdotto comma 1-bis, il limite applicativo per le normative locali, circoscritte alla definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati;
  • il nuovo comma 1-ter invece - ed è qui l'unica, vera novità di rilievo - ammette ex lege tutti gli interventi di demolizione con ricostruzione a parità di sedime e volume (ed entro i limiti dell'altezza preesistente) nel rispetto delle distanze preesistenti. Ricordiamo che, sino ad oggi, questa facoltà era concessa esclusivamente per gli interventi ricadenti in Zone A di centro storico e comunque senza che si potesse tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente (ancorché legittimamente edificate) ma prive di valore storico, artistico o ambientale (cfr. art. 9, comma 1, punto 1) DM 1444/68).

Distanze minime in edilizia: come incide il reintrodotto comma 1-ter

Il re-introdotto comma 1-ter all'art.2-bis del 380/2001 incide in maniera sostanziale sull'ambito applicativo delle disposizioni regolamentari vigenti in materia di distanza tra fabbricati, sancendo in termini generali che "in ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest'ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell'area di sedime e del volume dell'edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell'altezza massima di quest'ultimo".

Fino ad oggi questa facoltà era concessa esclusivamente per gli interventi ricadenti in Zone A di centro storico e comunque senza che si potesse tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente (ancorché legittimamente edificate) ma prive di valore storico, artistico o ambientale (cfr. art. 9, comma 1, punto 1) d.m. 1444/68).

Ora, invece, scatta l'applicabilità automatica della disposizione legislativa statale, dato che si riferisce a tutti i casi di interventi di "demolizione e ricostruzione", stabilendone oltretutto i limiti operativi (coincidenza di sedime e volumi preesistenti e rispetto dell'altezza massima dell'edificio demolito).

Quindi:

  • l'unica precisazione consentita a livello locale sarà riconducibile alla normativa tecnica dello strumento urbanistico comunale, e comunque nei soli casi in cui - per ragioni di tutela storico-culturale -, lo stesso strumento urbanistico vieti (nella specifica zona territoriale o sullo specifico edificio) l'esecuzione di interventi di demolizione totale;
  • ricompare anche la norma di interpretazione autentica secondo cui le disposizioni di cui all'art.9, commi secondo e terzo, del d.m. 1444/68, si interpretano nel senso che i limiti di distanza tra i fabbricati ivi previsti si considerano riferiti esclusivamente alla zona C (cioè alle parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali l'edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità previsti per le zone B). La nuova disposizione, quindi, prevede che le distanze minime previste per i fabbricati tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (ad esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti per cui detti limiti già non sussistevano) siano riferite unicamente alle zone di espansione. La norma, come già evidenziato, ha natura dichiaratamente interpretativa e pertanto suscettibile di applicazione retroattiva anche nei procedimenti pendenti.

Le zone territoriali

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 2 del DM 1444/1968 sono considerate zone territoriali omogenee, ai sensi e per gli effetti dell'art. 17 della legge 765/1967:

  • A) le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestano carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi;
  • B) le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq;
  • C) le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali l'edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità di cui alla precedente lettera B);
  • D)le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati;
  • E)le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui - fermo restando il carattere agricolo delle stesse - il frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerare come zone C);
  • F) le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale.

Con riferimento ai limiti di distanza tra fabbricati, rivestono particolare rilievo alcune pronunce della Corte costituzionale, tra le quali si segnala la sentenza n. 50 del 2017. In tale pronuncia la Corte costituzionale ha chiarito che le leggi regionali rispettano le condizioni stabilite dall'art. 2-bis del Testo unico in materia edilizia laddove la possibilità di derogare alle distanze minime sia accordata con la necessaria garanzia dell'intermediazione dello strumento urbanistico e al fine di conformare in modo omogeneo l'assetto di una specifica zona del territorio, e non con riferimento a tipi di interventi edilizi singolarmente considerati.

Secondo la giurisprudenza costituzionale sul riparto di competenze in tema di distanze legali, la disciplina delle distanze minime tra costruzioni rientra, infatti, nella materia dell'ordinamento civile e, quindi, attiene alla competenza legislativa esclusiva statale.

Il punto di equilibrio nella delimitazione dei rispettivi ambiti di competenza - statale in materia di "ordinamento civile" e concorrente in materia di "governo del territorio" - è stato rinvenuto nell'art. 9, ultimo comma, del D.M. n. 1444 del 1968, più volte ritenuto dotato di efficacia precettiva e inderogabile, ed è ribadito dall'introduzione dell'art. 2-bis del DPR n. 380/2001, che ha inserito nel Testo unico in materia edilizia i principi fondamentali della vincolatività, anche per le regioni e le province autonome, delle distanze legali stabilite dal D.M. n. 1444 del 1968 e dell'ammissibilità di deroghe solo a condizione che esse siano "inserite in strumenti urbanistici, funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio".

In senso conforme si è più volte espressa la giurisprudenza amministrativa, secondo cui la deroga alla disciplina dei parametri in tema di densità, di altezze e di distanze, realizzata dagli strumenti urbanistici, deve ritenersi legittima sempre che faccia riferimento ad una pluralità di fabbricati e sia fondata su previsioni planovolumetriche che evidenzino, cioè, una capacità progettuale tale da definire i rapporti spazio-dimensionali e architettonici delle varie costruzioni considerate come fossero un edificio unitario (si veda, ex plurimis, Cons. Stato, sez. VI, ord. 1° marzo 2019, n. 1431).

 

IL TESTO INTEGRALE DELL'ART.5 DEL DL SBLOCCA CANTIERI APPROVATO DAL SENATO E' DISPONIBILE IN FORMATO PDF

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