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Sanatoria e condono edilizio: quali prove servono per dimostrare la data dell'intervento?

La prova della data di realizzazione di un'opera edilizia, per poter ottenere la sanatoria o il condono edilizio, è ad esclusivo carico del privato, deve essere rigorosa e fondarsi su documentazione certa e univoca e comunque su elementi oggettivi. I principi di prova oggettivi concernenti la collocazione dei manufatti tanto nello spazio, quanto nel tempo, si rinvengono nei ruderi, fondamenta, aerofotogrammetrie, mappe catastali.

Che tipo di prove deve 'portare' il privato per poter ottenere una sanatoria ordinaria o un condono edilizio straordinario, sempre tenendo presente la differenza che intercorre tra l'accertamento di conformità del Testo Unico Edilizia e l'istanza di uno dei 3 condoni?

L'argomento è sempre attuale e trattato dal Consiglio di Stato nella sentenza 2165/2024 del 5 marzo, che tratta delle presunte prove a corredo di un'istanza di condono per la realizzazione di una piscina.

 

La piscina del contendere

Secondo i ricorrenti, era stata dimostrata dall'atto dell'agenzia immobiliare la presenza sul terreno di una vasca interrata di cemento armato di dimensioni pari a 7 x 12, munita di tubazioni sotterranee per l'utilizzo come piscina e di un’altra vasca, sempre interrata, contenente gli scarichi e le entrate dell’impianto idrico a servizio della piscina.

Quindi, a seguito dell'accertamento di alcune opere abusive:

  • avevano presentato istanza per il rilascio di titolo edilizio ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 (sanatoria ordinaria), che l'Amministrazione aveva rilasciato prescrivendo l’interramento della vasca;
  • avevano, quindi, provveduto ad eseguire parte dei lavori ed avevano, altresì, presentato istanza di condono anche per il completamento dei lavori relativi alla piscina;
  • avevano ricevuto il preavviso di diniego e depositato memorie nel corso del procedimento, e, successivamente avevano ricevuto il provvedimento impugnato.

 

L'onere della prova sulla realizzazione dell'abuso

Il TAR aveva quindi respinto il ricorso in quanto l’istanza di condono aveva interessato l’illecito edilizio costituito da “Pensiline - Tettoie - Volumi Tecnici - Piscina - Recinzione con mura di cinta - Ubicazione Strutture Sportive - Marciapiedi - Illuminazione Esterna”, e il Comune l’aveva respinta stante la realizzazione delle opere in data successiva al 31.3.2003, la data limite per rientrare nel cd. Terzo condono edilizio (DL 269/2003).

I ricorrenti hanno quindi esposto come la ragione di reiezione dell’istanza fosse condivisibile per le opere abusive minori oggetto di condono ma non per la piscina che esisteva alla data di immissione del possesso; 

Ma l'onere della prova sull’epoca di realizzazione dell’abuso non poteva ritenersi assolto in quanto le evenienze indicate si collocavano dopo il 31.3.2003, e non era spendibile l’atto di immissione nel possesso, ove si faceva riferimento ad una vasca interrata e non ad una piscina.

Si arrivava, quindi, al Consiglio di Stato.

 

Condono edilizio: le prove sull'epoca di realizzazione dell'abuso sono a carico del richiedente

L'onere di provare l'esistenza dei presupposti per il rilascio del provvedimento di sanatoria straordinaria - condono edilizio, tra cui, in primis, la data dell'abuso grava sul richiedente. Ecco perchè
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Le prove del condono edilizio: come (e quali) devono essere?

Il motivo di appello - osserva Palazzo Spada - è incentrato sul tema relativo alla valenza probatoria di alcune circostanze, ritenute dalle parti idonee ad accertare l'epoca di realizzazione del manufatto.

Il Consiglio di Stato fornisce una sorta di 'compendio' sull'onere della prova e sulla loro consistenza, sottolineando che:

  • i) va posto in capo al proprietario (o al responsabile dell'abuso) assoggettato a ingiunzione di demolizione l'onere di provare il carattere risalente del manufatto della cui demolizione si tratta;
  • ii) tale indirizzo giurisprudenziale si è consolidato non solo per l'ipotesi in cui si chiede di fruire del beneficio del condono edilizio, ma anche - in generale - per potere escludere la necessità del previo rilascio del titolo abilitativo, ove si faccia questione, appunto, di opera risalente ad epoca anteriore all'introduzione del regime amministrativo autorizzatorio dello ius aedificandi;
  • iii) esso trova fondamento nella evidenza che solo il privato può fornire (in quanto ordinariamente ne dispone e dunque in applicazione del principio di vicinanza della prova) inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione del manufatto; mentre l'amministrazione non può, di solito, materialmente accertare quale fosse la situazione all'interno dell'intero suo territorio (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 6 febbraio 2019 n. 903);
  • iv) la prova deve essere rigorosa e fondarsi su documentazione certa e univoca e comunque su elementi oggettivi, “dovendosi, tra l'altro, negare ogni rilevanza a dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o a semplici dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate” (cfr., ad esempio, Consiglio di Stato, Sez. VI, 20 aprile 2020 n. 2524; cfr., inoltre, Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 marzo 2019 n. 1476); 
  • v) essendo l'attività edificatoria suscettibile di puntuale documentazione, “i principi di prova oggettivi concernenti la collocazione dei manufatti tanto nello spazio, quanto nel tempo, si rinvengono nei ruderi, fondamenta, aerofotogrammetrie, mappe catastali, laddove la prova per testimoni è del tutto residuale; data la premessa, da essa discende che la prova dell'epoca di realizzazione si desume da dati oggettivi, che resistono a quelli risultanti dagli estratti catastali ovvero alla prova testimoniale ed è onere del privato, che contesti il dato dell'amministrazione, fornire prova rigorosa della diversa epoca di realizzazione dell'immobile, superando quella fornita dalla parte pubblica. Ne deriva che nelle controversie in materia edilizia la prova testimoniale, soltanto scritta peraltro, è del tutto recessiva a fronte di prove oggettive concernenti la collocazione dei manufatti tanto nello spazio quanto nel tempo” (così, in termini, Consiglio di Stato, Sez. VI, 3 gennaio 2022 n. 4).

 

Condono edilizio: l'onere della prova sull'effettiva ultimazione delle opere è del privato

In materia di condono edilizio, sul richiedente grava l'onere di provare "appieno" la data di ultimazione delle opere, in modo da non lasciare alcun dubbio al riguardo, trattandosi di elemento essenziale per l'ammissibilità dell'istanza di condono.


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Condono edilizio e prove 'altamente' palusibili: è il comune a dover 'controbattere'

Il Consiglio di Stato osserva che, secondo un altro orientamento, qualora la parte onerata abbia fornito sufficienti elementi probatori a sostegno delle proprie deduzioni, via via qualificati come “non implausibili” (cfr., in tal senso, Consiglio di Stato, Sez. VI, 11 febbraio 2022, n. 996), ovvero “dotati di alto grado di plausibilità” (cfr., in tal senso, Consiglio di Stato, 29 luglio 2020 n. 4833), pure ove non sia raggiunta la certezza processuale sulla datazione delle opere in contestazione, spetta alla parte pubblica fornire elementi di prova contraria - idonei a supportare il proprio assunto, alla base dell'impugnato ordine demolitorio, in merito all'abusività delle opere sanzionate - in mancanza dei quali il provvedimento ripristinatorio deve essere annullato per difetto di istruttoria (risultando carente un adeguato accertamento del presupposto provvedimentale, dato dalla necessità del previo titolo abilitativo a legittimazione dell'intervento edilizio sanzionato).

 

Se manca un'evidenza certa, niente condono edilizio

Il Consiglio di Stato chiude quindi sottolineando che, pur aderendo al secondo orientamento, nel caso di specie manchi una evidenza certa, univoca o, comunque, non equivoca sull’epoca di realizzazione della piscina.

Non può ritenersi, infatti, tale la dichiarazione dell’agente immobiliare che non assume rilevanza in ragione del principio già ricordato, che nega rilevo “a dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o a semplici dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate” (cfr., ad esempio, Consiglio di Stato, Sez. VI, 20 aprile 2020 n. 2524).

Inoltre, l’atto di immissione nel possesso non chiarisce, in alcun modo, consistenza, misure, dimensioni e caratteristiche della vasca interrata ivi menzionata, e, di conseguenza, non può costituire prova idonea della preesistenza della piscina, così come rappresentata nell’istanza.

In ultimo, la relazione tecnica è datata 20.11.2003, e, quindi, successiva alla data rilevante per accedere al condono.


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Allegati

Abuso Edilizio

L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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